Migranti e salute: cade la leggenda delle malattie portate dai rifugiati
«Esiste un rischio molto basso che rifugiati e migranti trasmettano malattie alla popolazione del paese ospitante». È il sunto, avvalorato da dati e ricerche puntuali, del primo Rapporto sulla salute dei rifugiati e migranti in Europa, pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità e sviluppato in collaborazione con l’Istituto nazionale per la salute, migrazione e povertà (Inmp), sfatando così una credenza che ha cominciato a diffondersi già dalle prime ondate migratorie nei paesi europei.
«Poiché i migranti e i rifugiati diventano più vulnerabili della popolazione ospitante al rischio di sviluppare malattie – afferma Zsuzsanna Jakab, direttore regionale dell’Oms per l’Europa – è necessario che ricevano un accesso tempestivo a servizi sanitari di qualità, come tutti gli altri. Questo è il modo migliore per salvare vite umane e ridurre i costi di trattamento, oltre a proteggere la salute dei cittadini residenti».
Tutela e promozione della salute dei migranti: la situazione e i falsi miti
I 53 paesi della regione Europea dell’Oms hanno una popolazione di quasi 920 milioni di persone, che rappresentano quasi un settimo della popolazione mondiale. I migranti internazionali costituiscono il 10% (90,7 milioni) della popolazione totale nella regione europea dell’Oms e il 35% della popolazione migrante internazionale globale (258 milioni). In alcuni paesi europei, i cittadini stimano che ci siano 3 o 4 volte più migranti di quanti ce ne siano realmente.
Tra i falsi miti – evidenzia il report – c’è la credenza che i migranti trasmettano alla popolazione del paese ospitante malattie. Ma secondo il report il rischio che questo accada è molto basso. Al contrario, è proprio la loro condizione di migrante a favorire l’insorgere di malattie.
Durante il viaggio, infatti, è più probabile che le condizioni a cui sono esposti i migranti, li portino a contrarre infezioni, ad esempio. Molti, inoltre, arrivati nei paesi ospitanti, vivono in condizioni di povertà e la permanenza nei paesi di accoglienza aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ictus o cancro. Poiché i migranti e i rifugiati rischiano di cambiare stile di vita, dedicandosi meno all’attività fisica e consumando meno cibo sano, sono anche più inclini a fattori di rischio per malattie croniche.
Leggi anche: Immigrazione: viaggio tra verità e bufale sui migranti in Italia
Vulnerbilità diffusa: le condizioni di salute degli immigrati
Rifugiati e migranti possono essere vulnerabili alle malattie infettive a causa della mancanza di assistenza sanitaria o assistenza interrotta nel paese di origine, a causa dell’esposizione alle infezioni e alla mancanza di cure durante il viaggio o se le condizioni di vita sono di povertà nella nazione di accoglienza. Lo rivela il report dell’Oms, secondo il quale ci sono evidenze di rischi molto bassi di trasmettere malattie dal rifugiato alla popolazione del paese ospitante.
Per quanto riguarda l’Hiv, ad esempio, una significativa porzione di rifugiati e migranti che sono Hiv positivi contrae l’infezione dopo l’arrivo in Europa.
Leggi anche: Stranieri in Italia: gli irregolari nel report del Naga
Rifugiati e i migranti hanno un rischio più basso per tutte le neoplasie, tranne che per il cancro cervicale, che tuttavia è più probabile che venga diagnosticato in una fase successiva alla comparsa della malattia. In generale, rifugiati e i migranti hanno una maggiore incidenza, prevalenza e tasso di mortalità per quanto riguarda l’insorgere del diabete rispetto alla popolazione ospitante, con tassi più elevati nelle donne rispetto agli uomini.
Si consideri inoltre che la violenza sessuale può verificarsi per rifugiati e migranti in regime di transito e nei paesi di destinazione, creando così una maggiore vulnerabilità alle infezioni sessualmente trasmesse.
Diritto alla salute dei migranti: i disturbi mentali
La prevalenza dei disturbi mentali nei rifugiati e nei migranti mostra che i problemi di salute mentale possono insorgere durante le fasi del processo migratorio e manifestarsi una volta arrivati nel paese ospitante. Il disturbo da stress post-traumatico, il disturbo dell’umore e la depressione, sono le problematiche più frequentemente riportate tra i migranti internazionali, principalmente per rifugiati e richiedenti asilo appena arrivati.
Ad esempio, la prevalenza di depressione nei rifugiati e nella popolazione migrantevariava dal 5% al 44%, a confronto con una prevalenza dell’8-12% nella popolazione generale. Cattive condizioni socioeconomiche, come la disoccupazione o l’isolamento, sono associati a tassi più elevati di depressione nei rifugiati dopo il reinsediamento.
Leggi anche: Immigrazione: racconti del disagio mentale che colpisce i profughi
I migranti per motivi di lavoro costituiscono il gruppo più numeroso di migranti a livello globale. Circa il 12% di tutti i lavoratori nella Regione europea erano migranti nel 2015. E anche per questa categoria il report evidenzia come i lavoratori migranti – di sesso maschile in particolare – sono maggiormente esposti al rischio di lesioni rispetto ai non migranti.
Salute mentale dei bambini migranti: il rischio di disturbi psichici
La migrazione è stata anche considerata come un fattore di rischio per la salute mentale dei bambini, specie per ciò che riguarda i minori non accompagnati, che presentano più alti tassi di depressione e sintomi di stress post-traumatico rispetto ad altri gruppi di rifugiati e migranti. I bambini rifugiati e migranti, inoltre, potrebbero essere più inclini ad avere problemi di salute legati all’alimentazione, sia malnutrizione sia sovrappeso/obesità.
Leggi anche: Bambini: i diritti violati di infanzia e adolescenza
«Ottenere una vera immagine del profilo di salute di rifugiati e migranti e delle risposte del sistema sanitario attraverso la raccolta di dati standardizzati regionali e condivisione, dialogo politico aperto e impegno – conclude la Jakab – è fondamentale per raggiungere la visione di Salute 2020, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e una copertura sanitaria universale».
Felicia Buonomo
5/2/2019 www.osservatoriodiritti.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!