Misurare le molestie
Come studiose, abbiamo sempre sottolineato la necessità e l’importanza di avere a disposizione dati che siano in grado di descrivere i fenomeni. Nell’ambito dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini e delle cittadine relativa al periodo 2022-2023, l’Istat ha rilevato i dati relativi alle molestie a sfondo sessuale sul luogo di lavoro attraverso un apposito modulo rivolto alle persone in età compresa fra i 14 e i 70 anni, che sono state intervistate sia telefonicamente che di persona.
Le molestie erano state rilevate anche nelle edizioni precedenti della stessa indagine, a partire dal 1997-1998. Nell’indagine 2022-2023 è stata però posta un’attenzione specifica alle molestie sul lavoro e a quelle facilitate dalla tecnologia. A questo punto è possibile disporre di dati affidabili, in grado di descrivere la dimensione del fenomeno sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
La Tabella 1 riporta la quota di uomini e donne che hanno subito molestie sul posto di lavoro nel corso della vita, per sesso e per tipo di molestia. Le donne che hanno subito almeno una molestia nella loro vita lavorativa sono il 13,5%, contro il 2,4% degli uomini, con una percentuale di 5,6 volte superiore.
Tabella 1. Donne e uomini che hanno subito molestie sul posto di lavoro nel corso della vita, per sesso e per tipo di molestia, anno 2022-2023, per 100 donne e per 100 uomini tra i 15 e i 70 anni (valori percentuali)
La molestia più frequente riguarda gli sguardi percepiti come inappropriati, e che hanno fatto sentire una donna a disagio (10,26%). Seguono inviti inopportuni a uscire che hanno fatto sentire le donne offese, umiliate o intimidite (3,89%), scherzi osceni di natura sessuale o commenti offensivi sul corpo o sulla vita privata (3,31%). Le più esposte a questo tipo di fenomeno sono le donne con licenza media inferiore (6,3%), seguite da quelle con licenza media superiore (5,9%) e laurea (5,8%). Dichiara di aver subito molestie fisiche sul luogo di lavoro il 2,9% delle donne, e in questo caso la percentuale più alta (2,8%) è quella composta da donne in possesso di licenza media inferiore.
La rilevazione focalizza l’attenzione anche sulla percentuale di uomini e donne che hanno subito una molestia sessuale sul posto di lavoro almeno una volta, divisa per classi di età.
Ci si aspetterebbe che le più esposte al fenomeno siano le donne più anziane, avendo avuto una vita lavorativa più lunga. Invece, come si vede nella Tabella 2, la percentuale più alta di donne che dichiarano di aver subito almeno una molestia sul posto di lavoro nel corso della vita ha un’età compresa tra i 14 e i 24 anni.
Tabella 2. Donne e uomini che hanno subito almeno una molestia sul posto di lavoro nel corso della vita per sesso ed età, anno 2022-2023, per 100 donne e per 100 uomini tra i 15 e i 70 anni (valori percentuali)
In realtà, il dato potrebbe significare che le giovani donne, più sensibili al tema, siano maggiormente in grado di riconoscere le molestie. Questa ipotesi sarebbe confermata da un altro dato, fornito dall’Istat in una nota metodologica, secondo cui il 13,1% delle donne che hanno subito almeno una molestia nella loro vita lavorativa è in possesso di una laurea, il 12,1% possiede un diploma di scuola media superiore, l’11,6% un diploma di scuola media inferiore e il 4,7% non ha nessun titolo di studio. La cultura sul tema e la giovane età contribuirebbero quindi ad aumentare la conoscenza del fenomeno.
Le persone che subiscono violenza spesso non sanno a chi chiedere aiuto. Come mostra la Tabella 3, che riporta la quota di persone che hanno risposto di conoscere figure professionali a cui rivolgersi per un supporto in seguito a una violenza, le percentuali tra uomini e donne in questo caso si equivalgono, anche se rimangono sorprendentemente basse: nel Nord-Ovest solo il 32,9% delle donne (una su tre) saprebbe a chi rivolgersi, percentuale che scende all’8,3% nelle isole (meno di una su dieci). I comuni tra i 2.000 e i 50.000 abitanti sono quelli con la quota più alta di persone che saprebbero a chi chiedere aiuto.
