Mario Draghi non fa gli interessi dell’Italia, ma degli Stati Uniti
Il fronte sul quale si combatte attualmente in Ucraina non è solamente uno, ma sono due. Il primo, su scala locale, è quello aperto da Putin per ottenere l’indipendenza della Crimea e del Donbass. Ma ce n’è anche un secondo, di scala globale, innescato invece da Biden per ristabilire il predominio degli Stati Uniti sul mondo. E rispetto al quale l’Italia di Draghi è totalmente subalterna all’alleato dall’altra parte dell’Atlantico. Questa è l’analisi dipinta ai microfoni del DiariodelWeb.it da Paolo Ferrero, già ministro della Solidarietà sociale e attualmente vicepresidente del partito della Sinistra europea.
Paolo Ferrero, le responsabilità della guerra in Ucraina sono davvero tutte di Vladimir Putin?
Io penso che ci sia una guerra regionale, iniziata da Putin, ma con due complici, che portano anch’essi il peso della responsabilità.
Quali?
Uno sono gli Stati Uniti, per via dell’allargamento della Nato ad est. L’altro è Zelensky, con gli altri governi ucraini, che non hanno fatto nulla per rispettare gli accordi di Kiev e si sono comportati malissimo, uccidendo migliaia di persone, nelle repubbliche russofone.
Qual è la posta in gioco in questa guerra regionale?
Questo conflitto si può concludere trovando un accordo: per questo abbiamo sempre chiesto che si aprissero le trattative e non si mandassero le armi. Perché i nodi posti sono molto semplici e chiari: la neutralità dell’Ucraina e la tutela di tutte le minoranze interne. Persino il piano presentato da Draghi qualche giorno fa è molto simile a ciò che propose la Russia all’inizio. E la Germania, addirittura, a febbraio provò a cercare un compromesso sempre su queste basi, che venne rifiutato dagli Stati Uniti e da Zelensky.
Invece di trovare un compromesso c’è stata un’escalation.
La mia tesi è che, prendendo letteralmente a pretesto questa guerra, gli Usa ne abbiano scatenata un’altra, stavolta non più locale ma mondiale.
Con quali obiettivi?
Io ne vedo tre. Il primo è quello di trasformare l’Ucraina in un nuovo Afghanistan. Cioè, tenere la Russia incastrata in un conflitto per anni. Quando uno stanzia 40 miliardi, quasi tutti per le armi, vuol dire che non sta preparando i rifornimenti per i prossimi tre mesi, ma molto più a lungo. Quindi l’idea non è quella di liberare l’Ucraina o di terminare la guerra, e nemmeno di vincerla. Perché non si può vincere contro una potenza nucleare, salvo combattere una guerra nucleare.
L’intenzione vera sarebbe quella di prolungarla all’infinito, dunque?
Sì, di tenerla viva. Il secondo obiettivo è tagliare i ponti dell’Europa con la Russia. Questo non è mai avvenuto, in queste forme, e rende il nostro continente immediatamente dipendente dagli Stati Uniti per tutta una serie di materie prime. Quindi produce una situazione innaturale, una debolezza e un rischio di guerra pazzesco, perché apre una lunga serie di frontiere. Una specie di muro di Berlino lungo tremila chilometri.
E il terzo obiettivo?
Mettere tutto il mondo in riga. Cioè affermare che i padroni sono loro, gli Usa, quelli che dettano le regole. E che chiunque si sgancia deve vedersela con loro, non solo sul piano militare ma anche su quello economico: pensiamo alle sanzioni e al sequestro di 400 miliardi di dollari della banca centrale russa nei conti all’estero. Gli Stati Uniti, dal 1991 ad oggi, sono stati la potenza di gran lunga dominante nel mondo e hanno vissuto di rendita su questo.
Oggi non lo sono più?
Con la globalizzazione degli ultimi trent’anni sono cresciuti anche altri Paesi: la Cina, ma anche l’India, l’America Latina con il ruolo del Brasile, l’Africa del Sud. E pure la Russia, che da Stato sostanzialmente sfasciato ai tempi di Eltsin, è tornato una superpotenza nucleare. In questo mondo multipolare non si giustifica più la situazione di privilegio degli Usa. A cui loro non vogliono però rinunciare.
Quindi hanno colto la palla della guerra al balzo per riaffermare il loro predominio sul mondo?
Perfetto.
E la posizione di Mario Draghi fa gli interessi degli Stati Uniti o dell’Italia?
La posizione di Draghi è totalmente sdraiata sulla volontà degli Stati Uniti e non fa per nulla gli interessi né dell’Italia, né dell’Europa. Sia la Francia, sia la Germania hanno tentato di spingere la trattativa e di moderare i toni. Non era mai successo che Macron riprendesse due o tre volte il presidente statunitense per le parole usate. Niente di clamoroso, ma il tentativo di mantenere una dignità dell’Europa e una comprensione dei suoi interessi. Da parte di Draghi nulla di tutto questo. Infatti gli Usa lo hanno chiamato nei giorni scorsi per premiarlo come alleato fedele.
