MERCI E LAVORO 

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I banconi dei supermercati straripano di «buona» frutta, ma anche di tanti altri prodotti. E spesso sono anche a prezzo stracciato: per un chilo di uva 99 centesimi, per uno di banane, provenienti da ogni angolo del mondo, 69 centesimi, meno di 1 euro e 50 per portarsi via un chilogrammo di kiwi!
Noi ci riforniamo lautamente, ignorando chi è costretto a recuperare gli avanzi dalle pattumiere, perché anche a quei prezzi non può permettersi di acquistarli, ma anche chi ha coltivato, raccolto e trasportato quella merce, per pochissimi centesimi o frazione di essi. E così il coltivatore/raccoglitore sfruttato (dal padrone, da caporale, dal distributore, …) ci lascia la pelle.

Ed è così, per pochi spiccioli, che ci lasciano la pelle (e non solo in modo figurato) gli operatori della «logistica»:  settore alla ribalta per il più alto grado di sfruttamento e di violazione dei diritti sindacali e «umani»,  a partire da quello principe:  il diritto alla vita!

Ecco spiegata l’assurda morte per investimento del 53enne egiziano, padre di cinque figli, che mentre partecipava a Piacenza ad una mobilitazione sindacale per rivendicare proprio quei diritti, è stato travolto da un camion condotto da un suo co-sfruttato, aizzato dal padrone di turno. Ed ecco spiegata la non meno assurda perdita della vita del 57enne di Lucca, investito e trascinato da un autoarticolato in manovra guidato da un autista, suo compagno di sventura nel trasporto di frutta «fresca» dai porti di importazione toscani agli innumerevoli centri di distribuzione sparsi nell’hinterland milanese (e di tutta la nazione), in perenne lotta contro il tempo e la produttività: sacro totem dei nostri tempi.

L’esigenza di approvvigionamento di merci di ogni tipo, in sempre minor tempo e sempre più fino a casa nostra ha trasformato il settore trasporti e logistica in un vero e proprio inferno, in cui i vari operatori sono costretti a sgomitare, con il proprio camion o con quello del padrone  (non saprei proprio dire chi è più sfigato), per stringere i tempi di trasporto, violando la legge, mettendo a rischio la propria e altrui incolumità e magari con qualche «aiutino farmacologico»  per tenersi sveglio e reattivo. E, una volta giunti a destinazione, accelerare le operazioni di posizionamento in ribalta, di scarico e di esaurimento delle procedure burocratiche, per essere immediatamente pronti per un nuovo «viaggio» verso una nuova piattaforma logistica diventata più pericolosa di un porto di mare e che, come questo, necessiterebbe di un elevatissimo coordinamento tra i diversi attori (in realtà inesistente) e, perché no, di manovratori  autonomi che, al pari dei rimorchiatori nel porto, veicolino a destinazione i containers privati della motrice!
I controlli degli organi di vigilanza sulla sicurezza sul lavoro sono sempre più rari
e sempre più spesso impegnati ad appurare le cause a posteriori, quando il danno,
compresa la morte del lavoratore, è fatto.
Nell’ultimo episodio in ordine di tempo, la dinamica degli eventi, dicono le cronache, è ancora in corso, ma le cause, quelle vere, le conosciamo tutti!

Claudio Mendicino

medico (pubblico) del lavoro, Milano

www.medicinademocratica.org

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