Mondo Convenienza, lo sciopero continua

L’attacco al presidio dei lavoratori di Campi Bisenzio si è rivelato controproducente: la lotta oggi compie 100 giorni, ritrova visibilità e si rilancia

Dopo il caldo infernale di agosto e il calo di attenzione mediatica sulla vicenda, gli agenti in tenuta antisommossa hanno confidato nella stanchezza e nella solitudine estiva e si sono presentati all’alba di lunedì 4 settembre insieme ai mezzi di pompieri e Alia provando a far piazza pulita del picchetto dei lavoratori di Mondo Convenienza, in sciopero da 100 giorni. Con modalità che i lavoratori di questo sito, e molti altri, hanno imparato a conoscere bene, gli agenti di polizia si sono accaniti contro una manciata di tende ree di dare un minimo di riparo a chi da tre mesi cerca di difendere i propri diritti davanti a un magazzino. Spazzare via – fisicamente, visibilmente e platealmente – il presidio per scardinare la posizione di forza conquistata in questi mesi di lotta e resistenza. Forse la holding ha scelto questa come strategia per impedire che si tenesse il tavolo di negoziazione – in programma per quello stesso lunedì – tra l’azienda e il sindacato. 

Qualcosa è però sfuggito nuovamente ai piani: tutt’altro che intimoriti i lavoratori licenziati dall’azienda non sono arretrati di un millimetro. In questi mesi non hanno ceduto alle offerte di riassunzione con il miraggio di migliorie fantomatiche, e non hanno ceduto lunedì scorso. Al loro fianco continua a essere attiva la rete di solidarietà del territorio costruita dal Sì Cobas di Prato e Firenze e che adesso si sta espandendo in tutta Italia attraverso l’appello «Mondo Convergenza».

Il presidio sta così resistendo anche a questo ultimo violento e avvilente attacco . Il tavolo è stato rimandato al 15 settembre, parteciperanno l’azienda e la Cgil, ma è preclusa qualsiasi rappresentatività dei lavoratori, dato che il sindacato confederale non può contare nessun tesserato tra le fila degli esternalizzati: la possibilità che si prendano decisioni sopra le loro teste quindi è molto elevata. «Il rischio è che si vada a un accordo prodotto senza nessuna dialettica con i lavoratori e che non si riesca a superare le ambiguità sul contratto da applicare. La nostra richiesta è che sia quello della Logistica. Se non si dovesse trovare un accordo soddisfacente, auspicabile sarebbe uno sciopero della filiera Mondo Convenienza, che coinvolga tutti i dipendenti delle diverse cooperative insieme a chi è assunto direttamente dall’azienda. Non ci interessa quale sarà la sigla che firmerà l’accordo, ma questo accordo deve rappresentare un miglioramento effettivo delle condizioni di lavoro», ci spiegano Francesca Ciuffi e Luca Toscano del Si Cobas.

L’azione poliziesca nei fatti si è rivelata controproducente per Mondo Convenienza, riaccendendo anzi i riflettori sulla vicenda e sul picchetto che oggi compie i suoi 100 giorni di lotta, richiamando all’azione associazioni e solidali e costringendo persino le blande istituzioni a venire allo scoperto.  «Ieri è stato dimostrato – prosegue Luca Toscano – che questa lotta ha una forza che può contare su reti di sostegno, scioperi di solidarietà, associazionismo. Una lotta che non riguarda solo i lavoratori e le lavoratrici di Mondo Convenienza nei magazzini di tutta Italia, ma in cui si riconoscono milioni di persone impiegate nel mondo degli appalti pubblici e privati, nel lavoro povero e senza garanzie in generale».