Cos’ha l’Italia da perdere da questa strategia?
L’Italia non ha materie prime, quindi ha tutto l’interesse ad avere buoni rapporti con i Paesi fornitori, nonché ad averne una differenziazione. Sarebbe stato sbagliato essere dipendenti dal gas russo per il 90%, ma è altrettanto sbagliato che adesso ci mettiamo alla ricerca di questa fonte energetica da altre parti, con la conseguenza che saremo comunque ricattati da qualcun altro. Draghi non ha fatto l’interesse del popolo italiano e nemmeno dell’industria, se non di quella bellica.
Oltretutto, in un periodo di crisi economica sempre più evidente, ha deciso di destinare i fondi all’aumento delle spese militari.
Esattamente. Si spende una barca di quattrini per fornire armi all’Ucraina e in questo modo si alimenta un conflitto che, ripeto, non è destinato a chiudersi. La fornitura di armi non permette di vincere quel conflitto, perché se anche Putin fosse in condizione di essere messo sotto, non ci metterebbe niente ad iniziare a bombardare pesantemente. La Russia ha una potenza di fuoco di venti volte superiore a quella che sta usando.
Mi sta dicendo che, per avere una prospettiva di pace, il governo Draghi dovrebbe cadere?
Sicuramente. Se la Lega e il Movimento 5 stelle facessero quello che dicono, cioè smettessero di sostenere il governo Draghi su questi temi e lo facessero cadere, che cosa succederebbe? Salterebbe il principale alleato degli Stati Uniti, tra i grandi Paesi europei: un fatto politico rilevante.
Con quali conseguenze?
Visto che le opinioni pubbliche occidentali sono in maggioranza contrarie alla fornitura di armi pesanti, questo scossone permetterebbe alla Francia e alla Germania di rimettere al centro il tema degli interessi europei e del ruolo dell’Europa per costruire una trattativa. Proprio come chiede il Papa. Insomma, si innescherebbe un effetto domino che si riverbererebbe positivamente sul resto del continente. E potrebbe porre le condizioni per arrivare in capo a qualche settimana al cessate il fuoco. In più questo permetterebbe di aprire l’altra discussione.
Cioè?
Non solo il diritto degli Stati Uniti di comandare su tutto il mondo, perché io non credo che ce la faranno. Al di fuori dell’Europa, le altre potenze non hanno risposto «signorsì», ma hanno perseguito i propri interessi. La mia impressione è che si stia determinando un’alleanza significativa tra Cina e Russia, fatto che non era mai accaduto. Con significativi rapporti sul movimento che un tempo avremmo definito dei «non allineati»: i grandi Paesi del terzo mondo che si sono posti il problema dell’uscita dal sottosviluppo. Credo che gli Usa abbiano sbagliato i conti e non possano pensare di tenere tutti sotto schiaffo solamente con il terrore.
Dunque che cosa succederà?
Ci sono tre possibilità. Una è che gli Stati Uniti ristabiliscano il loro comando, come vogliono gli uomini di Biden, ma lo vedo quasi impossibile. La seconda è che si riproduca una spaccatura del mondo in due: da un lato gli Usa e l’Unione europea subalterna, con Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda; dall’altro Cina, Russia e un po’ di satelliti. Sarebbe un mondo di concorrenza economica pazzesca, di confronto militare pazzesco e a rischio di terza guerra mondiale atomica.
Una nuova guerra fredda.
Ma meno razionale della vecchia. All’epoca la Nato non fece mai un’azione militare, al contrario portava avanti una partita a scacchi.
C’era un equilibrio.
Questa invece sarebbe una guerra fredda senza equilibrio. E poi c’è la terza possibilità, l’unica strada che vedo all’orizzonte. Che si prenda atto dell’esistenza della pluralità di poli dentro il mondo e si trovi una forma cooperativa e più egualitaria, che non può che essere basata sul disarmo. Altrimenti non ne usciamo. Solo così potremmo vincere non solo la sfida della pace, ma anche quella del cambiamento climatico. Noi occidentali potremmo pensare di mantenere un livello di vita alto, pur modificando le modalità di consumo, e permettere ad altri popoli di acquisire standard di vita diversa da quelli che hanno avuto fin qui. Questa è la vera partita. E l’aspetto drammatico è che gli Stati Uniti sono davvero il pezzo peggiore dello schieramento mondiale.
Perché dice questo?
Perché quest’idea di mantenere i loro privilegi quando non ce n’è più alcuna ragione materiale è un puro arbitrio. Un esercizio della forza. Che è la posizione peggiore da tenere per affrontare le sfide che abbiamo di fronte, come umanità. Quindi certo, Putin è un criminale e bisogna concludere la guerra in Ucraina con un compromesso. Ma poi bisogna anche mettere fine all’altra guerra, quella che sta facendo Biden, che rappresenta il vero pericolo per il mondo.
25/5/2022
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