L’ULTIMA FRONTIERA
Il nuovo web-report dalla frontiera alpina occidentale.
MEDU torna a chiedere alla autorità italiane e francesi che vengano garantiti i diritti fondamentali dei migranti
Oulx 16 maggio 2023 – Dall’inizio del 2022 Medici per i Diritti Umani (MEDU) fornisce assistenza medica alle migliaia di migranti diretti in Francia presso l’ambulatorio allestito dall’associazione Rainbow for Africa presso il rifugio Fraternità Massi, nella cittadina di Oulx (Alta Val di Susa). Oulx rappresenta una delle ultime tappe di un lungo viaggio, che può durare dai 2 ai 6 anni e che può costare dai 2 agli 8 mila euro. Un viaggio che collega l’Afghanistan, la Siria, l’Iran e molti paesi africani con i paesi del nord Europa e dell’Europa centrale, attraverso valichi alpini che superano i 1800 metri di quota. Nel corso del 2022 la rotta dei Balcani occidentali è stata attraversata da circa 145.600 persone. Siriani, afgani e tunisini insieme hanno rappresentato il 47% di questo flusso. Ad inizio 2023 si assiste invece ad un costante aumento delle persone in arrivo dall’Africa centrale e occidentale. Nei nove mesi presi in considerazione dal report – luglio 2022 – marzo 2023, sono transitate al rifugio Fraternità Massi 8.928 persone. Di queste, 633 erano donne, pari al 7% della popolazione transitante, mentre 1.017 erano minori, rappresentando il 12% della popolazione. Nel corso del 2023 si è assistito ad un significativo aumento dei migranti provenienti dalla rotta del Mediterraneo centro-meridionale con imbarco dalla Tunisia, che sempre più si configura come un Paese sia di emigrazione che di transito, dove violenze e abusi ai danni dei migranti vengono perpetrati in modo drammaticamente ricorrente. In aumento risulta inoltre il numero di donne provenienti dall’Africa sub-sahariana, soprattutto dalla Costa d’Avorio. Un aumento che, ad una prima osservazione degli indicatori di tratta, fa temere l’esistenza di una rete di sfruttamento capillare e strutturata. Si susseguono inoltre gli arrivi di donne in stato di gravidanza – solitamente rimaste incinte durante il viaggio, senza aver effettuato alcun controllo lungo la rotta– e di donne che hanno abortito o sono accompagnate da neonati e bambini nati in viaggio. Per tutti, il viaggio migratorio è foriero di rischi legati sia alla natura che alla condotta dei corpi militari, paramilitari e di polizia addetti al controllo delle frontiere di diversi stati dei Balcani che spesso si rendono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Se attraversare i confini di Bosnia, Croazia, Serbia e Slovenia spesso significa andare incontro ad abusi e violenze di diverso tipo, i rischi non terminano una volta entrati nel territorio dell’Unione Europea. La militarizzazione della frontiera alpina rappresenta infatti un ulteriore fattore di rischio per l’incolumità delle persone, ormai a un passo dalla meta. Le difficoltà sono ancora maggiori per alcune categorie di persone vulnerabili, tra cui le persone con problemi di salute e disabilità e i minori. Questi ultimi spesso vengono respinti dalla polizia di frontiera francese, nonostante affermino di aver dichiarato la minore età. Sono state 4.193 le persone che hanno avuto accesso a un triage presso l’ambulatorio del rifugio – allestito e messo a disposizione dall’associazione Rainbow for Africa e 1.214 quelle visitate in modo approfondito dal team di Medu. Le principali patologie trattate all’interno della clinica di frontiera sono malattie sviluppate durante il viaggio quali infezioni cutanee – in primis scabbia -, micosi, ferite infette, bronchiti, ustioni da congelamento o da carburante, traumi fisici e lesioni ai piedi. Nei paesi attraversati – Turchia, Serbia, Bosnia per la rotta balcanica o Libia e Tunisia per quella mediterranea – i migranti non ricevono assistenza, a causa dell’assenza o carenza di personale nei campi profughi informali e istituzionali o dell’impossibilità di accedere alle strutture sanitarie pubbliche e private. Elevata inoltre è la percentuale di persone con sintomi da stress post-traumatico quali insonnia, pensieri disturbanti e intrusivi, incubi, attacchi di panico, inappetenza, astenia, cefalea e difficoltà di concentrazione, esito dei trattamenti inumani e degradanti subiti, nella maggior parte dei casi ad opera del regime talebano, dai gendarmi libici e dalle autorità tunisine. Particolare rilievo assume poi il tema delle dipendenze, in particolare da farmaci quali il Pregabalin (Lyrica) e il Clonazepam (Rivotril), spesso sovra-prescritti lungo il viaggio o in luoghi di detenzione quali carceri e CPR per la gestione dell’insonnia, dell’agitazione e dello stress. Meno rilevante numericamente ma degna di particolare rilievo è la presenza di persone con vulnerabilità sanitarie e disabilità, spesso preesistenti nel paese di origine, che si sono messe in viaggio con la speranza di trovare assistenza e cure adeguate. Restano da menzionare le difficoltà che incontra chi intende chiedere protezione internazionale in Italia: presentare domanda di asilo presso la Questura di Torino è una procedura dalle modalità e tempistiche estenuanti: dai 2 ai 6 mesi per poter prendere un appuntamento ed ulteriori 4-5 mesi per formalizzare la domanda di asilo. Mesi nei quali non è possibile accedere ai diritti fondamentali e al sistema nazionale di accoglienza. A fronte del quadro descritto, MEDU torna a formulare alcune raccomandazioni, chiedendo con forza che venga garantita la tutela dei diritti fondamentali – in particolare il diritto alla salute e l’accesso alla protezione – delle persone migranti e richiedenti asilo nei paesi di transito e in particolare nelle zone di frontiera, a prescindere dalla loro condizione giuridica. Per il web report clicca qui Per la versione pdf del report clicca qui Per sintesi e conclusioni clicca qui |
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