Maria Montessori “razzista”? Il revisionismo postmoderno non ha limiti
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In questi giorni un altro libro irrompe sulla scena degli studi Montessoriani con un intervento “a gamba tesa”. Si tratta del saggio “La lunga ombra di Maria Montessori. Il sogno del bambino perfetto” di Sabine Seichter, docente di Scienza della Formazione all’Università di Salisburgo, di cui si è parlato nell’articolo a firma di Sara Fortuna, docente di Teoria dei linguaggi all’Università Guglielmo Marconi di Roma, pubblicato sul quotidiano La Stampa il 10 marzo. Secondo il saggio Maria Montessori non sarebbe una visionaria umanista dell’educazione alla pace e all’essenza dell’essere umano, ma addirittura una “razzista” che“non amava i bambini”. Secondo l’autrice del saggio – spiega Sara Fortuna su La Stampa – la riflessione pedagogica di Montessori “sarebbe stato un malinteso, anzi un inganno diabolicamente perpetrato dalla scienziata italiana che era un medico e non una pedagogista e a cui del bene dei bambini non importava un fico secco. L’unico obiettivo dell’intera ricerca di Montessori è stato quello di perseguire un progetto razzista di tipo eugenetico”. Il bersaglio principale del saggio riguarderebbe “la concezione montessoriana dell’educazione che, infettata dal biologismo razzista, sarebbe improntata a un autoritarismo falsamente dolce, con cui si manipola il bambino come si addestrerebbe un cucciolo di cane, costringendolo ad adattarsi a un piano prestabilito, mirante a renderlo perfetto. Il che equivale a un ideale di normalità che coincide con quello della razza bianca” (1).
Queste dichiarazioni non sono solo un anatema esplicitato da chi evidentemente non conosce la figura di Maria Montessori, ma bensì descrivono paradossalmente proprio l’essenza dei sistemi di educazione riduzionista che ancora è diffusa in Italia e in Europa secondo l’impostazione frontale e “militare” di Giovanni Gentile: fatta spesso di nozionismo vuoto e creazione di funzionari d’apparato piuttosto che esseri umani in consapevolezza. Parlare di “razza bianca” e di “razzismo” accostato al nome della grande pedagogista non è solo riduttivo ma è assolutamente revisionista.
Maria Montessori è stata antropologa, pedagogista, educatrice, grande intellettuale italiana nonché tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia. Pacifista di ispirazione socialista, è nota anche per il suo femminismo ante-litteram e nel 1896 partecipò al Congresso Femminile di Berlino, in veste di rappresentante dell’Italia. È rimasto famoso un suo intervento in tale sede sul diritto alla parità salariale tra donne e uomini. Nel 1899 partecipò anche al successivo Congresso Femminile di Londra.
Nel 1906 scrisse sul giornale La Vita un appello in cui invitava le donne italiane a iscriversi nelle liste elettorali politiche, visto che nessuna legge vietava espressamente il suffragio femminile. Nel 1899 aderì alla Società Teosofica, alla quale rimarrà legata negli anni a venire e fu fondamentale per la sua formazione etica e spirituale. Infatti, come ha scritto la storica Lucetta Scaraffia: «…non si trattò di un’adesione superficiale: il pensiero pedagogico della Montessori, i suoi scritti filosofico-femministi riportano notevoli tracce dell’influenza teosofica» (2).
Come è noto, fu la fondatrice di un metodo pedagogico basato sull’esperienza e non venne assolutamente apprezzata né dalla destra liberal-conservatrice né dalla cultura idealista di Benedetto Croce per le sue concrete indicazioni al fine di garantire criteri di uguaglianza e senza classi basate su giudizi elitari. Dal 1924 – per questione burocratiche e non di convinzione – durante il fascismo, la Montessori aprì delle piccole scuole che se da un lato davano lustro d’immagine al regime, dall’altro davano abbastanza fastidio allo stesso Mussolini perché non esercitavano in nessun modo il modello di disciplina fascista, secondo il quale i cittadini dovevano essere istruiti a “credere obbedire combattere” fin da piccoli (3).
