Migranti. Raed, 6 anni
Seguendo le principali rotte dei migranti/profughi lungo i confini d’Europa, ho focalizzato l’attenzione anche sulle frontiere marittime, nello specifico Bari ed Ancona. Condivido un estratto di quel racconto corale, composto da percentuali, tracce, dati a tratti invisibili.
Dalle Bocche del Rodano a via Dalmazia, parallela di corso Sonnino, Bari. Il mattino è divinamente fresco e calmo. Pescatori rugosi approvano i capricci degli astri fumando sigari Pedroni. Metà rione aspetta il proprio turno all’INPS. Si fa largo il suono stridulo di una sirena lontana e con essa Erminia, operatrice A.S.G.I, una pietra rossa appesa al collo affusolato. “Siamo molto attenti ai dati. Chiediamo sempre le percentuali dei respingimenti tenendo sotto d’occhio quasi tutto ciò che accade tra Taranto e Ventimiglia. Dal 2017 il porto di Bari è la frontiera aeroportuale che respinge più migranti. Secondo i dati del Ministero dell’Interno pubblicati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione (nel dossier statistico del 27 ottobre 2017), in tutta Italia dal 1° gennaio al 15 ottobre 2017 risultano 16.388 le persone rimpatriate, di cui 2.869 dal porto di Bari, 1.337 da Brindisi, 223 da Ancona e 107 da Venezia. Ci interfacciamo anche con sbarchi rintracciati, come battelli a vela o piccole imbarcazioni; non abbiamo testimonianze dirette ma presumiamo che con la chiusura del confine serbo molte arrivino dalla Turchia, dalla Grecia, dall’Albania o dal Montenegro, poiché sbarcano nel Gargano. Poi ci sono anche gli sbarchi non rintracciati, ossia zattere o barchette autonome… Metti insieme tutto e capisci che le rotte marittime sono ancora aperte.
Da marzo 2018 i dati ufficiali degli arrivi sono sospesi, il Ministero dell’Interno non li ha più aggiornati, il che fa pensare che dall’alto nascondano volutamente la realtà dei fatti. Ci affidiamo dunque ai monitoraggi autonomamente effettuati. Stando al 15 marzo 2019 (statistica più recente) le nazionalità dichiarate al momento dello sbarco sono molteplici: Tunisia 20%, Bangladesh 17%, Algeria 14%, Iraq 11%, Somalia 8%, Iran 7%, Senegal 6%, Guinea 5%, Eritrea 3%, Egitto 3%, Altre 6% (quest’ultimo dato potrebbe comprendere immigrati per i quali sono ancora in corso le attività di identificazione). – spiega minuziosamente Erminia, tirando le tapparelle – Il 22 settembre 2018, al porto di Venezia, siamo riusciti a far sbarcare dodici persone di cui sei minori… Viaggiavano in crociera con documenti falsi, erano turchi. A essi era stata negata la possibilità di chiedere protezione internazionale in Italia, nonostante avessero manifestato la volontà di farlo. I richiedenti sono riusciti a segnalare direttamente ad alcune associazioni la loro presenza mentre venivano riportati in Grecia.
L’associazione che presta servizio alla frontiera, una volta contattata tempestivamente, ci ha riferito di non poter intervenire in alcun modo. Supportati da A.S.G.I i clandestini sono riusciti a manifestare la loro volontà di chiedere asilo direttamente al comandante della nave, a far valere il loro diritto e a scendere dunque al porto di Bari dove la nave crociera doveva fare tappa. Lo stesso giorno, pur se festivo, hanno formalizzato la richiesta di protezione internazionale presso la questura di Bari. Dopo circa due settimane hanno sostenuto l’audizione presso la Commissione territoriale e ottenuto tutti il riconoscimento dello status di rifugiati. Secondo informazioni informali raccolte, già in passato si erano verificati episodi di respingimento nei confronti di cittadini stranieri presenti su navi crociera provenienti dalla Grecia. L’associazione di cui faccio parte è un buon osservatorio, perché funge anche da sportello per una tipologia di immigrazione che non fa rumore, ma che a breve esploderà come già accaduto in passato. Durante il periodo della ricerca indipendente “Accesso alla richiesta di protezione internazionale” (aprile-ottobre 2018) sono state raccolte ventuno interviste di richiedenti asilo che hanno riferito di essere arrivati nella città di Bari dopo aver attraversato l’area portuale, venendo dalla Grecia nascosti sotto i tir.
Le persone intervistate sono prevalentemente di origine afgana, irachena, pachistana, ma anche siriana, curda, iraniana, bengalese. Tutte hanno raccontato di aver subito richiesto l’asilo in Italia, ma di non aver avuto accesso alla procedura e di essere stati immediatamente respinti, senza aver ricevuto alcuna informativa legale e senza aver incontrato associazioni o enti di tutela. Alcuni hanno detto di aver ricevuto fogli, ma di non conoscerne il contenuto perché non erano presenti mediatori culturali o traduttori… Spesso hanno dichiarato di aver ricevuto pressioni per firmarlo: non è stato possibile visionare alcuna documentazione perché non più in loro possesso. Altri invece hanno dichiarato di non aver ricevuto alcuna documentazione scritta al momento del respingimento e che non li è stato permesso neanche di scendere dalla nave. Secondo quanto riferito da tutti i richiedenti intervistati, non è stato chiesto loro il motivo della migrazione, per lo meno non in una lingua comprensibile. Infine, alcune delle persone che hanno dichiarato di essere state precedentemente respinte, erano minori non accompagnati… Altri hanno invece dichiarato situazioni di vulnerabilità (traumi, disabilità, disagi vari) che non sono state prese in considerazione. Vorremo intensificare il monitoraggio, andare a Patrasso o Durazzo per informare i migranti sui pericoli, sulle procedure legali, sui diritti calpestati, ma siamo pochi e il porto è nuovamente militarizzato.” conclude Erminia, esaustiva, sommersa da trilli telefonici e scartoffie. Entrambi non sappiamo ancora che tra un mese scarso, dopo quattro anni di ricerche, l’emblematica inchiesta sull’incendio del Norman Atlantic verrà chiusa. Il 28 dicembre 2014 il traghetto era andato a fuoco mentre navigava tra Igoumenitsa e Patrasso, diretto ad Ancona. A bordo, oltre cinquecento persone registrate e diversi clandestini. Impossibile sapere quanti.
Sicuramente c’era Raed, un profugo scampato dalla guerra in Siria. Di lui non si saprà più nulla. Non aveva ancora compiuto sette anni. Quella notte sono morte ufficialmente trentuno persone; sessantaquattro i feriti accertati. Nessuno può sapere quanti altri migranti sono rimasti intrappolati nei bassifondi della tomba, sciolti tra le fiamme dopo aver sborsato 1.000 euro per un passaggio fatale. Raed come Alan, infanzie stroncate dall’incuria, elevate dagli archetipi biblici: le acque del diluvio universale nel mare Egeo; le fiamme dell’Adriatico, suprema manifestazione di Dio che rinnova il cuore dell’uomo. Infine mi domando se esiste una sottile correlazione tra l’oscuramento dei dati da parte del Ministero dell’Interno e le campagne elettorali, le propagande xenofobe e le logiche guerrafondaie in atto?
Giocando con questi pensieri rimango sulla battigia a guardare le onde rompersi e ricompattarsi.
Matthias Canapini
20/12/2023 https://www.unimondo.org/
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