Meno controlli e meno ricerca: l’impatto di Covid-19 sui pazienti oncologici
Oltre 600 mila nuove diagnosi e 350 mila nuovi trattamenti oncologici in meno durante il 2020 e un calo del 50% dei ricoveri per infarto acuto del miocardio nel marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È l’altra faccia di Covid-19, quella che impatta sulle patologie croniche come il cancro e su quelle acute come l’infarto del miocardio. E l’appello di associazioni e professionisti della sanità al governo italiano si fa unanime nella richiesta di provvedere con urgenza alla categoria degli ultrafragili garantendo la ripresa degli screening e della chirurgia in elezione e un’accelerazione delle vaccinazioni per questi pazienti.
Le patologie oncoematologiche
Ai dati citati sopra e diffusi da IQVIA, società di servizi tecnologici in ambito sanitario, in occasione del webinar organizzato da Motore Sanità il 16 aprile dal titolo “Cancro e Covid. L’emergenza nell’emergenza. L’oncologia nell’era intra e post pandemica”, si aggiunge quello relativo a febbraio 2021 di un 30% in meno di pazienti visitati dagli oncologi italiani rispetto al periodo pre-pandemia. Le 550 associazioni della Federazione Italiana Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) hanno chiesto al Governo risposte concrete «per garantire la sicurezza ai malati oncologici, l’immediato ricorso alla vaccinazione e percorsi differenziati negli ospedali, nonché un Piano di emergenza per abbattere le liste di attesa in chirurgia oncologica».
Come ha precisato il presidente di FAVO, Francesco De Lorenzo, «il grido d’allarme che abbiamo lanciato alla Commissione Affari Sociali della Camera è stato pienamente recepito con due risoluzioni approvate all’unanimità e con il parere favorevole del Governo. Serve subito nuovo Piano Oncologico nazionale che delinei con chiarezza obiettivi strategici, iniziative faro e azioni di sostegno».
Solo pochi giorni prima, la Confederazione degli Oncologi, Cardiologi, Ematologi (FOCE) aveva presentato sul tavolo del Governo un “Piano Marshall della Sanità italiana” che, dopo l’avvio della vaccinazione sistematica alla popolazione, si rivolgesse a «ridurre incidenza e mortalità di malattie non Covid e a garantire l’attuale e la futura sostenibilità del sistema sanitario italiano».
Come commenta il presidente di FOCE, Francesco Cognetti, «le nostre richieste sono motivate dai dati che segnalano due milioni di screening oncologici mancati, un 30% di trattamenti posticipati, tardività nelle diagnosi e osservazione di tumori in stato sempre più avanzato. Queste sono le ulteriori conseguenze di Covid-19 che impattano, ormai non più silenziosamente, sui pazienti con patologie onco-ematologiche. A questo si aggiunge un piano vaccinale in forte ritardo, dato che, a fine marzo, solo il 7,3% dei pazienti oncologici che ne avevano diritto è stato effettivamente vaccinato».
Le patologie cardiovascolari
Altrettanto preoccupante è il versante delle malattie cardiovascolari, in cui si sono registrati una diminuzione dell’afflusso al Pronto Soccorso e alle Unità di Terapie Intensive cardiologiche di pazienti con infarto del miocardio in fase acuta. A ciò si aggiunge una riduzione degli interventi di impianto percutaneo di valvole aortiche, di riparazione della valvola mitrale e di angioplastiche coronariche.
Come ci spiega il presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC), Pasquale Perrone Filardi, «tra i soggetti fragili da sottoporre a vaccinazione anti-Covid-19, il Comitato Tecnico ha inserito soltanto due categorie di cardiopatici ovvero lo scompenso cardiaco in classe IV e le persone in fase di post-shock cardiogeno. Ecco perché abbiamo voluto prendere posizione con un articolo pubblicato sul Giornale Italiano di Cardiologia, nel quale chiediamo una priorità nel calendario vaccinale tra i soggetti affetti da diverse forme di cardiopatia».
«Le malattie cardiovascolari – prosegue Perrone Filardi – sono tra le comorbilità più frequentemente associate alle infezioni severe da Covid-19, determinando spesso una prognosi sfavorevole di quest’ultimo. Gli anziani affetti da malattie cardiovascolari sono certamente una categoria che consideriamo particolarmente vulnerabile, tuttavia in questi casi l’età non può essere l’unico fattore discriminante, dal momento che anche pazienti in età giovane e adulta possono presentare forme gravi di cardiopatia e come tali dovrebbero avere priorità nel programma vaccinale».
La ricerca clinica
Effetti indiretti della pandemia sulle patologie oncologiche passano anche attraverso i ritardi accumulati dalla ricerca clinica e di laboratorio. Per quanto riguarda la prima, la Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (Ficog), svolgendo un’indagine su 52 Centri Oncologici di Ricerca, ha riscontrato una riduzione del 35% degli studi clinici, ma nel contempo anche un aumento dell’attività telematica da parte dei comitati etici (92%) e la necessità di valutare i cambiamenti nell’informazione e nella comunicazione con i pazienti (65%). «In questo senso l’Italia si è dimostrata più virtuosa di altri paesi – riferisce il presidente di FICOG, Carmine Pinto, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia medica dell’Asul Irccs di Reggio Emilia – anche rispetto agli Stati Uniti, dove, man mano che aumentava il contagio legato alla malattia, si registrava una riduzione progressiva dell’arruolamento dei trial, con una più forte incidenza sugli studi che riguardavano il controllo del cancro e la prevenzione».
Prosegue Pinto: «Ad oggi permane la prassi di una migrazione dei pazienti tra centri diversi, in particolare tra Sud e Nord della penisola (77%). Anche per risolvere questa criticità, che in questo periodo di emergenza sanitaria è venuta alla luce ancor più prepotentemente, l’organizzazione di reti tra centri di ricerca potrebbe rappresentare una soluzione efficace. Tuttavia tra i centri oncologici permane ancora un fondato timore di non poter accedere a risorse per proseguire gli studi clinici (62%)».
La ricerca di laboratorio
Quando tuttavia dalla ricerca clinica passiamo a quella di laboratorio, vediamo come l’impatto dell’emergenza si sia fatto sentire in tutta la sua forza. Come ci spiega Nicola Normanno, Presidente della Società Italiana di Cancerologia (Sic) e Direttore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli, «durante le prime tre settimane di maggio in lockdown, le attività di ricerca scientifica oncologica nel nostro paese si sono ridotte nel 93,5% dei casi, con una sospensione totale delle attività di ricerca in presenza del 48% e parziale del 36%. Cosa significa questo? Un fermo del lavoro di ricerca di laboratorio anche soltanto di pochi mesi può comportare un ritardo anche di due anni in termini di scoperte scientifiche. Se il sistema di ricerca sul cancro si ferma, significa che si fermano le scoperte, quelle che ci permettono di ridurre la mortalità per malati di cancro».
Conclude Normanno: «Benché questi dati risalgano allo scorso lockdown, col protrarsi della pandemia possiamo considerarli ancora attuali, anche perché molti ricercatori per la loro giovane età non sono ancora stati vaccinati».
Alessandra Ferretti
28/4/2021 https://www.scienzainrete.it
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