Medici di famiglia: passaggio alla dipendenza?

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di Maurizio Bardi

Medico di base
Medicina Democratica

Premetto che sono favorevole al fatto che i medici di medicina generale (MMG) siano pienamente assorbiti all’interno del Servizio Sanitario Nazionale attraverso un progressivo passaggio alla dipendenza.
Detto questo credo che la discussione in corso sia una discussione fasulla e che si dovrebbe ragionare sulla funzione più che sul contratto di lavoro.
Proverei a suddividere il ragionamento attraverso i tre punti di vista di medici, cittadini, istituzioni.

Attualmente i MMG hanno un rapporto di convenzione col SSN che dà molta libertà dal punto di vista organizzativo riguardo la possibilità di lavorare con altri colleghi e di avere collaboratori di studio e infermieri per i quali la regione versa un contributo ( se si è almeno in tre con il massimale di assistiti, le spese del personale vengono coperte pressoché interamente). Libertà di decidere le modalità di accesso dei propri assistiti e la possibilità di programmare a piacimento le ferie. Questa libertà non deve essere confusa con la libertà di lavorare il meno possibile e rendersi praticamente irreperibili.

La convenzione fissa dei paletti, sia sui requisiti dello studio che sull’orario di lavoro e le mansioni, se così si possono chiamare. Vero è che viene indicato un orario minimo di apertura abbastanza scandaloso: un’ora settimanale ogni 100 assistiti, ma c’è anche scritto che l’orario deve essere congruo all’attività che si deve esercitare. Quello che è sempre mancato è un effettivo controllo da parte delle dirigenze sanitarie, che ben sanno come lavorano i propri medici convenzionati, e avrebbero il dovere di far rispettare gli obblighi della convenzione, non c’è bisogno della dipendenza per far rispettare le regole.

Per contro la convenzione non prevede ferie, nè malattia (esiste un accordo assicurativo che rimborsa le spese sostenute per pagare il sostituto ma con una settimana di franchigia), non c’è TFR a fine carriera, le spese di studio sono completamente a carico.

Ci troviamo in un momento di grave sofferenza della medicina territoriale, secondo le ultime stime mancano oltre 5500 MMG, e anche negli ospedali c’è massiccia carenza di organico che costringe a turni massacranti. Le aspettative di salute delle persone sono giustamente cresciute esponendole d’altro canto a un consumismo sanitario che non ha mai avuto uguali.
Solo un esempio: Il mercato globale dei wearables devices, i dispositivi indossabili per monitoraggio medico ) è in fortissima espansione: era valutato intorno ai 21,5 miliardi di dollari (2021) e si prevede che il loro uso si espanderà con un CAGR (tasso annuo di crescita composto) del 26,8% dal 2021 al 2028, anno in cui dovrebbe attestarsi attorno ai 112 miliardi di dollari. Un mercato fatto per i sani, marginalmente per i pazienti con malattie croniche.
Quindi ci troviamo in una congiunzione drammatica con calo del personale e della sua motivazione e aumento esponenziale delle richieste.
Credo tuttavia che sarebbe miope non guardare a un futuro anche lontano verso cui indirizzare gli sforzi.

C’è in prospettiva la necessità di tornare a un rapporto ottimale medico/assistiti di 1 a 1000, (ultimamente è stato innalzato a 1200), e che sia quello reale e non solo virtuale, oggi si consente ai medici di avere 1500, 1800 e in alcuni casi fino a 2000 assistiti, una cosa senza senso. Si dovrà anche riformare la formazione dei MMG equiparando il corso di formazione a una specializzazione anche a partire dal contributo economico riconosciuto ai partecipanti, oggi largamente più basso.

