Lotte per l’eguaglianza contro i decreti per la “sicurezza”. Che mille piazze sboccino
Il Ministro della Paura lo ha pomposamente chiamato “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’agenzia per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Si tratta di unDecreto legge che, in nome dell’urgenza e della necessità prova a fare strame dello stato di diritto o almeno di quanto ne resta, in questo paese. Buona parte delle norme che contiene nelle sue 80 pagine costituiscono un accanimento vigliacco e feroce contro i migranti tanto da poter parlare senza tema di essere smentiti di “leggi razziali”. La cittadinanza che dovrebbe poter essere revocata a chi è condannato in primo grado per alcuni reati, la distruzione del sistema di accoglienza nelle sue parti migliori verso un regime di detenzione per chi chiede asilo ed attende, la distruzione di quegli elementi, come la protezione umanitaria, che rendevano possibile l’assenza di una legge organica su tale materia ( in conformità all’articolo 10 della Costituzione), la crescita inutile, costosa e fallimentare dei centri di detenzione per il rimpatrio come risposta all’assenza di politiche di inclusione sociale. Si attaccano i migranti e i richiedenti asilo non per cacciarli o per scoraggiarne la presenza ma per aumentare quelle condizioni di irregolarità e marginalità sociale che garantiscono maggiori possibilità di sfruttamento e producono ancora maggiore percezione di insicurezza. Come un gatto che si morde la coda, sono misure che se diventeranno legge non faranno altro che accrescere l’odio sociale verso l’altro, ormai sdoganato pubblicamente dalle istituzioni e produrranno solo ulteriori conflitti.
Ne guadagneranno coloro che con tale sistema aumentano i propri profitti, coloro che gestiscono l’accoglienza come business che sarà concentrazionario e militarizzato, chi gestisce il lavoro nero e chi la microcriminalità, con buona pace delle grandi promesse di ordine di stampo giallo verde.
Ma ci lasceremmo ingannare se pensassimo che al Viminale abbiano concentrato i loro sforzi unicamente per alimentare il consenso xenofobo. Il testo entra a piene mani in quelli che sono i cosiddetti “reati sociali”, quelli che, in assenza di diritti garantiti, potrebbero divenire ancora più parte integrante della nostra vita. Occupi una casa perché non vuoi vivere in strada? Galera fino a 4 anni. Chissà se avrà valore retroattivo e verrà applicato anche ai 4 compagni che hanno tentato di impedire lo sfratto di una anziana cittadina romana, peraltro anche in regola con l’affitto ma scacciata in nome del profitto da polizia municipale che oggi si reputa onnipotente, ieri armata di manganelli e di spray al peperoncino da presto anche di pistole elettriche taser. E subiranno condanne anche coloro che organizzeranno blocchi stradali, magari per difendere il posto di lavoro, i Daspo saranno estesi a categorie più ampie di cittadini che non rendono decorosi i centri storici o i luoghi sensibili magari infestandoli con la propria povertà. Infatti il governo che dichiara di volere debellare la povertà applica il bastone per colpire chi veramente intende colpire, i poveri, italiani o stranieri che siano. Prima gli italiani? No prima gli italiani ricchi.
E poi le beffe, una falsa lotta alle mafie che permetterà ai clan di riprendersi a prezzi stracciati gli immobili sequestrati in nome della necessità di permettere ai Comuni di fare cassa, una ancora più falsa lotta al terrorismo – peraltro condotta con un certo ritardo – in cui il combinato disposto fra decreto sicurezza e legge per la legittima difesa permetterà facilmente di armarsi ma imporrà controlli sull’affitto e il noleggio di camion. Insomma chi intende compiere attentati in Italia sarà facilitato anche nell’acquisto di 100 kalashnikov ma dovrà trasportarli con una utilitaria e compiere più viaggi. Nel ricominciare a mettere in campo forti mobilitazioni per impedire l’applicazione di questa ennesima violenta stretta repressiva, nel farle inclusive, ampie partecipate tanto da divenire manifestazioni di popolo come quella di Milano del 30 settembre, dovremmo però non dimenticare un punto fondamentale. Quanto accade è reso possibile da responsabilità storiche e strutturali di un centro sinistra che ha prodotto la Turco Napolitano, non è stato capace di rimuovere la Bossi Fini e, a livello nazionale come nelle amministrazioni locali ha scimmiottato la destra peggiore a caccia di consensi. Quanto accade oggi ai porti è reso possibile da Minniti e la sua banda, quanto accade nei luoghi di lavoro dalla sistematica distruzione di un sistema organico di diritti di cui il Pd è stato artefice consapevole.
La piazza di un Pd tornato in piazza per ridarsi una credibilità progressista non ci appartiene, non potremo mai condividerla.
Rifondazione Comunista non deve dimenticare questo, nell’andare in piazza come nelle proprie prospettive politiche più ampie e di portata strategica. Faticare per ricostruire una connessione con il tessuto più radicale, quello rassegnato, quello che non si riconosce nella guerra fra poveri ma che rifiuta la guerra contro i poveri schierandosi contro quelli che da sempre, in ogni parte del pianeta, sono gli sfruttatori. Le piazze e i luoghi di discussione vanno vissuti con i tanti e le tante che cercano ancora un luogo credibile di cui sentirsi parte, un luogo in ci possa sentire a casa propria. Quelle e quelli che a diritti e bisogni non contrappongono confini ma con cui si può ricostruire una stagione di lotte nuova in cui la nostra storia, abbia il posto che merita.
Cominciamo a farlo alla Perugia – Assisi del 7 ottobre, con le mobilitazioni per il Diritto all’abitare del 10 ottobre, con la manifestazione indetta da Usb per il 20 dello stesso mese. Ma ci si prepari ad un autunno di lotta che ci riveda in piazza, c’è bisogno di Rifondazione
Stefano Galieni
Responsabile nazionale Pace, Immigrazione e Movimenti
1/10/2018
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