Lodi, una nuova forma di welfare nella prospettiva del Comune Solidale, nato grazie alla collaborazione con la società civile. L’esperienza approda a Bruxelles
La crisi può aggredire la capacità delle persone di organizzarsi in piena autonomia fuori e contro il modello dello sfruttamento e dei tagli ai bilanci pubblici? E’ questa la domanda a cui ha cercato di trovare una risposta il Forum Sociale dell’Economia Sociale e Solidale organizzato dal GUE a Bruxelles presso il Parlamento Europeo il 28 gennaio scorso. Una riflessione a più voci che ha cercato di mettere in primo piano le esperienze concrete e le possibilità che possono rappresentare se soltanto si pensasse di creare reti ampie e punti di riferimento.
Tra gli altri temi si è parlato dell’esperienza del Comune sociale. “Comune Sociale” è quanto si sta facendo a Lodi, andando oltre quella distinzione, tutta capitalistica, che ha nell’opposizione pubblico/privato il suo fulcro. Un tentativo forse unico di tradurre in una “codificazione istituzionale” tutte quelle pratiche concrete che vivono nella società civile come risposta immediata alla crisi.
Il Gap (Gruppo di acquisto popolare), che è una delle tante forme di autorganizzazione della società civile, ha sviluppato un lavoro di ridistribuzione di prodotti alimentari a costi bassi in più di dieci Comuni. Ed in una serie di luoghi di lavoro. Gli iscritti al Gruppo di Acquisto Popolare nel Lodigiano sono oggi più di 5.000. Il Comune di Lodi e altri Comuni hanno assunto atti amministrativi di riconoscimento della funzione sociale del GAP/ garantiscono spazi pubblici per la distribuzione dei prodotti alimentari Alcuni disoccupati che fruiscono del “Fondo Anticrisi del Comune di Lodi” (500 € al mese per 6 mesi) svolgono attività volontaria presso il GAP per 10 ore settimanali.
Il Comune e il Gap si sono posti e si stanno ponendo alcuni problemi: come collegarsi a chi nel territorio sta lavorando attorno al tema della distribuzione del cibo per chi non ha reddito, e come passare dalla distribuzione alla autorganizzazione e da qui alla
autoproduzione del cibo.
Una forma di collaborazione che può dirsi solidale, ma in senso nuovo. “Solidale” è la capacità di sviluppare solidarietà/mutualismo e in prospettiva autorganizzazione, da parte del tessuto associativo e cooperativo del territorio e della relazione con il Comune che sostiene e traduce in atti amministrativi questo fare. E questo configura certamente un nuovo modello di welfare municipale in tempo di crisi.
In questa intervista l’assessore alle Politiche sociali, Silvana Cesani, di Lodi, spiega concretamente di cosa si tratta.
Cesani nel corso dell’incontro di Bruxelles ha parlato del lavoro che si è sviluppato dalla relazione “associazioni / cooperative/istanze territoriali con l’amministrazione comunale” . E quindi delle varie esperienze del centro di raccolta del Cibo, del Fondo Anticrisi, dell’Orto Sociale,del l’esperienza del Gap, ecc.
Francesco Piobbichi, è invece intervenuto all’interno del “workshop n4” portando il tema dei profughi con la proposta politica di affrontare tale questione non più in termini di separatezza (i profughi poveri da una parte ed i poveri italiani dall’altra) ma di una politica nuova che tiene insieme i due poli della medesima difficoltà. “La domanda che pongo pertanto é questa – ha detto – come possiamo ragionare di accoglienza ed integrazione per i profughi che fuggono dalla guerra se le politiche neoliberali in Europa non integrano più i profughi della crisi economica?”. “In questo meccanismo spesso in buona fede cadiamo anche noi che ci occupiamo di solidarietà sociale – ha aggiunto – cadiamo cioè in uno schema che individua e progetta per categorie separate, ma non riflette sul tema dei diritti. Ovvero non riflette sul fatto che questo stato di mercato, è per sua natura sempre più incapace d´integrare le categorie sociali più deboli , è incapaca perchè sta dismettendo il welfare con le politiche di austerità generando esso stesso Guerra tra poveri, cioè Guerra tra categorie”. Insomma, “occorre ripensare la discussione sul tema dell’accoglienza pensando a costruire risposte che mettano insieme pratiche sociali di solidarietà, di mutualismo, che siano in grado di mettere insieme risposte per tutte le persone colpite dalla crisi”. I luoghi per l’accoglienza non devono essere pensati solo per i migranti, “ma come centri di solidarietà territoriale aperti alla creazione di nuove forme di cittadinanza aperta a tutti, luoghi in cui sviluppare nuove forme di contrattazione territoriali e coalizioni sociali che integrano le persone più vulnerabili partendo dai processi di solidarietà ed autorganizzazione”.
E’ intervenuta anche Eleonora Forenza, deputata del Gue (Altra Europa) all’interno di un dibattito con altri parlamentari europei, ponendo il tema politico che non si può parlare di una vera economia sociale e solidale dentro alle dinamiche del capitalismo. Oggi tale questione va affrontata nella prospettiva della creazione di un altro modo di vivere.
Fabio Sebastiani
10/2/2016 www.controlacrisi.org
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