Tabella 3. Persone che hanno risposto positivamente in merito alla conoscenza di figure a cui rivolgersi per chiedere aiuto, per sesso, ripartizione e dominio, anno 2022-2023, per 100 donne e per 100 uomini fra i 15 e i 70 anni (valori percentuali)
La presenza di persone qualificate a cui rivolgersi rimane bassa soprattutto a Sud e nelle isole, come riportato nella Tabella 4. La risposta – affermativa o negativa – data in merito dalle persone intervistate non significa tuttavia che non esistano persone di riferimento, ma semplicemente che le persone non sono a conoscenza di quest’informazione.
L’indagine Istat ha chiesto inoltre a chi ci si rivolgerebbe in caso di molestie sul luogo di lavoro. Nonostante la presenza di figure professionali esperte, nel 40% dei casi le persone intervistate hanno risposto che farebbero riferimento a una persona della sfera familiare o di quella delle amicizie.
Tabella 4. Esiste una persona disponibile a cui fare riferimento per denunciare le molestie sessuali
La persona che mette in atto le molestie è nell’81% dei casi un uomo (nel caso in cui a subirle sia una donna), mentre gli uomini sono vittime di molestie da parte di altri uomini nel 42,5% dei casi. A molestare le donne sono perlopiù colleghi maschi (37,3%), o persone con cui si relazionano nel corso della loro attività lavorativa, come clienti, pazienti, studenti (26,2%). Spesso chi molesta reitera il comportamento, per cui la molestia viene compiuta più volte verso la stessa persona, a conferma del fatto che spesso si tratta di un comportamento radicato e consolidato, più che di un episodio accidentale.
I ricatti sessuali per ottenere un lavoro o un avanzamento di carriera si verificano per 2 donne su 100 e nel 95% dei casi sono messi in atto da uomini, come riportato nella Tabella 5.
Tabella 5. Donne che hanno subito almeno un ricatto a sfondo sessuale per essere assunte o mantenere il posto di lavoro/avanzare di carriera negli ultimi tre anni, per ripartizione geografica e tipo di comune, anno 2022-2023, per 100 donne dai 15 ai 70 anni (valori percentuali)
L’Istat sottolinea che, rispetto alle indagini precedenti, il numero di ricatti è in calo. Hanno contribuito a questo cambiamento non solo la maggiore sensibilità delle donne verso il fenomeno e una maggiore protezione legislativa e istituzionale per chi subisce violenza, ma anche la pandemia e il relativo cambio di abitudini: lo smart working e la possibilità di lavorare a distanza hanno ridotto le occasioni di contatto in presenza e quindi quel tipo di molestie.
Per quanto riguarda la gravità del ricatto, la maggior parte delle persone che lo ha subito negli ultimi tre anni (86,8%) lo ritiene molto o abbastanza grave. Poco più del 7,6% lo ritiene poco grave e il 5,6% afferma che si è trattato di un fatto “per niente grave”.
La maggior parte delle donne non denuncia i ricatti subiti (87,7%), e il 33,8% non lo fa per paura di essere giudicata. Altre motivazioni per non denunciare sono la vergogna e l’autocolpevolizzazione (23,5%), seguite dalla mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine, indicata dal 16,7% delle donne. Nel 39,8% dei casi la scelta è stata di non accettare il ricatto e rinunciare al lavoro. Il dato più rilevante è quello che ci dice che il 12,6% delle donne che hanno subito ricatti negli ultimi tre anni è stata licenziata o messa in cassa integrazione, o non è stata assunta.
Dai dati a disposizione emerge quindi, da un lato, una situazione in cui le donne subiscono ancora molestie sul lavoro e ricatti di tipo sessuale per essere assunte o mantenere il posto di lavoro. Dall’altro, che esiste una maggiore consapevolezza di ciò che può essere considerato una molestia – e non solo una battuta di cattivo gusto –, soprattutto tra le giovani donne e tra chi ha un livello di istruzione superiore.
Soprattutto al Nord, le donne si rivolgono a qualcuno a in caso di molestie sul lavoro, ma permane una certa sfiducia nel pubblico e si preferisce parlare con familiari, amici o amiche. E, accanto a quel 12,6% di donne che hanno perso il lavoro a causa delle molestie, la buona notizia è proprio l’introduzione della rilevazione da parte dell’Istat: solo misurando il fenomeno è possibile fronteggiarlo e gestirlo.
Barbara Martini
1/10/2024 https://www.ingenere.it/
Immagine: CreditsUnsplash/JJ Jordan
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