MARCO RODARI, IL PIMPA, TORNA DA GAZA
Ho conosciuto Marco Rodari a Nairobi 7 anni fa. Alcuni amici mi avevano parlato di lui ed ero molto curioso di incontrarlo. Atterrò in Kenya con un volo notturno e la valigia di cartone di suo nonno, con sopra scritto “claun il pimpa”. Quando mi raggiunse lo tempestai di domande, e mi beai delle sue risposte.Una parte di me stentava a credere che Marco fosse vero.
Il giorno seguente noialtri 10 volontari eravamo un po’ impensieriti perché sembrava che al campo da calcio sarebbero potuti arrivare addirittura un centinaio di bambini: era girata la voce che avremmo fatto giocare una classe e gli insegnanti non avevano avuto cuore di limitare la portata dell’evento.La nostra preoccupazione esplose in risate incredule quando l’orizzonte si gonfiò gradualmente di bimbi di tutte le età che sciamavano verso di noi. Fu quella mattina che capii chi era Marco. Il Pimpa. Accadde quando lo vidi, dopo 4 ore di gare e giochi, correre con un fazzolettone in mano inseguito da 673 divertitissimi bambini. Per il resto dei giorni tutti i bambini ci chiamavano, indistintamente, “Marco”.Quando racconto di lui, e accade abbastanza spesso, lo descrivo come la persona che conosco più vicina ad una mia idea di santità laica. Marco è completamente disinteressato a parlare di sé: il suo unico scopo è quello di fare (sor)ridere i bambini, soprattutto quelli che abitano terre in guerra.Dal canto mio continuerò a fargli domande: da quando mi sono convinto che è vero, desidero che più persone possibili sappiano della sua esistenza. Non per lui, ma per i suoi bambini. Perché sono anche nostri.12 domande a Marco Rodari, il Pimpa1. Com’è l’incontro con Gaza?L’incontro con Gaza non è mai banale, c’è il sorriso di migliaia di bambini che spunta assieme a quei visi furbi di chi davvero ha imparato dalla vita ad arrangiarsi fin da piccolo, c’è ilbeet beetak, che è una regola d’onore nel mondo arabo, soprattutto qui a Gaza, dove l’incontro con uno straniero è vissuto come un momento di festa fraterna.Queste cose ci sono, ma altre no: la libertà, la corrente elettrica, abitazioni abitabili, un lavoro vero, progetti per il futuro, la pace.2. Cosa pensavi di trovare a Gaza al tuo ritorno dopo la guerra?Pensavo di trovare rovine e uomini stanchi, invece in questi mesi Gaza si è dimostrata viva come non mai. Le iniziative sociali e culturali sono rifiorite, si è tornati a vivere un’estate quasi normale.Tantissimi giovani hanno animato i campi estivi con un’estrema voglia di far gioire i bambini (e ogni bambino di 6 anni a Gaza ha già vissuto tre guerre), con la semplice consapevolezza che i bimbi sono il futuro di questa striscia di terra, e della Terra tutta, e meritano quindi un po’ di felicità.Lo stesso spirito l’ho riscontrato nelle scuole, negli insegnanti e anche negli alunni, davvero felici di poter ritornare a scuola il giorno stabilito dal calendario scolastico e non dalle bombe.3. Parli di rovine: è cominciato il processo di ricostruzione?Ufficialmente non sono arrivati ancora i “soldi grossi” per poter ricostruire intere città, ma ho potuto constatare che parecchie abitazioni, quelle che avevano ancora uno scheletro, come per esempio a Shujaiyya (quartiere al nord di Gaza, al confine con Israele), sono state sistemate alla meglio così da poter rendere più sopportabile l’inverno.4. Come hai trascorso quest’estate?Mi sono regalato un sorriso nelle zone della Striscia più toccate dalla distruzione a Beit Lahia, Beit Hanun, Shujaiyya, Khan Yunis e Rafah, oltre a decine di spettacoli fatti in Gaza City. Complessivamente più di 200 spettacoli. Inoltre ho aperto diverse scuole di magia per bambini, insegnando loro ed imparando la gioia della meraviglia e del far sorridere gli altri.
Un bimbo a cui hai regalato la meraviglia, sarà portatore sano di felicità. Merce rara in questa piccola striscia di terra.