Le CDC, che fino ad ora sono state per lo più una semplice operazione immobiliare, rappresentano un’occasione straordinaria per provare a rivitalizzare il ruolo dei MMG e della sanità territoriale nel suo complesso.
Credo che per coinvolgere i MMG in un lavoro all’interno delle Case di Comunità (CdC), o comunque a loro collegato, anche come dipendenti, servano poche cose. La garanzia di un reddito che non sia inferiore a quello della convenzione attuale( certo non è una cifra competitiva in Europa ma il problema dei bassi salari è un problema del Paese, non solo dei medici), il mantenimento del rapporto fiduciario con gli assistiti, il riconoscimento del fondamentale ruolo clinico, l’ eliminazione di tutte le incombenze burocratiche: queste ultime cose ottenibili attraverso l’assunzione di personale amministrativo adeguatamente formato in grado di fare tutto ciò che oggi viene richiesto al medico (ricette, piani terapeutici, prescrizione ausili e presidi, ecc ecc). Naturalmente il tutto dietro indicazione del medico e il carico burocratico dovrà essere estremamente semplificato, condizione inaggirabile.
A questo si aggiunga il vantaggio di non dover gestire in proprio le spese e l’organizzazione anche finanziaria di uno studio e del suo personale. Queste cose, insieme naturalmente alla possibilità di poter collaborare efficacemente con infermieri di comunità, coi servizi sociali e con gli specialisti che immaginiamo debbano far parte integrante delle CDC, potrebbero restituire ai medici l’orgoglio di fare un lavoro socialmente utile come era forse nelle intenzioni al momento della scelta della facoltà universitaria.

Oggi altre due cose sono determinanti,a mio parere, nel rendere estremamente faticoso il lavoro dei MMG e quindi scarsamente appetibile per le nuove leve.
Mi riferisco alla realtà che conosco naturalmente che è quella della regione Lombardia dove esiste un sistema informatico che sembra disegnato apposta per inceppare tutto, e se così non fosse non si spiegherebbe il motivo per cui i suoi vertici siano ancora al loro posto e dove vige una burocrazia creata ad arte per demotivare anche i più tenaci tra gli operatori sanitari. Possono sembrare due aspetti marginali, rispetto alla relazione, alla presa in carico, alla competenza, ma sono due aspetti logoranti che finiscono per minare tutti gli altri.
A queste condizioni credo non sia irrealistico forzare la mano sulla dipendenza per le nuove immissioni in ruolo lasciando al contempo la libera scelta a chi è già in servizio,peraltro le previsioni delineano un ricambio generazionale quasi totale a breve termine

Per tutto quello sopra esposto servono soldi, ma i soldi da soli non sono sufficienti.Bisogna avere idea di come riformare un Servizio Sanitario partendo dai bisogni di salute della popolazione , bisogna volerlo fare e saperlo fare: nulla di scontato.

Per gli assistiti credo poco importi il tipo di contratto di lavoro del medico, loro chiedono poche cose: competenza, disponibilità, facilità d’accesso e comunicazione, presa in carico.
Queste prerogative sono legate a modalità organizzative e sensibilità personali e possono esserci o no indipendentemente dall’eventuale dipendenza. Già ora sono presenti in modo assolutamente variabile e non è scontato che una organizzazione dall’alto possa migliorare il tutto. Credo che per l’assistito sia importante ci sia una figura di riferimento e preferibilmente sempre quella, e parimenti anche con il passaggio a dipendenza non vedo ostacoli a mantenere il cosiddetto rapporto di fiducia; ci sono all’estero numerosi esempi in tal senso.

Per il mondo politico e istituzionale la scelta è complessa. Da un lato ci sono la necessità di riempire e provare a far funzionare le Case di Comunità che per il momento sono state unicamente un investimento immobiliare e la necessità di dare una risposta ( o far finta di dare una risposta come già successo per i decreti sulle liste d’attesa) al malcontento delle persone.
Il tentativo, fatto così, è peggio che maldestro.

Pretendere che MMG che hanno un numero di assistiti non a massimale spendano un monte ore nelle CdC senza precisarne le funzioni pare una cosa poco sensata. Se pensiamo che oggi la priorità sia rilanciare la medicina del territorio e sappiamo che i MMG attuali sono in numero largamente insufficiente destinare una parte del loro monte orario ad altre attività, peraltro non meglio specificate sembra un controsenso.

