monologo di un etilista

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Quando Renato aprì gli occhi trovò Giusi con una tazza di caffè tra le mani e un sorriso smagliante, tra i più belli capitati in quella casa.  Sedette  ai piedi del letto e disse “Buongiorno Professò! Sai che ti dico?  La casa degli uomini fanno sempre un po’  schifo. Gli uomini sono disordinati, ma tu sei peggio-. Consegnò la tazzina e aggiunse “ho messo qualcosa a posto, le scarpe dentro la scarpiera,  l’intimo sporco dentro la lavatrice, con maglie e pantaloni che tenevi buttati ovunque. Ho pulito il bagno… non ti dispiacere, ma anche il bagno faceva schifo”.

Il maestro allargò le braccia e ammise  “sono questo, neanche posso nascondermi. Sono uno dei tanti pezzenti, indebitato e alcolizzato. Non c’è niente da salvare, Giusi. Pensa ad altro, parlami di te. Non ti è mai passato in mente di sposarti un uomo o sei contraria al matrimonio, allergica alla fede?”

Giusi scoppiò a ridere “Professò, tu vieni da n’atra galassia? Lo vuoi capì che le donne allergiche al matrimonio, le devono ancora inventà.  Quando la donna non si vuole sposare è solo perché non sono troppo affezionate all’uomo che hanno. Noi siamo strane, mica siamo come voi, con quel coso che vi pende pensate di essere re, principi e marchesi-.

Quel discorso incuriosì il maestro,  che sedette sul letto e controbatté, tanto per conoscere meglio il pensiero di lei “ma mica puoi dire queste cose? Possibile ci siano donne a cui non vogliono sposarsi. Una volta conobbi una fascista, una tipa convinta e anche lei disse che non si sarebbe mai sposata…-

Giusi non lo fece finire –Ancora? Ma tu ancora credi al comunismo?  Credi ancora a questa guerra contro il fascismo? Non ti senti fuori posto? Siamo oltre, caro Professore. Voi sembrate tutti sfollati della prima guerra mondiale. Io non so niente di storia, ma ricordo i racconti   della buona anima di mio nonno-. Renato attese il racconto invano, lei prese la tazzina vuota e si alzò in piedi. A quel punto il professore la invitò a tornare indietro “posso sapere cosa diceva tuo nonno? E’  un segreto?-

Giusi si fermò alla porta e rispose sorridendo “a voi che avete studiato non servono i racconti… voi già sapete tutto.  Io vengo da un paesino, Professò! Da bambina, dalle mie parti, pendevano dalla bocca dei nonni che raccontavano le storielle. Si andava a scuola di mattina e il pomeriggio andavamo per campi ad aiutare i genitori. Lo studio era l’ultima cosa…-

Renato la invitò di nuovo –hai ragione, Giusi!  Siamo convinti di sapere tutto, invece sappiamo poco o nulla-. La bella tornò indietro e posò la tazzina sul comodino “voi sapete quel che vi hanno raccontato i libri, anzi voi siete quello che vi raccontato i libri. Io sono una di quelle che come libri ha avuto un padre severo, una mamma poco comprensiva e i nonni sempre dalla mia parte. I miei libri sono stati loro… lo so, è poco, Professore, ma questa sono io-. Il maestro riprese  il discorso, desideroso di conoscerla meglio, di conoscerla ancora, di vederla  dentro –parlami di tuo nonno, per favore!-

Lei aprì la porta dei ricordi e dalla sue labbra uscì una nuova sinfonia –mio nonno, una volta, raccontò dei suoi genitori, i miei bisnonni. Disse che, dopo la prima guerra mondiale, c’erano tanti sfollati. Quando arrivarono in città con i figli a seguito, dovevano andare al comune della nuova residenza per farsi registrare. Tra le varie domande c’era il trucco -che partito votate?-

I miei bisnonni non risposero. Non capivano cos’erano i partiti, allora il brigadiere spiegò meglio –ci sono i partiti, adesso. Dovete scegliere, ora c’è il  comunismo, il fascismo, il socialismo ecc ecc… sai cosa rispose il mio bisnonno?-

Renato scosse il capo, lei proseguì –noi siamo mazziniani. Pensava ci fosse un partito intitolato a Mazzini, tanto alla famiglia di mio nonno serviva  un tetto e da mangiare.  Voi così convinti, sembrate come il mio bisnonno, fuori dal tempo.  I mazziniani di sto tempo qua-.

Il maestro colpito,  ancora una volta, dalla schiettezza di lei, aggiunse –se è per questo,  adesso neanche siamo mazziniani, ma dalle isolette infelici che cercano di salvare la giornata-, poi si affrettò verso il bagno. Una doccia fa comodo, anche quando servirebbe un disinfettante, un cicatrizzante, un pomata al cortisone.

Giusi intraprese i lavori domestici, come fosse casa sua. Quando Renato uscì dal bagno, turbato dai sensi di colpa, la implorò –ti prego, smettila! Nel pomeriggio mi dedicherò a questa casa e quando tornerai,  troverai tutto pulito-.

La nuova Regina del cuore, lo guardò sorridendo e gli disse –pur volendo, caro Professore, tu non riesci. Voi uomini siete adatti in tanti posti, ma non a pulire  casa. Anzi, fammi un favore, esci e comprami le sigarette. Fatti un giro e torna all’ora di pranzo, senza tardare.

Dopo quelle parole, Renato si vestì in fretta e scivolò verso l’uscita “vado a prenderti le sigarette e torno”.  Chiusa la porta iniziò a saltare, erano mesi che non pranzava da solo con una donna.

Antonio Recanatini

Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti.

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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Leggi i racconti precendenti su www.lavoroesalute.org

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