Militarismo nelle scuole per nuovi balilla

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ADDESTRAMENTO E NORMALIZZAZIONE: LA SCUOLA CON L’ELMETTO. Il silenzio delle famiglie

La Scuola è sempre stata un oggetto del desiderio dei governi, in quanto possibile veicolo di egemonia culturale e strumento di consenso di massa. Lo è stata ancor più di quelli autoritari, che la considerano come mero strumento per il controllo sociale e l’affermazione ideologica. Come non evocare di questi tempi, in cui tornano senza pudore richiami “a quando c’era lui” lo slogan “libro e moschetto fascista perfetto”? Nel Ventennio, fin dalle elementari, l’associazione tra studio e addestramento al combattimento si rendeva visibile persino dalle severe divise, che dovevano indossare i bambini per recarsi a scuola, in sostituzione dei grembiuli, e da sussidiari infarciti di retorica guerresca, dove venivano esaltati eroi di varie epoche, dai centurioni romani ai soldati della più recente Prima Guerra Mondiale. Naturalmente, a proposito di quest’ultima, si taceva accuratamente, in quei libri, il costo umano in termini di morti e feriti e le conseguenze economiche disastrose per moltissime famiglie italiane e l’intero Paese, nell’immediato dopo guerra.

La Resistenza e poi la Costituzione repubblicana, con l’inequivocabile articolo 11, rovesciò tutto questo apparato ideologico, inaugurando una stagione in cui il valore della pace, dell’inclusione e della solidarietà entrò nelle scuole, radicandosi nel suo modo di essere e coinvolgendo anche i/le docenti più refrattari ai principi costituzionali.

Sappiamo poi cosa è successo nel Bel Paese, con la progressiva subordinazione alla NATO e agli Stati Uniti, processo di cui non si può certo dare la responsabilità alla sola destra, ma che insieme alla fascinazione del mercato e dell’impresa, intrecciata al controllo delle risorse e dei mercati, da parte del così detto Campo Occidentale, ha trasformato il PDS/DS/PD in un partito sempre più subalterno alle direttive della NATO. A differenza del PCI, che aveva un legame forte con la Costituzione, pur venendo sempre più attratto dal modello statunitense e divenendo intollerante verso lo slogan “Fuori l’Italia dalla NATO”, il partito che lo aveva dissolto si è via via schierato chiaramente con l’Alleanza Atlantica. Più realista del re, ha contemporaneamente assunto la centralità dell’impresa e del mercato (leggi capitalismo) e addirittura è divenuto complice delle guerre ingaggiate dalla NATO nel mondo.

Nel 1999 il governo D’Alema contribuì all’offensiva dell’Alleanza Atlantica contro la Serbia, nonostante non vi fosse neanche l’approvazione dell’ONU, inaugurando così una stagione di condivisione di ogni iniziativa della NATO, fino alla guerra attuale in Ucraina. In quel periodo furono numerose le iniziative nelle scuole e delle scuole contro la guerra, grazie alla diffusione dell’educazione alla pace soprattutto nella scuola di base, ma non solo, e all’impegno trasversale alle materie di studio in obbedienza alla Costituzione.

La memoria di questi passaggi è importante, per comprendere l’intreccio tra assunzione della centralità della Nato con quella dell’impresa e del mercato, perché proprio negli stessi anni e con lo stesso governo, Luigi Berlinguer varava la riforma della scuola, che introducendo come regolamento per l’autonomia scolastica la possibilità di ricevere fondi anche da enti o soggetti privati, apriva le porte a un intervento sempre più invasivo di imprese e di soggetti esterni alla comunità didattica. Da allora la “collaborazione” delle scuole con imprese e altri enti, specialmente negli indirizzi più soggetti a quell’aggressione culturale, come gli Istituti Tecnici e Professionali, è cresciuta di governo in governo, sia che fosse di centro sinistra che di centro destra.

Anche la riduzione costante delle risorse, di cui disporre, ha naturalmente esposto le scuole alle sirene dei finanziamenti dei progetti da parte di esterni, allontanandole sempre più dalla finalità costituzionale del diritto allo studio e della libertà dell’insegnamento.
L’obiettivo dell’addestramento, per la formazione di competenze separate tra di loro, piuttosto che di una cultura a tutto tondo, è diventato lo strumento per mortificare le attitudini alla creatività e alla flessibilità di pensiero, qualità preziose per lo sviluppo delle intelligenze, ma pericolose per un potere che deve controllare tutti i gangli della società, per sentirsi al sicuro. Non a caso le agenzie che per Confindustria si occupano di Scuola, anche con l’ausilio di collaboratori esponenti del PD, hanno ispirato non solo il linguaggio assunto fin dalla riforma Berlinguer, con i debiti, i crediti, l’offerta formativa ecc., ma anche la riduzione delle ore d’insegnamento di discipline come la Storia e la Filosofia considerate superflue.