C’è poi quello che al momento a mio avviso sembra l’ostacolo maggiore: l’EMPAM, l’ente previdenziale di categoria che è mantenuto fondamentalmente dai versamenti dei MMG. EMPAM gestisce annualmente qualche miliardo di euro.
Il suo presidente,dr. Oliveti, riceve un compenso annuale che si aggira intorno ai 650.000 euro (quando gli è stato fatto notare ha risposto: “si ma io lavoro”) e l’Ente riconosce emolumenti ai componenti del consiglio di amministrazione per una cifra vicina ai due milioni e mezzo di euro (comprese le compartecipazioni ai fondi immobiliari di proprietà). Personalmente penso che nel 2025 non debbano più esistere casse previdenziali separate e che tutte debbano essere riportate in INPS, in ogni caso la gestione attuale risulta opaca con investimenti immobiliari e finanziari, riscatti di anni di laurea spropositatamente cari (rispetto a quanto chiede INPS) e versamenti importanti richiesti anche ai pensionati che non percepiscono altro reddito, e agli ospedalieri in gestione INPS che riceveranno da ENPAM pochi spiccioli di pensione. Alla gestione dell’EMPAM partecipano gli Ordini dei Medici che anche hanno ruolo nel gestire la FNOMCEO (Federazione Nazionale Ordine Medici e Chirurghi ) un carrozzone, in stretto rapporto col ministero, che ha un bilancio annuale superiore ai 10 milioni di euro.
Gli interessi che girano qui dentro sono tanti, in termini di consenso elettorale e di quattrini a disposizione e nessun governo, di qualsiasi colore, si è mai preso la briga di metterci mano.

C’è poi da parte di molte Regioni la volontà o comunque l’idea che la vera medicina rimanga quella ospedaliera, che è anche quella nella quale i tanti investitori privati hanno il loro maggior tornaconto. Una medicina territoriale efficiente rischierebbe di intaccare questi interessi.

Questi sono solo punti che propongo alla discussione, se si trova un accordo ci sarà poi da ragionare su come gestire la fase di transizione.

Chiudo riportando uno stralcio dell’ultima convenzione firmata, e naturalmente andata in vigore già scaduta.

ART. 43 – COMPITI DEL MEDICO DEL RUOLO UNICO DI ASSISTENZA PRIMARIA.

1. Al fine di concorrere ad assicurare la tutela della salute degli assistiti nel rispetto di quanto previsto dai livelli essenziali e uniformi di assistenza e con modalità rispondenti al livello più avanzato di appropriatezza clinica ed organizzativa, il medico del ruolo unico di assistenza primaria espleta le seguenti funzioni: a) assume il governo del processo assistenziale relativo a ciascun assistito che abbia esercitato la libera scelta nell’ambito del rapporto di fiducia medico-paziente; b) si fa parte attiva della continuità dell’assistenza per gli assistiti nell’ambito dell’organizzazione prevista dalla Regione; c) persegue gli obiettivi di salute dei cittadini con il miglior impiego possibile delle risorse, in attuazione della programmazione regionale, con particolare riferimento alla realizzazione del Piano Nazionale della Cronicità e del Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale.

2. Al fine di espletare i suoi compiti e funzioni nel rispetto dei principi sopra indicati, il medico del ruolo unico di assistenza primaria svolge la propria attività individualmente e in integrazione della propria AFT; partecipa inoltre alle attività della forma organizzativa multiprofessionale di riferimento.

3. Per ciascun paziente in carico, il medico raccoglie e invia le informazioni all’Azienda sanitaria come previsto dall’articolo 6 del presente Accordo.

4. Le funzioni ed i compiti previsti dal presente articolo rappresentano condizioni irrinunciabili per l’accesso ed il mantenimento della convenzione con il S.S.N.

4. Nello svolgimento della propria attività il medico del ruolo unico di assistenza primaria: a) svolge attività di prevenzione e promozione della salute nei confronti della popolazione di riferimento, in particolare aderendo agli indirizzi nazionali e regionali; b) gestisce le patologie acute e croniche secondo la miglior pratica, con interventi appropriati e garantisce l’assistenza proattiva nei confronti dei malati cronici e dei pazienti fragili, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 44 del presente Accordo; c) assicura agli assistiti la presa in carico globale, anche attraverso la consultazione del fascicolo sanitario elettronico (FSE), le prestazioni e visite ambulatoriali e domiciliari; d) partecipa a progetti e programmi di attività, finalizzati al rispetto dei livelli programmati di spesa, concordati a livello regionale e/o aziendale, ed a quelli finalizzati a sensibilizzare i cittadini su specifiche tematiche, sull’adozione di corretti stili di vita, uso appropriato dei farmaci e delle risorse messe a disposizione del S.S.N.; e) opera nell’ambito delle Aggregazioni Funzionali Territoriali e forme organizzative multiprofessionali rispettando le modalità organizzative concordate all’interno delle stesse, espletando sia attività a ciclo di scelta che attività oraria; f) garantisce la continuità dell’assistenza per tutti i giorni della settimana e secondo quanto previsto dall’articolo 44 del presente Accordo.

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