Mantova: la polizia multa attiviste di “Non Una di Meno” per un’azione contro i femminicidi

Su un murales nel sottopasso di una ciclabile a Mantova, le attiviste di “Non una di meno” aggiornano ogni mese i nomi delle vittime di femminicidio in Italia. Un’iniziativa simbolica nata per sensibilizzare la cittadinanza su un’emergenza ancora troppo spesso ignorata, ma che per la polizia locale e la giunta PD del Comune è da considerare “imbrattamento e danneggiamento dei beni pubblici”. Per questo motivo due attiviste hanno ricevuto una sanzione da mille euro (cinquecento euro a testa).

I fatti risalgono al 10 agosto scorso, mentre veniva aggiornato il “Muro dei femminicidi” durante un raduno, proprio nel sottopasso, per protestare contro la sentenza della Corte suprema americana sull’aborto. Dopo la segnalazione anonima di un passante, gli agenti sono intervenuti e hanno multato il gruppo di attiviste. A seguito della notifica della multa, le compagne hanno deciso di contestare l’intervento davanti al sindaco e all’assessore della giunta comunale. Nel frattempo lo spazio, come denunciato dal gruppo, è stato vandalizzato con scritte in vernice rossa firmate dal movimento “No vax”. Spazio non nuovo a subire atti di questo tipo dal momento che, a seguito dell’inaugurazione del Muro l’8 marzo 2021, viene vandalizzato nei mesi seguenti da parte del movimento Casa Pound Mantova, nel silenzio imbarazzante dell’amministrazione comunale, che evidentemente non ha nulla da dire contro le squadracce fasciste.

Sulla loro pagina Facebook le compagne di “Non una di meno” rivendicano e difendono le proprie azioni e la necessità di avere uno spazio pubblico, dove le donne e le libere soggettività possano venire quotidianamente ricordate come vittime del patriarcato, sottolineando quanto, nella fattispecie, si tratti di informazione e sensibilizzazione:

Non pagheremo le multe e invitiamo tutte le realtà e i/le singole a sostenere le nostre posizioni e a chiedere una revisione del Regolamento di Polizia Urbana che riteniamo fortemente repressivo e limitante della libera espressione individuale e collettiva.

Rincarando poi la dose nei confronti di polizia locale e di amministrazione comunale, ponendo in essere quanto il femminicidio sia un’evidenza e non un esercizio di stile o una semplicistica narrazione femminista:

Quando nel verbale leggiamo “cosiddetti femminicidi” ci sembra, infatti, che chi scrive ignori che il femminicidio sia già una pena inserita nel Codice Rosso, non un’invenzione né un’opinione di qualche facinorosə. Ci preoccupa sapere che questo linguaggio venga utilizzato dalle Istituzioni e dalle forze dell’ordine, perché significa che i loro rappresentanti non sono abbastanza formati o peggio ignorano del tutto che la violenza di genere esiste e che necessita di un intervento specifico anche nei momenti che precedono il femminicidio (stalking, violenze domestiche, minacce, ecc.

Nell’esprimere la piena solidarietà alle compagne, è interessante far notare una cosa: quando si tratta di rendere fine il politicamente corretto e di affrontare questioni legate al “decoro urbano”, come la borghesia e le forze al suo servizio cerchino di giocare al meglio le carte di cui dispone, usando due pesi e due misure, lasciando piena libertà di agire e farla franca a gruppi di ciarlatani e a movimenti neofascisti.

Una vicenda questa che si va ad incastrare ad hoc, come un tassello, nell’ulteriore riduzione della libertà di espressione e di dissenso che il nuovo governo ha messo in atto attraverso un recente decreto legge, e che in generale pone in mano alle istituzioni nuove possibilità di repressione inasprendo di molto le condanne per manifestazioni e occupazioni. A questo attacco centrale si aggiungono, appunto, degli ulteriori atti liberticidi che si attaccano a una categoria arbitraria e dividente come il “decoro urbano”. Una visualizzazione plastica della “decenza” e quindi della mera esteriorità, che serve a distinguere, a separare, a giustificare l’esclusione sociale e giuridica. Tanto che porlo al centro delle politiche pubbliche significa rimandare concettualmente alla convenienza, a ciò che non rechi disturbo e dispiacere alla classe dominante, ai potenti. Per cui diventa decente ciò che conviene fare o dire rispetto al mantenimento della pace sociale e dunque delle sue oppressione. Dobbiamo rifiutare da capo a piedi questi modelli conservatori che prescindono dai bisogni reali, anzi li schiacciano, e che funzionano come mera rassicurazione simbolica, ridisegnando però in maniera molto pratica i poteri pubblici in materia di sicurezza, intaccando la stessa democrazia che a parole difendono.

Giù le mani dal movimento femminista, giù le mani da Non Una di Meno, lottiamo contro l’autoritarismo della destra al governo e della finta opposizione!

25/11/2022 https://www.lavocedellelotte.it

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