Monologo di un etilista
La serata volgeva al termine. I fumi del vino condiviso con gli altri autori della notte continuava a pungolare la mente di Renato, tornatosi a sedere per non distrarsi dal torpore. Ad un tratto, come per incanto, apparve Giusi con il broncio, gli occhi gonfi e la testa bassa, sembrava scossa alla vista del mondo al buio; ma sarebbe stato inopportuno come pensiero. Il maestro la invitò a sedere e chiese “mia amata, come mai sei già qui? Qualcosa non va?”
Giusi alzò il capo ed elencò i suoi malanni “il cliente con cui avevo appuntamento mi ha dato buca. Ho provato a rimanere, ma niente. Ormai sono tutte giovani in strada, quasi potrei essere la nonna. Sto male e depressa, dimmi qualcosa di carino, Professò!”
“Non saprei cosa dirti, cara Giusi mia, non vedi come sono ubriaco?” Si tolse la giacca e sedette stringendole la mano “anzi c’è una cosa che ho pensato stamattina. Non so se è bella… se avessi saputo che la vita mi avrebbe condotto a te, avrei iniziato il cammino molto prima, ma tanto tempo fa”. Giusi sorrise e baciò le mani del maestro “grazie tanto, mi mancano assai le parole dolci, ho visto solo uomini che pagano per avere una femmina… e menomale, altrimenti sarei rimasta scalza, senza scarpe”.
Daniele servì due bicchieri di rosso e diede il benvenuto alla bella del reame “Giusi hai portato un po’ di luce. Solitamente a quest’ora arriva sempre gente strana”. Lei apprezzò “grazie Daniele”. Nel frattempo fece ritorno Romeo, sbandava in modo evidente, eppure teneva stretto, sotto al braccio un pacchetto. Non riuscì a frenare e sbatté contro il bancone, malgrado ciò il pacchetto non cadde. Daniele andò subito al sodo “cos’hai sotto al braccio, Romeo?”
Anche Renato fornì la sua curiosità “vero, sarò anche ubriaco ma ho visto bene. Tieni quella scatola stretta, sembra che sia oro. Che hai Romeo?”
Finanche Giusi intervenne “a noi puoi dirlo”.
Egli si staccò dal bancone a fatica e mise in mostra il pacchetto con la carta tipica delle farmacie “Sono preservativi, cari Compagni. Io ho la mia amante e ci faccio quello che mia moglie mi ha sempre vietato. Chiamatemi traditore, vecchio maiale, da oggi in poi, se volete… non mi frega niente”. Giusi la prese a ridere “dove vai, Romeo? Devi moderarti, ormai non sei più un ragazzo”. Pure il maestro convenne “vero, devi moderarti col bere se vuoi avere pure l’amante”.
Romeo diede un altro colpo di whisky al fegato, inalò aria e spiegò la sua tesi “Gran brutta cosa essere moderati. Vivere da moderato, far l’amore da moderato, mangiare da moderato, bere da moderato. Gli altri sono nati per vivere tanto, ci tengono a vivere. Io spero solo di morire o con un bicchiere in mano o sopra una donna nuda”.
Uscì un sorriso beato anche dai pochi avventori, infatti un ragazzo presente già fuorviato, riaprì il dibattito “vuoi dire che tutto il resto non t’interessa?”
“Tu sei giovane, non lo sai, togli il mangiare, la patonza e il bicchiere, cosa rimane?”
“Non so… viaggiare, giocare, parlare con la gente, lavorare” disse il ragazzo.
“ Adesso vai dietro a tutto perché hai tempo da perdere”.
S’inserì il maestro per dar più fiato all’amico “Devi ancora superare tante montagne, poi devi correre e attraversare il fiume a nuoto e correre ancora tanto, per capire. Giusto che tu viva la tua vita e creda in quel che ti sembra giusto, non sentire noi andati, meglio che tu viva distante dai disillusi”.
Subito dopo chiese a Giusi di portarlo via “voglio tornare a casa, Giusi”. Vedendo il momento complicato, Daniele si avvicinò “professò, tutto ok? Non ci fare altri scherzi, mi raccomando”. Renato rassicurò tutti, mettendosi in piedi. Giusi lo prese per mano e lo portò fuori dal bar, mentre Romeo improvvisò altri discorsi. I discepoli e i filosofi di strada hanno sempre buoni alunni disposti ad ascoltare.
Camminando sottobraccio a Giusi, riprese coscienza della sua sbornia “che strano tornare con te a casa. Di solito mi fermo a parlare con qualche muro, con qualche lampione. Adesso ho te. E’ tanto per me, come un morto di fame che si sveglia e si ritrova ricco, che quasi si scorda d’esser stato povero, anzi non vuole saperne”.
La bella donna lo rincuorò cercando di stare al passo “pure per me è così. In una notte come questa sarei andata a dormire piangendo sotto le coperte, adesso ci sei tu. E’ tutto diverso”.
Renato la strinse a sé e rievocò un concetto lasciato nel bar “ha ragione, il Compagno Romeo. Gran brutta cosa essere moderati. Vivere da moderato, far l’amore da moderato, mangiare da moderato, bere da moderato, frenarsi prima di sfrenarsi, piangere prima di avvertire dolore. Il moderato è il compimento dell’opera, il jolly fisso, l’alternativa a basso costo, ma senza slancio; ignominia”.
Giusi lo riprese al volo “ma i moderati campano di più, caro Professore. Uno nasce per vivere, non per morire. Adesso andiamo a casa, che forse sei ancora troppo ciuco. Mio padre credeva di essere un pittore, girava con una sacca con dentro dei fogli arrotolati. Non aspettava altro che qualcuno gli chiedesse “ma lei che fa nella vita? Lui rispondeva “io sono un grande pittore”. Ci credeva davvero e non hai mai avuto un pennello in mano. Morto per aver ingoiato troppo vino. Si scolava due litri a pranzo e due litri a sera, fini a poco meno di 60 anni, gli ultimi cinque a girare per ospedali. Manco si ricordava d’avere figli. Lui non era un moderato, ma era uno stronzo lo stesso. Voglio vederlo in faccia sto Dio che pregano, ci vorrei fare due chiacchiere co’ sto tipo. Perché mi ha messo al mondo? Per patire? Poi gli devo dire di non fare altri danni, perché è uno sprovveduto e non si rende conto”.
Renato rise forte “sei fortunata, perché di certo io non sono un Dio, altrimenti ti avrei fulminato”.
Antonio Recanatini
Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti. Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
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