Nello stesso anno le istituzioni fasciste iniziarono una vera e propria demonizzazione del metodo Montessori a tal punto che il direttore generale per il settore educativo, Giuseppe Lombardo Radice, che negli anni precedenti si era mostrato a favore del metodo Montessori, mosse una serie di pesanti critiche: l’accusa di aver rubato idee dal metodo educativo delle sorelle Agazzi, sostenendo che solo le due sorelle bresciane avevano elaborato un “metodo veramente italiano”. Sulla scia di Lombardo Radice, la Montessori venne definita «abile ammaliatrice», «camuffatrice», «affarista». Ancora una volta Maria lasciò cadere le critiche, come se non la riguardassero, ma da allora quelle poche maschere caddero e i rapporti con il fascismo si deteriorarono del tutto. Nel 1933 Maria Montessori e il figlio, Mario Montessori (convinto socialista ed antifascista), decisero di dimettersi dall’Opera Nazionale, che in pratica verrà definitivamente chiusa dal fascismo nel 1936, insieme alla “Scuola di metodo” operante a Roma dal 1928. Nel 1934 arrivò l’ordine di chiusura di tutte le scuole Montessori, sia per adulti sia per bambini, fatta eccezione per due o tre classi che vivranno nella semiclandestinità. Nello stesso anno anche Adolf Hitler ordinò la chiusura delle scuole Montessori in Germania insieme alle Scuole Waldorf basate sulla pedagogia antroposofica elaborata da Rudolph Steiner.
A causa degli ormai insanabili contrasti con il regime fascista, nel 1934 fu costretta ad abbandonare l’Italia e nel 1936 il regime chiuse per ordine del Ministro Cesare Maria De Vecchi anche la Regia Scuola Triennale del Metodo Montessori, che a Roma preparava i maestri fin dal 1928.
Il motivo della chiusura delle scuole montessoriane fu prettamente politico e culturale. Durante il fascismo dominava sul piano l’idealismo di Croce e di Gentile. Sebbene lontani su alcuni aspetti, entrambi erano sostenitori di un attacco frontale nei confronti di un’educazione scientifica ed umanistica allo stesso tempo, ovvero dell’impostazione che caratterizzava la pedagogia montessoriana, fondata (come il Metodo Steiner e il Metodo Agazzi) sull’idea che al centro dell’apprendimento debba esserci l’esperienza e che il bambino non è uno spettatore-consumatore, ma attore del processo formativo.
Gli ideali di Montessori si scontrano in quel periodo con il modello educativo dominante, fondato su una concezione pedagogica autoritaria, nazionalistica, maschilista e misogina. Basti pensare all’indottrinamento dei disvalori fascisti della gioventù Balilla. La “posizione antifascista” della Montessori era dovuta al fatto che il sistema d’insegnamento fascista penalizzava la personalità e l’originalità, elementi centrali della pedagogia montessoriana. Nello scritto “La Pace e l’educazione”, pubblicato a Ginevra nel 1932, essa afferma, anticipando elaborazioni presenti nel pacifismo attuale, che la pace non è solamente assenza di guerra, ma, al contrario, è l’avvio di una nuova concezione dello sviluppo umano e sociale. La pace vera, al contrario, fa pensare al trionfo della giustizia e dell’amore fra gli uomini: rivela l’esistenza di un mondo migliore dove regna l’armonia( 4).
Purtroppo oggi la scuola, nelle società occidentali, è ancora fondata su un’educazione riduzionista e dualista come direbbe Tiziano Terzani, se non “fascista” nel senso più foucaultiano (5) del termine. A spiegarlo molto bene fu Adolphe Ferrière, pedagogista svizzero padre della “Scuola attiva” (1879 -1960), che scrisse:
“E crearono la scuola come il “diavolo” aveva ordinato. Il bambino ama la natura, quindi l’hanno chiuso in quattro mura. Non può stare seduto per ore senza muoversi, quindi hanno ridotto al minimo la sua libertà di movimento. Gli piace lavorare con le mani e hanno iniziato a presentargli informazioni e teorie. Ama parlare sinceramente – gli hanno insegnato a tacere. Si sforza di capire – gli hanno insegnato a memorizzare.
Vorrebbe esplorare da solo e usare la propria conoscenza (dell’anima) – ma ha ottenuto tutto in forma preconfezionata su decine di fogli di lavoro grigi. Attraverso tutto questo, i bambini hanno imparato ciò che non avrebbero mai imparato in altre circostanze: hanno imparato a non mettere in dubbio nulla e ad adattarsi”.
