Migranti trattenuti nei Cpr e poi abbandonati ai loro disagi psichiatrici
Entrano nel centro per il rimpatrio ( Cpr) in condizioni di serie vulnerabilità psichiatriche senza una adeguata presa a carico. Vengono solo separati dalla restante popolazione detenuta. Non solo. Scaduti i termini massimi di trattenimento presso il Cpr, vengono abbandonati a sé stessi, senza fargli intraprendere un percorso terapeutico presso strutture protette. Questo è il quadro dipinto dal rapporto del Garante nazionale delle persone private della libertà a seguito della visita del 14 giugno scorso presso il Cpr di Torino. Eppure sono chiare le disposizioni del Regolamento unico Cie e degli Allegati allo schema generale di appalto approvato con decreto del ministro dell’Interno del 29 gennaio 2021.
Dalla lettura di tali disposizioni, come si legge nel rapporto del Garante inviato al ministero dell’Interno, emerge chiara l’indicazione che i medici del centro di Torino debbano mantenere alta e assidua l’attenzione verso la manifestazione di condizioni di salute, sfuggite o non presenti nel corso della visita preliminare all’ingresso, che potrebbero comportare l’incompatibilità con la permanenza all’interno del Cpr.
Il compito, come osserva il rapporto, appare particolarmente importante con riferimento alla comparsa di segni di disagio mentale, talvolta emergenti solo dopo un periodo di osservazione e pertanto di difficile individuazione nell’ambito delle celeri verifiche realizzate prima dell’accesso alla struttura. «In tal caso – evidenza il Garante – il ruolo del sanitario è fondamentale nell’approntare le urgenti misure di tutela, avviare con la massima celerità le opportune verifiche specialistiche e promuovere una nuova valutazione di idoneità da parte della competente Autorità sanitaria pubblica».
Eppure, il primo problema rilevato dal Garante riguarda la valutazione che deve essere continuamente aggiornata rispetto alla compatibilità delle condizioni di salute della persona trattenuta. Se da una parte i medici dell’Ente gestore del Cpr di Torino, come rilevato, si prestano ad accertare l’idoneità alla vita comunitaria in sostituzione di un medico del Servizio sanitario nazionale, dall’altra omettono di esercitare una simile prerogativa – si ribadisce comunque per norma non di loro competenza – nei confronti di una persona che sia già trattenuta. Ne consegue che persone che versano anche in condizioni di seria vulnerabilità psichiatrica permangono all’interno della struttura, dove vengono semplicemente separate dalla restante popolazione detenuta senza un’adeguata presa in carico delle vulnerabilità di cui sono portatrici e un’assistenza congrua alle loro specifiche esigenze sanitarie.
Il Garante, a tal proposito, denuncia una situazione emblematica di A. M., che ha fatto ingresso nel Cpr il 7 aprile 2021 esprimendo fin da subito un’evidente vulnerabilità individuale tanto che all’ingresso è stato immediatamente collocato nella cosiddetta area “Ospedaletto”. Malgrado la tempestività dimostrata nel separarlo del resto della popolazione trattenuta, dalla cartella sanitaria emerge che, in seguito alla visita effettuata all’ingresso, il cittadino pakistano è stato visitato dal medico del Centro ben un mese dopo il suo arrivo, in data 7 maggio e la valutazione psichiatrica è stata richiesta solo l’ 11 maggio. Ciò, nonostante i segni del disagio fossero evidenti e l’interessato continui tuttora – a quanto consta a questo Garante – a permanere all’interno dei locali di isolamento sanitario. Il caso non è isolato dal momento che nelle settimane antecedenti alla visita, il Garante nazionale era stato informato dalla Garante comunale della presenza all’interno dell’area “Ospedaletto” di altre due persone affette da disagio mentale che poi erano state rilasciate senza, peraltro, alcuna misura di sostegno. A tal proposito, ora sappiamo che il ministero ha chiuso tale area a seguito della raccomandazione del Garante.
Emerge anche un altro problema. Nel corso di un confronto emerso nel corso della visita del Garante è emersa l’opinione dell’Autorità di pubblica sicurezza in base alla quale per le persone affette da seri disturbi psichiatrici, rilasciate con l’ordine di allontanamento del Questore una volta esauriti i termini massimi di trattenimento, non sarebbe in alcun modo possibile prevedere e promuovere percorsi terapeutici e ricoveri in strutture protette trattandosi di persone in posizione di irregolarità.
Il Garante nazionale dissente da tale prospettazione. Questa, del resto, non appare condivisa anche dalla Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, la quale nella risposta al Rapporto sulle visite effettuate nei Centri di permanenza per i rimpatri ( Cpr) nel corso del 2019 e 2020 si è impegnata a richiamare «l’attenzione dei Prefetti affinché, anche in fase di rilascio dai Cpr, vengano prestate le cure e l’assistenza necessarie a tutelare l’integrità fisica dei migranti, nell’ambito del vigente ordinamento».
Damiano Aliprandi
10/9/2021 https://www.ildubbio.news
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