Memoria con lo sconto? Oltre i lager nazisti quelli ‘fascistissimi’ italiani
Gli orrori della Risiera
A partire all’incirca dall’ottobre 1943, a Trieste occupata dai nazisti, fu istituito in un vecchio magazzino un campo di detenzione di polizia destinato dalle SS alla raccolta dei prigionieri destinati ad essere trasferiti in Germania: in uno spazio ristretto furono internati migliaia di croati e sloveni, partigiani italiani e resistenti, Testimoni di Geova, ebrei e rom. Sebbene ufficialmente lo scopo fosse solo la detenzione temporanea prima della deportazione, a San Sabba si torturò e si uccise con mezzi più brutali quali il colpo alla nuca, l’impiccagione, l’immissione di monossido di carbonio – ottenuto dallo scarico dei motori – in una piccola stanza o spesso anche con violente percosse soprattutto al capo.
Nel campo fu attivo anche un forno crematorio (l’unico in un lager in Italia), ma sovente molti corpi delle vittime furono legati con fil di ferro ad oggetti pesanti e buttati in mare. In una macabra classificazione redatta da storici dell’Olocausto fu precisato che non si trattava di un campo di sterminio, ma tre le mura di mattoni della Risiera furono assassinate tra le tremila e le cinquemila persone. Nel 1965 il luogo fu proclamato ‘monumento nazionale’ e una decina di anni dopo a Trieste si svolse un drammatico processo ai responsabili. Il principale imputato, condannato in contumacia in via definiva nel 1978, morì tuttavia ancora in libertà l’anno successivo.
Fossoli e Bolzano
Dal maggio 1942 al settembre 1943, a Fossoli in provincia di Modena, fu attivo un campo di concentramento costruito dal regio esercito italiano per prigionieri di guerra inglesi, australiani e neozelandesi. Dopo l’occupazione nazista, per un breve periodo, il campo fu gestito dalla Repubblica Sociale Italiana come luogo di raccolta per gli ebrei in attesa della deportazione e dal febbraio 1944 fu posto sotto il comando tedesco. Per Fossoli transitarono circa cinquemila deportati – nella stragrande maggioranza ebrei – diretti ad Auschwitz-Birkenau, Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau o Mauthausen. Ad agosto dello stesso anno i tedeschi ne trasferirono però le funzioni a Bolzano che rimase attivo fino alla fine della guerra e tra le baracche di Fossoli furono allora rinchiusi i rastrellati del Nord Italia da inviare al lavoro coatto in Germania o in altri territori occupati.
Le vicende di Fossoli non finirono però nell’aprile 1945: furono internati in seguito collaborazionisti ed altri profughi e solo nel 1947 vi si insediò una comunità cattolica di assistenza ai giovani. A Fossoli non mancarono tuttavia casi di esecuzioni sommarie o violenze di altro tipo, come pure a Bolzano, dove vigeva un sistema del terrore simile a quello dei lager tedeschi. Nel dopoguerra le poche costruzioni in muratura furono comunque rase al suolo e negli anni Sessanta costruite abitazioni popolari. Nel 2019 è stato infine edificato un monumento con i nomi dei deportati ed inaugurato dai presidenti della repubblica austriaco e italiano.
Grandi e piccoli campi
Oltre ai due casi più noti di San Sabba e Fossoli, in realtà gli edifici legati alla memoria dell’Olocausto in Italia sono molti di più e comprendono scuole, caserme, carceri o altri edifici dove furono ammassati in attesa del trasporto in Germania ebrei o combattenti della Resistenza. Le strutture erano disseminate quasi ovunque e basti ricordare che solo nel Veneto ci furono almeno tre casi assai noti.
Nel dicembre 1943 gli ebrei veneziani rastrellati furono internati nella casa di riposo ebraica nel ghetto; a Vicenza – per pochi giorni – numerosi ebrei furono rinchiusi nel Teatro Olimpico di Andrea Palladio, mentre a Vo’, piccolo paese del Padovano, in una antica villa furono concentrati gli ebrei delle province di Padova e Rovigo: meta successiva per tutti fu Fossoli. Qualche edificio era stato occupato direttamente dai tedeschi, ma la maggior parte di essi erano stati messi a disposizione dalle solerti autorità delle Repubblica Sociale Italiana.
In questi luoghi minori non si conoscono vicende di barbari assassini o altre brutalità, ma si trattava comunque del primo atto di una deportazione drammatica che aveva poche speranze. Campi di transito o campi di detenzione temporanea, un Paese intero stava comunque assistendo ad uno dei crimini più orrendi del XX secolo la cui drammatica consapevolezza arrivò purtroppo molto tempo dopo.
Giovanni Punzo
29/1/2023 https://www.remocontro.it
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