É una “fabbrica di indottrinamento e sottomissione acritica all’autorità” che, in nome dell’efficientismo, dell’utilitarismo e delle abilità tecniche, non vuole educare persone libere da conformismo ma piuttosto “addomesticare” piccoli funzionari d’apparato che un giorno saranno dottori, ingegneri, operai, meccanici, muratori, economisti, avvocati, contabili e manager. Oggi la scuola dimentica che il nostro vero “ruolo” su questa Terra è “essere umani” esattamente come “esseri umani” nasciamo. Saremmo noi a decidere quale “ruolo” avere (o non averne), dopo aver preso consapevolezza di come si vive da esseri umani e che l’unico posto occupazione che abbiamo è la cura per la Terra. L’educazione (il “tirar fuori”, come affermava Socrate con la Maieutica, e non il “mettere dentro”) dovrebbe essere il veicolo per crescere esseri umani in libertà e senso critico con consapevolezza del mondo tramite gli strumenti della cultura. L’imperativo di Illich di “descolarizzare la società” è sempre più attuale perché la scuola impedisce all’essere umano di fiorire laicamente nella sua complessità e nella sua crescita interiore, privilegiando esclusivamente “un’esteriorità inconsapevole”. La Montessori aveva capito tutto questo e, per tali motivi, ancora oggi il suo pensiero risulta scomodo sia agli ambienti più conservatori, sia agli ambienti dediti alla “libertà del mercato”. Oggi il suo metodo è applicato in circa 65.000 scuole, sparse nei cinque continenti, divenuti dei veri e propri baluardi di resistenza alla spersonalizzazione dei rapporti e alla pedagogia moderna che reprime il senso critico e la creatività interiore in favore delle abilità tecniche ai fini commerciali di lavoro e mercato per il mantenimento della funzionalità della opulenta società capitalista.
Il libro “La lunga ombra di Maria Montessori. Il sogno del bambino perfetto” di Sabine Seichter, oltre ad essere un saggio revisionista, è l’espressione di questa moda postmoderna, reazionaria, neoliberale e falsamente progressista della “cancel culture” secondo cui tutto ciò che è successo nel passato è negativo e deve essere demonizzato o, ancora peggio, giudicato in termini assolutistici, paranoidi e polarizzanti con i parametri del nostro presente… anch’essi passeggeri, fugaci e soggetti a cambiamenti nei decenni.
Oggi più che mai i docenti, soprattutto in Italia, hanno il compito di portare la bellezza nelle scuole attraverso l’educazione popolare di Paulo Freire, il Metodo Montessori, l’educazione all’emozioni di Umberto Galimberti, la pedagogia libertaria di Gianni Milano, la pedagogia Waldorf di Rudolph Steiner, la “scuola di Jasnaja Poljana” di Lev Tolstoj, l’espressività creativa di Arno Stern, l’uomo epimeteico di Ivan Illich, l’educazione come scoperta esperienziale della vita di Silvano Agosti, la “scuola ecologica” di Maria De Biase, la “scuola attiva” di Adolph Ferriere e l’educazione non-dualistica di Valentino Giacomin del Progetto Alice School. (6)
NOTE
1 – https://www.tecnicadellascuola.it/montessori-razzista-e-dedita-a-studi-di-eugenetica-lo-sostiene-un-saggio-tedesco-fresco-di-stampa
2 – Lucetta Scaraffia, “Emancipazione e rigenerazione spirituale: per una nuova lettura del femminismo”, in: Lucetta Scaraffia e Anna Maria Isastia, Donne ottimiste. Femminismo e associazioni borghesi nell’Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 89
3 https://giuseppealessandri.myblog.it/2020/09/21/il-caso-montessori/
4 – G. Marazzi, Montessori e Mussolini: la collaborazione e la rottura
5 – Introduzione alla vita non fascista, Préface di Michel Foucault alla traduzione americana del libro di Gilles Deleuze e Félix Guattari, L’Anti-Oedipe : capitalisme et schizophrénie, Viking Press, New York, 1977
6 – G. Germani, A scuola di felicità e decrescita: Alice project, Terra Nuova Edizioni 2015
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
Aprile 2024
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