Il mondo della scuola, che in alcuni decenni ha resistito alle controriforme che via via l’investivano, doveva anche essere normalizzata, per poter subire passivamente l’egemonia dei poteri dominanti. Normalizzazione indispensabile, per un settore della società strategico per realizzare quella di tutti gli altri settori. La “meritocrazia”, adottata anche nel titolo dell’attuale ministero, la caratterizzazione di “progettificio” con relativa frantumazione tra Istituzioni scolastiche, la gerarchizzazione, con la trasformazione dei direttori didattici e presidi in dirigenti con poteri aumentati e supportati da staff scelti da loro, hanno cambiato la natura della Scuola della Repubblica. Un processo non ancora completato, stante la caratteristica collegiale intrinseca del lavoro nella Scuola, che ne salvaguarda in parte principi, metodi, comportamenti.

Se si aggiunge a tutto questo la ricattabilità di un quarto dei docenti nella condizione di precari anche per diversi anni, si comprende come oggi la resistenza di alcuni settori del personale all’invasione delle scuole da parte di nuovi soggetti, come quelli militari, abbia un carattere quasi eroico.

Non deve sfuggire la connessione odierna tra interessi economici e guerra, diventata lo strumento per cercare di mantenere quel primato dell’Occidente, sempre più minato dalle proprie contraddizioni. Il mondo della Scuola, che a lungo ha dovuto subire la pervasività imprenditoriale, si trova oggi a subire anche quella militare. Il braccio armato, in senso letterale, dell’economia, se ne occupa sempre più e attraverso diverse forme e modalità invade un corpo talmente ferito da essere sempre meno in grado di reagire. Così l’alternanza scuola/lavoro, nata per irreggimentare studenti e studentesse nelle logiche di un mondo del lavoro povero e precario, che i /le giovani devono accettare com’é, diventa anche il veicolo per inserirli direttamente in quello militare.

Nel 2023 è stato avviato nella base militare USA-NATO di Sigonella in Sicilia un percorso di competenze trasversali per l’orientamento, per sette istituti scolastici. Un progetto rivolto a 350 studenti, che in virtù di una convenzione con la base aerea, favorita se non richiesta dal ministro Valditara, hanno svolto un percorso di alternanza scuola/lavoro e avrebbero “acquisito” competenze trasversali in una base impegnata nella

guerra, ossia nella morte di tanti e tante giovani poco più grandi di loro. Altro che educazione alla Pace!

Persino il Natale, simbolo di pace e fratellanza, nello scorso anno è stato contrassegnato a Modena dalla presenza, in piazza XX settembre tra le bancarelle, di un carro armato guidato da Babbo Natale, presentato come opera d’arte, ma che la dice lunga su come un micidiale oggetto di guerra, con un significato simbolico ben preciso, possa essere considerato elemento decorativo in un mercatino natalizio, dove per i bambini un oggetto così imponente è diventato un luogo di gioco, un’attrazione da scalare.

Sempre più numerose poi sono le visite in classe di militari che fanno “orientamento”, soprattutto in quelle terminali, per indurre alla carriera militare studenti e studentesse, evidentemente necessari per aumentare gli organici, in previsione della permanenza e dell’estensione delle guerre, delle quali naturalmente non si parla in quegli incontri, dove ci si limita a prospettare carriere piene di vantaggi.
A Roma alcune scuole superiori hanno realizzato progetti con la Leonardo, la fabbrica della morte, che ne ha realizzati molti anche con diverse Università italiane.

Nessun luogo è ormai al riparo dalla pervasività della militarizzazione, è successo recentemente nel reparto pediatrico dell’ospedale di Belcolle a Viterbo, che ai bimbi ricoverati è stato regalato, da studenti di un’istituto superiore della città, un bel cappellino rosso con il logo della Leonardo. Gli studenti che avevano ricevuto i cappellini in dono dalla maggiore industria europea di armi, che ha moltiplicato i propri profitti in soli tre anni, hanno pensato sicuramente di fare cosa gradita a dei bimbi malati, ai quali portare conforto, senza rendersi conto di veicolare una sorta di messaggio pubblicitario, in senso ideologico, di un’industria che non solo produce armi micidiali, ma è addirittura partner dei programmi strategici di molti governi.

Sapere che un gadget, con un logo presente anche sulle armi che stanno contribuendo ad uccidere migliaia di bambini in Palestina, viene regalato ad altri bambini in difficoltà, per rallegrarli, non può suscitare che orrore e indignazione, oltre alla preoccupazione per l’uso di ragazze e ragazzi inconsapevoli di aver regalato simboli di morte e sofferenze.

Loredana Fraleone

Resp. nazionale PRC Scuola, università, ricerca

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