L’Uranio impoverito diventa di colpo innocuo: il bipensiero orwelliano dei media italiani
Nel 2001, l’ex procuratrice del tribunale dell’Aja, Carla Del Ponte, definì l’utilizzo dell’uranio impoverito da parte della NATO, «un crimine di guerra». Da allora si iniziò a parlare della cosiddetta “sindrome dei Balcani”, un insieme di malattie come i linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro.
In Italia, come censito dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), circa 8.000 militari italiani, di ritorno dalle missioni nei Balcani, sono stati colpiti da diverse malattie.
Una sentenza del 2013, emessa dalla Corte dei Conti della Regione Lazio, ha sottolineato la correlazione tra la malattia e le condizioni ambientali in cui il militare aveva prestato servizio (Kosovo).
Anche se il rapporto di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e queste malattie non è ancora stato dimostrato, da anni la Coalizione internazionale per mettere al bando armi all’uranio (Icbuw) si batte perché simili proiettili vengano eliminati dagli arsenali.
Anche un rapporto dell’ONU pubblicato l’anno scorso ha messo in guarda dall’utilizzo dell’uranio impoverito in guerra in Ucraina per le sue possibili conseguenze: «L’uranio impoverito e le sostanze tossiche nei comuni esplosivi possono causare irritazioni della pelle, insufficienza renale e aumentano il rischio dell’insorgenza di tumori. La tossicità chimica dell’uranio impoverito è considerata un problema maggiore rispetto al possibile impatto della sua radioattività».
Ora che il Regno Unito ha annunciato che fornirà all’Ucraina proiettili all’uranio impoverito, i media di massa, invece che deplorare tale decisione, si stanno sforzando, anche in maniera grottesca, di insabbiare tali rischi per la salute, pur di avallare l’invio di tali munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale.
Se Gianluca De Feo su la Repubblica ammette che i proiettili con uranio impoverito sono «Forse sono l’arma più perversa mai inventata, una sintesi di scienze fisiche convertite alla pratica bellica e circondata da un’aurea nefasta di gran lunga superiore alla sua efficacia in battaglia», numerosi suoi colleghi vanno in una direzione opposta.
Ospite a L’Aria che Tira su La7, Antonio Caprarica ridimensiona il rischio e spiega che le armi all’uranio impoverito «sono armi normalissime» e che «non c’è nessuna escalation» nel conflitto, in quanto le munizioni vengono usate normalmente in guerra. Nello stesso salotto televisivo, anche Lorenzo Cremonesi del Corriere della sera ci tiene a specificare che «sono solo alcune delle tante armi usate». Nulla di male, dunque, se vengono adottate anche dall’esercito ucraino.
Va oltre Il Giornale, che decide di dare spazio all’“autorevolezza” di un fisico, Luca Romano, che minimizza il pericolo dell’uranio impoverito, spiegando che non «sono armi atomiche, solo proiettili anticarro particolarmente efficaci» e che anzi, i proiettili sono “sicurissimi” e, oltre a essere “economico”, l’uranio «non presenta rischi aggiuntivi di tossicità rispetto alle altre armi».
Similmente, Fanpage.it ha interpellato Mirko Campochiari, storico, analista militare, collaboratore di Limes e fondatore di Parabellum, che spiega che i proiettili all’uranio impoverito non hanno niente a che vedere con le armi nucleari ma costituiscono una componente standard nell’arsenale inglese, e non solo. Più avanti, Davide Falcioni evidenzia quanto spiegato da Campochiari e sottolinea che «le munizioni all’uranio impoverito non hanno nulla a che fare con le armi nucleari e sono dotate di una radioattività molto bassa».
Peccato che nell’aprile del 2018, in un’inchiesta pubblicata sempre da Fanpage, si denunciava la “strage” dei soldati morti a causa delle munizioni con uranio impoverito e la linea editoriale andasse in una direzione contraria a quella presente: «Oltre 300 morti e 7000 malati, l’uranio impoverito nel nostro paese è stato causa di una vera e propria strage di militari. L’inchiesta di Fanpage.it svela le responsabilità dei vertici militari italiani che sapevano della pericolosità dell’uranio già dal 1994». Nell’articolo si riprendevano i dati dell’Osservatorio Militare, un gruppo indipendente fatto di militari ed ex militari, secondo cui «i soldati morti per malattie tumorali contratte a causa dell’uranio impoverito sono 345, mentre gli ammalati sono circa 7.000. Numeri impressionanti per quella che abbia definito come una vera e propria strage».
Che cosa ne è stato di quei morti e delle denunce di allora?
Se gli interessi e la contingenza lo richiede, le verità di ieri possono essere sconfessate e piegate alla narrazione che piace al Sistema, in un esercizio tipico da bipensiero orwelliano.
Enrica Perucchietti
24/3/2023 https://www.lindipendente.online/
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