Genova, il porto e Lucio, il sedicenne
A Genova, un ragazzo si è buttato dalla finestra. Aveva solo 16 anni. La sua è una storia poco importante, non balzerà agli onori della cronaca, perché Lucio (forse Michele), non è mai stato figlio di un luogotenente. Lucio o Michele, non ricordo bene il nome, era stato sorpreso dalle divise di Genova, con 10 grammi di hashish all’uscita di scuola.
A scanso di equivoci, che sia chiaro a tutti: un ragazzo che vende del fumo a scuola e che si fa prendere all’uscita, già marca male, nel senso che è uno sprovveduto, non un delinquente; altrimenti avrebbe lasciato la metà, sotto il sellino della moto di Mirella.
La giustizia diventa inflessibile in questi casi semplici, infatti, dopo pochi giorni, è arrivata la perquisizione a casa del nostro Lucio.
E pensare che dalle mie parti, per perquisire la stanza del sindaco D’Alfunzen e i suoi assessori ritenuti colpevoli di corruzione, è passata più, molto di più, di una settimana, dalle prime accuse. Giusto il tempo per rimettere un po’ di conti a posto, adesso D’Alfunzen è presidente della regione. A Lucio è andata diversamente ed aveva 16 anni.
Forse non tutti sanno, cosa significhi subire una perquisizione a casa. Ora proverò a spiegarlo. Le divise si presentano alla porta e spiattellano la verità alla famiglia, quella verità tenuta nascosta o per la quale c’erano già state liti in casa, ma smorzate dai buoni voti riportati e, in estate, dalla promozione. In strada ci sono almeno due macchine della pula in attesa, per cui la gente si ammassa.
Lucio ha sempre 16 anni, nel frattempo l’età non subisce un’impennata improvvisa, rimane la stessa.
Nel palazzo, ormai da decenni c’è sempre il pettegolo di turno, che racconta una storia estratta da un discorso sentito per caso.
Di solito, la verità condita alla malvagità delle voci gira in tutto il rione in venti minuti, poco più, poco meno. Arriva persino all’orecchio del nonno, che si stava mettendo i soldi da parte, per comprare una bicicletta nuova al nipote. In realtà, avrebbe voluto regalargli un motorino, ma prende sempre meno di pensione e arriva a fatica.
Un venditore di fumo di 16 anni, preso all’uscita di scuola, sicuramente non sarà un assassino e neanche un elemento pericoloso per la società, questo va precisato di nuovo.
Lucio era un bravo ragazzo e se la detenzione di hashish è ancora un reato, potrebbe valere uno schiaffo. Se è a fini di spaccio vale al massimo due schiaffi, massimo tre di carcere: non sono anni, ma mesi, considerando le attenuanti, considerando i 16 anni,
La perquisizione prosegue, le guardie aprono gli armadi, tolgono i vestiti, smantellano la casa, controllano sotto i mobili, dentro i tiretti, borchie e tasselli, svuotano finanche i recipienti stracolmi di zucchero, di caffè, di sale. Smontano tutto.
In quel momento, Lucio pensa a quelle strane voci, che girano in strada, quando parlano degli sbirri come fossero avvoltoi che mangiano il cuore rinsecchito delle carogne.
Pensa alla signora del terzo piano e suo marito, a Loris e la sua famiglia preoccupati e alla parrucchiera sotto casa, che l’ha visto crescere. Gli amici sono in fila davanti al portone, in attesa che esca. Lui, che fino al giorno prima era un ragazzo particolare, a cui piaceva farsi le canne, in quel momento si sente aggredito dalla vergogna più carnivora. La vergogna carnivora è molto simile a un leone affamato che azzanna da dietro. Lucio trema al solo guardare la mano di suo padre o i capelli di sua madre, li hai traditi e quella pare la conferma assoluta. A 16 anni è così.
Il tempo di guardare la finestra e i sogni cadono di sotto. Finisce l’amore per Anna, l’amicizia con Lorenzo e il progetto studiato con Michele, di vendere aquiloni per i bambini, durante l’estate.
In questa storia non usciranno colpevoli, perché la mano che dovrebbe rendere più sicura la vita di un sedicenne, ha tenuto pistole e mazze per picchiare e rabbia da depresso per “spezzare le reni”.
Antonio Recanatini
Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
14/2/2017
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