Tra rappresaglie dell’azienda contro le manifestazioni, sgomberi della polizia, la strutturale ambiguità delle istituzioni, le difficoltà dei rapporti sindacali e l’instabilità dei tavoli di contrattazione, l’unica certezza in questa storia è la fermezza dei lavoratori e delle lavoratrici, che nonostante i licenziamenti, i maltrattamenti delle forze dell’ordine, i 40 gradi estivi, sono ancora lì, davanti ai cancelli, imperterriti. Fjaz Ahmed uno dei licenziati in lotta, non ha dubbi su cosa lo spinge a rimanere in presidio ad oltranza: «Noi vogliamo cambiare questo sfruttamento che è sistematico, la nostra lotta è questa. Io non penso solo per me: se sono io a cambiare lavoro (sempre che si trovi un lavoro in cui vengono rispettati tutti i diritti) il sistema di illegalità e caporalato resterà, sia qui che nel resto dei magazzini di tutta Italia. Se invece vinciamo qui, altre persone capiranno che le cose possono cambiare e magari troveranno il coraggio di fare la loro parte». Ascoltandolo vengono i brividi, un pensiero di una semplicità e di una forza dirompente eppure così difficile da vedere applicato con tanta coerenza oggi.

«Pochi mesi dopo aver cominciato a lavorare qui – continua – ho subito capito che dovevamo fare sciopero per poter vivere una vita degna in Italia, come era successo in altre fabbriche e magazzini della zona. Ci è voluto del tempo per organizzarci, ma ora sappiamo che è l’unico modo e siamo determinati ad andare avanti fino alla vittoria». «C’erano una decina di camionette, tantissima polizia, vigili del fuoco… – aggiunge Mohamed Rehman – ed è stato molto brutto vedere tutte le nostre cose distrutte e buttate via, come se fossimo noi i criminali. Ma non ci fanno paura. Siamo pronti, se necessario, anche ad affrontare tutto l’inverno qui. Chiediamo solo i nostri diritti». 

Come dice anche Luca Toscano, «Senza lo sciopero, non è possibile ottenere qualcosa dai tavoli istituzionali. Molti sindacati hanno rinunciato a lottare perché «i lavoratori sono troppo precari per poter scioperare». Ma non c’è un altro modo per combattere il precariato e anzi sono i lavoratori con meno tutele che hanno la necessità di farlo. Qui a Mondo Convenienza, nel distretto tessile e nelle tante fabbriche che in questi anni hanno scioperato e vinto, stiamo dimostrando che non esistono lavoratori «non sindacalizzabili» o situazioni che non possono cambiare. Nonostante il ricatto dei permessi di soggiorno, la razzializzazione, il precariato, un sistema di quasi schiavitù che spesso obbliga le persone a lavorare 12 ore al giorno, in molti casi 7 giorni su 7 e un sistema che tutela solo i potenti, le cose stanno cambiando».

Difficilmente, in effetti, è possibile pensare di fermare uno sgombero. Quello che è successo in queste ore non è che la dimostrazione di una grande forza. Una vertenza che è tutt’altro che conclusa o che si appresta a firmare la resa (o ad accettare una resa firmata da altri!), ma anzi una forza in grado di porre i riflettori su un’ingiustizia sempre più plateale, smuovendo l’opinione pubblica e spingendo le istituzioni a intervenire, in controtendenza con le politiche che da anni portano avanti, in favore dei lavoratori.

Non si attende, comunque, il tavolo con le mani in mano. Per oggi è prevista un’assemblea pubblica con festeggiamenti per il centesimo giorno di lotta, per sabato 9 è programmata una manifestazione al Negozio dell’azienda, mentre in tutto il paese si organizzano giornate di mobilitazione ed eventi in sostegno allo sciopero.

Sono momenti difficili per chi sta resistendo già da mesi, quelle di questo tentativo di sgombero sono immagini che fanno rabbia in un paese che ama dirsi democratico. Ma nessuno qui ha intenzione di mollare. Una lezione di forza, coraggio e dignità di un gruppo di persone che si uniscono e decidono di lottare insieme, con un altro gruppo sempre più nutrito attorno che le abbraccia e le protegge. L’arroganza dei potenti sembrano sempre più piccola e spaventata. La speranza di cambiamento sembra sempre più concreta.

Alessio Nencioni delegato Cobas, lavoratore in appalto nelle biblioteche fiorentine, regista indipendente. 

Erika di Michele, laureata in scienze politica, attivista solidale del Si Cobas.

6/9/2023 https://jacobinitalia.it/

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