Ricordo alcune collaborazioni, tra le molte: gli allievi della scuola di circo Gaza Team for Circus. L’equipe di medici e psicologi della Caritas di Gerusalemme con la quale ho iniziato a collaborare ad un progetto di sostegno psicologico rivolto a 300 bambini duramente colpiti durante la passata guerra. Oltre a questo è proseguita l’ormai consolidata attività dell’oratorio della Parrocchia della Sacra Famiglia, unica realtà cattolica presente nella Striscia.Ho frequentato come clown dottore gli ospedali di “Abdel Aziz al-Rantisi” e “Al-Nasser” di Gaza City, e l’ospedale “Tahrir” di Khan Younis, aiutato dai meravigliosi clown dottori gazawi (che significa di Gaza) ai quali devo fare i complimenti per la straordinaria mole di sorrisi donati e per la grande professionalità dimostrata sul campo.Ovviamente non poteva mancare l’appuntamento più magico oramai fisso per bimbi diversamente super eroi della casa di Madre Teresa. Quest’anno l’impegno è diventato più gravoso perché i bimbi sono passati da 27 a 50, “dono” della guerra appena passata. E sul tema dei disabili gazawi, circa 10,000, potrei concederti un’intervista a parte.5. Perché fai tutto questo?Ricevere un sorriso da un bimbo dà ragione di essere alla mia vita, la riempie, la stracolma. Tutto qui.6. Raccontaci i bambini, quelli che vivono tra la guerra, e la loro fanciullezza.Negli ultimi giorni sono tornati a sfrecciare gli aerei e sono ricadute le bombe durante la notte. La compagnia di aerei e bombe non ti permette di dormire. Eppure anche dopo quelle notti, le mattine seguenti, a scuola, non c’era stanchezza negli occhi dei bimbi ma solo voglia di meraviglia.7. Qual è la tua paura maggiore?Non ci sono paure grandi o piccole in guerra, è strano, non so come dirlo. Talvolta un bombardamento devastante, a pochi metri, con rumori che spaccano i timpani, polvere e urla, non ti spaventa e sei terrorizzato per il movimento di un uccellino che si posa su un ramo. L’importante è mettere tutte le tue paure, anche quelle più profonde, nello stomaco.Sono mente e cuore che devono restare liberi: loro non reggerebbero.
8. Le persone hanno un lavoro? Cosa fanno durante la giornata?Gaza è uno dei luoghi al mondo dove è più alto il tasso di disoccupazione, siamo intorno all’80 %. È molto difficile quindi avere un lavoro, essere occupati. Questo è un altro grande tema, la dis-occupazione (il non fare niente, il non dare un senso alla propria vita e il non avere un salario) di 4 adulti su 5. Avere un lavoro che realmente ti realizzi professionalmente diventa un miraggio.Purtroppo le tipologie di lavoro presenti sono poche: o fai il militare, o fai l’insegnante o ti dai al commercio oppure giri a raccogliere l’immondizia. Industria e agricoltura praticamente non esistono.9. Ti sei fatto un’idea del conflitto israelo-palestinese? Pensi ci sia ancora speranza o anche tu (come altri che hanno attraversato quei luoghi) hai provato una sensazione di impotenza?Il tema è molto complesso, non è adatto ad un clown. Io ho trovato una ragione e quindi una speranza solo nei bimbi.10. Pochi ne parlano ma nell’ondata di profughi ci sono anche molti palestinesi: credi che Gaza (e in seguito la Palestina) sia destinata a svuotarsi?Gaza non può svuotarsi: è una prigione a cielo aperto, nessuno può uscire di qui.11. Tornerai a Gaza, Marco?L’intenzione è quella di ritornare il prima possibile a Gaza, anche perché l’affetto dimostrato dai bambini e da tutte le persone che ho incontrato mi richiama lì. Non puoi fuggire da un luogo in cui hai vissuto la guerra: i rapporti personali, quando sono bagnati con il sangue, diventano realmente fraterni.12. C’è una storia che ti sta particolarmente a cuore?Beh, io non posso aiutare tutti i bambini del mondo, sarebbe il mio sogno più grande, ma non posso. Quindi quando torno porto con me una storia in particolare che mi ha colpito per la sua forza. Quest’anno ho conosciuto Ibrahim, bimbo diversamente super eroe di 10 anni, che vive in una delle zone più povere della Striscia di Gaza in un’abitazione veramente difficile da abitare.Mamma e papà hanno lavori saltuari, la situazione dopo l’ultima guerra è veramente difficile, soprattutto per una famiglia che al suo interno ha un meraviglioso “diversamente super eroe”. Con l’associazione Onlus “Per far sorridere il cielo”, di Leggiuno, vorrei affiancare questo bimbo e le sue 4 piccole sorelle con cibo, medicinali, corredo scolastico e tutto quello che serve per un’infanzia dignitosa, attraverso una pagina del mio sito.Calcolando il costo medio della vita a Gaza, occorrono 200 euro al mese per sostenere questa famiglia. Ecco, Paolo, se mi chiedi una storia in particolare io racconto di Ibrahim.Grazie Marco. E non per questa intervista.Immagini| Yazan David Abu DawoodPaolo Dell’Oca13/10/2023 https://www.lenius.it/
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