Lo sciopero sociale alla prova del Jobs Act. Il 3 dicembre mobilitazione al Senato
L’assemblea nazionale di bilancio sullo sciopero sociale del 14 novembre ha dovuto anticipare i tempi della discussione e della mobilitazione. Lo ha fatto con un affollato meeting nazionale all’ex Asilo Filangeri di Napoli domenica 30 novembre. La decisione del governo Renzi di anticipare i tempi di approvazione del Jobs Act al Senato – ricorrendo tra l’altro alla fiducia per un voto in bianco ad una legge che affida tutte le carte solo al governo – ha costretto la coalizione che ha dato vita allo sciopero sociale ad un confronto che ha dovuto tenere insieme il bilancio di come è andato lo sciopero nelle varie città, delineare alcune idee sul futuro e definire le scadenze di lotta immediata, impresa non certo facile nei cinque minuti concessi ad ogni intervento. Ed anche le due ore di ritardo con cui è iniziata l’assemblea dentro un centro storico di Napoli congestionato ogni oltre immaginazione per le strade dei presepi, non hanno aiutato. Ma alla fine il laboratorio comune ha cominciato a discutere ed ha prodotto spunti interessanti
L’apertura della discussione è stata curata dal Laboratorio per lo sciopero sociale di Napoli. Il bilancio tirato è soddisfacente. Napoli dalla manifestazione contro il vertice della Bce del 3 ottobre in poi … non si è più fermata sul piano della mobilitazione sociale e sindacale e del conflitto. Lo sciopero del 24 ottobre, quello del 14 novembre, la manifestazione contro lo Sblocca Italia del 7 novembre, le ripetute manifestazioni sull’acqua o sulle vertenze ambientali e territoriali, hanno visto l’area metropolitana napoletana produrre continuamente fronti di conflitto e sperimentazione. Ma c’è molto realismo nell’introduzione: “Questa non deve essere l’assemblea dell’esaltazione ma del bilancio” sottolinea l’intervento che ha aperto la discussione: “Renzi ha accelerato al 3/4 dicembre la discussione al Senato sul Jobs Act”. Circola la proposta di una convergere a livello nazionale a Roma mercoledi 3 dicembre quando inizia la discussione al Senato, per far pesare le ragioni, i contenuti e i settori sociali che hanno caratterizzato lo sciopero sociale del 14 novembre e che ha fatto dell’opposizione al Jobs Act uno dei suoi elementi centrali. Aleggia poi nella discussione un ripetuto e periodico convitato di pietra: il 12 dicembre c’è lo sciopero generale convocato da Cgil, Uil e Ugl, che si fa? Nel laboratorio di Napoli non è stata raggiunta una posizione comune su questo, ma si dice nell’introduzione “visto chi ci sarà in piazza, chi ha voglia di stare in quella piazza”?
Si alternano poi gli interventi dei vari laboratori territoriali dello sciopero sociale: Roma, Firenze, Bologna, Milano, Bari, Torino, Palermo, Padova, Pisa, Salerno. In qualche modo tutti devono rapidamente fare bilancio ed esprimersi su cosa fare il 3 e il 12 dicembre. Possiamo dire che l’idea di assediare il Senato che deve votare sul Jobs Act è fortemente condivisa anche se i pochi giorni a disposizione non consentono una ampia convergenza a Roma da tutte le altre città. Chi non potrà venire a Roma dovrà sentirsi impegnato a replicare nella stessa giornata nelle varie città tutte le forme di mobilitazione possibile contro il Jobs Act sul quale verrà chiesta la fiducia nell’aula del Senato. Qualcuno evoca la manifestazione del 10 dicembre 2010, quando la fiducia a Berlusconi venne contestata duramente da un corteo di decine di migliaia di studenti. Anche sullo sciopero generale della Cgil Uil Ugl del 12 dicembre, a differenza di altre volte, prevale una fortissima diffidenza (e non era scontata), forse superiore che in passato. Alcuni sceglieranno di stare in piazza – ma in piazze e con modalità diverse da quelle dei sindacati ufficiali – altri invece se ne terranno debitamente alla larga. L’unica preoccupazione è che le scelte diversificate non creino polemiche e fratture in una coalizione appena nata.
