Ma con i tagli alla Sanità non è che l’aspettativa di vista diminuisce?
Avevamo nonni tra i più in salute d’Europa ed ora stiamo perdendo terreno; oltre il 30% dei farmaci innovativi non arriva sui banchi delle farmacie; la spesa privata per curarsi sale del 14% e 2,7miloni di italiani rinunciano a visite e analisi; crescono le diseguaglianze da una regione all’altra per l’accesso alle prestazioni; per vaccinare i nostri figli spendiamo meno che nel resto dell’Unione europea. E intanto il Governo pur di tagliare le pensioni dice che cresce l’aspettativa di vita. E’ più che lecito avere qualche dubbio, o no?
Quanto siano state poco indolori gli ultimi anni di manovre sanitarie lo dice l’undicesimo Rapporto del Crea sanità dell’Università Tor Vergata, presentato ieri a Roma con il titolo non casuale «L’universalismo diseguale». Ne parla oggi su La Stampa Paolo Russo (“Sempre più anziani malati, colpa dei tagli alla Sanità” pagina 7). II gap con l’Europa La nostra spesa è oramai inferiore del 28,7% a quella dei Paesi Ue. E gli effetti iniziano a vedersi. Solo 10 anni fai nostri ultrasettantacinquenni con problemi di salute erano meno del 55%. Un record europeo, visto che la media era quasi di 10 punti superiore. Ora quella forbice si è ridotta a soli 4 punti con noi al 63%. «Il peggioramento della performance italiana non è distribuito equamente», sottolinea il rapporto, che indica nella classe media quella più a rischio di “razionamento” delle cure. Questo probabilmente perché i più ricchi possono comunque ricorrere al privato, mentre i più poveri sono almeno esenti dai super-ticket. I fenomeni di impoverimento per le spese socio-sanitarie si sono ridotti (100mila famiglie in meno avrebbero varcato la soglia di povertà), ma resta il fatto che 2,7 milioni di italiani ha rinunciato a curarsi per motivi economici. La cura dimagrante ha riguardato anche l’offerta dei farmaci. II consumo di quelli innovativi approvati dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, è inferiore del 38,4% rispetto a quelli medi di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.
Siamo più bravi nel contrastare il fenomeno del consumismo farmaceutico si dirà. Ma un’altra tabella del rapporto mostra il contrario: dal 2009 al 2014 oltre il 32% dei medicinali approvati dal-l’Ema non ha varcato i confini italici. Neanche in fatto di vaccinazioni stiamo messi bene. Ci lamentiamo di avere indici di copertura sotto la soglia di sicurezza del 95% ma poi per immunizzare i nostri bimbi spendiamo appena 4,79 euro a testa contro i 10 della Francia, gli 11,3 della Germania e i 19 della Svezia. Lo stato di salute della nostra sanità varia però da regione a regione. Tra differenti modi di applicare i ticket, maggiori o minori liste d’attesa, mini prontuari farmaceutici regionali, l’indice di equità per l’accesso alle prestazioni sanitarie stilato dal Crea mostra differenze abissali.
Fatto cento l’indice nazionale si va dalla maglia nera Campania con indice 206 all’equo Trentino Alto Adige con indice 33. Ma con l’aggiunta delle Marche tutte le regioni meridionali sono sotto la media nazionale. Cittadini penalizzati Stesse iniquità si ritrovano sul piano fiscale, con i cittadini delle regioni in piano di rientro dal deficit penalizzati dalle super-addizionali Irap ed Irpe. Basti pensare che nel Lazio l’addizionale della tassa sul reddito da lavoro è superiore dell’88% a quella versata in Basilicata. Come si esce da questo impasse lo spiega Federico Spandonaro, Presidente del Crea: «Occorre una moratoria che mantenga invariata la spesa sul Pil. Con la certezza delle risorse disponibili sarà poi possibile rivedere la lista delle priorità d’intervento». Magari senza continuare a spacciare il razionamento delle cure con il falso universalismo del tutto gratis a tutti.
Fabrizio Salvatori
29/10/2015 www.controlacrisi.org
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