Dopo i laboratori è il momento degli interventi (almeno una trentina). Consenso sulla mobilitazione il 3 dicembre, no alla adesione allo sciopero del 12 dicembre e forte preoccupazione a non disperdere le forze è il senso dell’intervento di Bernocchi (Cobas); un invito a misurarsi concretamente con le contraddizioni sociali e il carattere sempre più spurio del conflitto sociale (vedi quanto accade nelle periferie) e sostegno alla mobilitazione al Senato mercoledi 3 dicembre è il segno dell’intervento di Guido Lutrario dell’Usb il quale, ovviamente, sulla non partecipazione allo sciopero del 12 dicembre non ha dubbi; Francesco Raparelli invita a non guardare solo a cosa fare nei prossimi giorni ma anche lui sottolinea l’importanza del blocco al Senato del 3 dicembre e lancia l’idea di un appello alla disobbedienza verso i senatori; sottolinea poi l’importanza di evitare di frantumarsi sullo sciopero del 12 dicembre e massima attenzione alla dimensione europeo del conflitto e dunque anche dell’idea dello sciopero sociale. Critico Christian di Acrobax sul fatto che i sindacati di base non si siano impegnati al massimo nello sciopero del 14 novembre mentre non esclude forme di iniziativa autonoma durante lo sciopero del 12 dicembre. Un invito ad una assemblea nazionale, sempre a Napoli, il prossimo 7 dicembre è venuto dal comitato di Bagnoli che riferisce della crescita del coordinamento delle realtà territoriali contro il Decreto Sblocca Italia; Paolo Carsetti dei Comitati per l’acqua pubblica aggiorna sulla mobilitazione in corso sulla questione che sta facendo la differenza in molte amministrazioni locali; Michele Franco della campagna per il Controsemestre Popolare sostiene l’importanza della mobilitazione mercoledi 3 dicembre al Senato e non solo per le realtà romane, rilancia la questione del reddito e dei fondi europei come terreni concreti della vertenzialità che possa ricomporre lavoratori, disoccupati e precari, anche in questo caso nessuna concessione sullo sciopero di Cgil Uil Ugl. Si susseguono poi molti altri interventi che declinano i molti aspetti della discussione.
Dunque le soggettività raccoltesi intorno allo strike meeting prima e allo sciopero sociale poi, si rivedranno a cavallo tra gennaio e febbraio per cercare di approfondire i punti risolti e non risolti emersi dai laboratori e dai tre incontri nazionali che hanno preceduto e seguito il 14 novembre. Un primo test sulla tenuta e le possibilità sarà il blocco del Senato mercoledi 3 dicembre in occasione del voto di fiducia sul Jobs Act. Molti gli spunti ed evidenti le potenzialità del percorso avviatosi ma, al di là delle evidenti divergenze sugli scioperi della Cgil, il vero nodo che metterà a verifica molte aspettative, sarà proprio quello più evocato. Come organizzare e “far scioperare” le figure crescenti ma marginalizzate del lavoro frammentato e precario? Anche nel dibattito dell’assemblea di oggi come nel percorso sullo sciopero sociale, si ha l’impressione che la condizione della precarietà delle figure sociali del lavoro e di una loro rivolta contro il futuro che gli viene disegnato dal perverso mix di misure europee (vedi la flexsecurity) e di leggi nazionali (vedi jobs act o lo spettro di contratti capestro etc) continui ad essere evocata ma non indagata fino in fondo, espressa sul piano della rappresentazione più che su quello della rappresentanza. C’è ancora un deficit di concretezza, di flessibilità e vertenzialità pratica che sappia cogliere le specificità dei vari segmenti del lavoro precario e i punti possibili della loro ricomposizione. Gli interventi e i contributi che invitano a “tenere i piedi per terra” magari appassionano di meno rispetto a “narrazioni” più suggestive, ma è con questo livello – o sicuramente anche con questo livello dei problemi e delle soluzioni – che il percorso dello sciopero sociale dovrà saper fare i conti. L’unità raggiunta da questa coalizione sociale, sindacale, politica è un primo passo significativo, ma le ipoteche poste dalla crisi e dalla violenta lotta di classe scatenata dalle classi dominanti sono lì a segnalare che non esistono soluzioni semplici.
Stefano Porcari
20//1/2014 www.contropiano.org
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