“MORIRE DI CLASSE” ANCHE COL COVID19
Dopo gli studi di Giuseppe Costa e di Michael Marmot parlare di differenza nella speranza di vita e di salute a seconda della classe sociale di appartenenza è diventato un po’ come parlare di “scoperta dell’acqua calda”. In Italia siamo stati un po’ ipnotizzati dalla poesia di Totò (A’ livella) bellissima sul piano etico e sociale ma che rimuove un interrogativo: il marchese di Rovigo e Belluno (sepolto a Napoli non si sa perché) e Gennaro Esposito, netturbino, “livellati” dalla morte, sono vicini di tomba; del marchese conosciamo la data di morte e non quella di nascita, di Gennaro Esposito non sappiamo niente, salvo il mestiere; a che età, l’uno e l‘altro, sono defunti? Una domanda che avrebbe interessato Bernardino Ramazzini, se ancora vivo e invece deceduto, pure lui ma da più di due secoli, peraltro seppellito a Padova e non a Napoli.
Ebbene pur senza la pretesa di riscoprire l’acqua calda già nota al genere umano dobbiamo prendere atto di dati che provengono da Usa, Gb e Francia; infatti in Italia non riusciamo ad avere dati attendibili neppure sulla incidenza e prevalenza di dati occupazionali; periodicamente Inail pubblica di “numeri” ma vi sono alcune questioni:
- Si tratta di dati generalmente sottostimati già “alla fonte”, in quanto a comparti lavorativi di provenienza; all’inizio della epidemia , verosimilmente, una rilevazione prossima al reale può aver riguardato il comparto sanitario e socio-assistenziale ; successivamente il campo di rilevazione si è sicuramente allargato in relazione alla plateale evidenza di focolai in altri comparti lavorativi (logistica e macellazione carni, per esempio) ma , nel complesso, i dati Inail possono essere considerati fortemente sottostimati già dall’origine.
- Vi è grande confusione su una questione importante: il nesso tra segnalati all’Inail e riconosciuti dall’Inail; pare evidente che il numero dei riconosciuti è più basso dei segnalati; non conosciamo la entità dei contenziosi che peraltro pochi lavoratori avviano nel caso, è poi la maggioranza, in cui non vi sono, fortunatamente, postumi permanenti.
- Pressoché totale pare poi lo scollamento tra Inail e dipartimenti di prevenzione o di sanità pubblica delle Ausl (le regioni non hanno optato per la intelligente soluzione di chiamarli alla stessa maniera, così tanto per facilitare la confusione); ci risultano situazioni in cui Inail chiede parere alla Ausl su coorti lavorative o aziende/luoghi di lavoro specifici, senza ottenere risposta.
- In definitiva i casi lavorativi sicuri sono quelli segnalati all’Inail (ma sono stati segnalati tutti?) e per i quali l’Inail ha avuto il consenso del datore di lavoro circa la interpretazione e “classificazione” eziologica; se il datore di lavoro non ha riconosciuto il rischio la situazione può essere rimasta in bilico o il “caso” può essere rimasto non riconosciuto.
- IN CONSLUSIONE NON ABBIAMO DATI OCCUPAZIONALI CERTI BENCHE’ IL DATO OCCUPAZIONALE SIA PIU’ “FACILE” DA FOTOGRAFARE RISPETTO AD ALTRI FATTORI EZIOLOGICI DETERMINANTI E NONOSTANTE CHE L’INAIL ABBIA GARANTITO CHIARAMENTE E FIN DALL’INIZIO DELLA EPIDEMIA CHE I CASI DI INFORTUNIO RICONOSCIUTI NON AVREBBERO INCREMENTATO I COSTI DELLA ASSICURAZIONE PER IL DATORE DI LAVORO; “PROMESSA” peraltro illegittima ma non contestata da nessuna forza politica e neanche dalla maggioranza dei sindacati dei lavoratori , ammesso che tutti abbiano capito cosa celava questa “promessa”; una “promessa” coerente con la chiave di lettura data dalla Procura della Repubblica di Bologna secondo cui l’epidemia è stata una “calamità naturale” che non evoca responsabilità penali di chicchessia, che non chiama in causa omissioni di misure di prevenzione , ecc. . Il che ha consentito dichiarazioni, sempre della Procura, che abbiamo definito di “ABSOLUTIO PRECOX” … ovviamente riteniamo la questione ancora del tutto aperta…
Ma veniamo ai riscontri epidemiologici disponibili al livello internazionale; la fonte per noi è un ECM (Educazione Continua in Medicina) a distanza della Federazione nazionale degli ordini dei medici; quindi i dati che commentiamo non sono ovviamente prodotti da chi scrive, anzi chi scrive non ha neanche il merito di averli trovati se non grazie all’ECM citato; gli studi pertinenti sono 5:
- Una analisi CDC su 1.3 milioni di casi positivi accertati negli USA tra il 21.1.2020 3 il 31.5.2020 evidenzia una sproporzione per gruppo etnico nella esposizione alla infezione: su quasi 600.000 pazienti positivi per i quali erano disponibili informazioni, sono risultati 33% latino-americani e 22% neri (Stokes ed altri).
- Una prima conferma di questo andamento deriva dallo studio di Adhikari e altri su 158 contee di aree metropolitane degli USA nelle quali alla data del 10.5.2020 erano concentrati il 64% dei casi Covid-19; è emerso che le contee più povere, quelle con popolazione prevalentemente non bianca, avevano un tasso di infezione circa 8 volte più alta rispetto a quelle abitate prevalentemente da bianchi e un tasso di fatalità maggiore di 9 volte.
- Uno studio basato sulle cartelle cliniche elettroniche del Veterans Affairs Department (agenzia federale dei militari in congedo) ha evidenziato un aumentato rischio di positività al covid19 per neri (1.9 rispetto ai bianchi) e per gli ispanici (1.8 sempre rispetto ai bianchi)
- Una indagine su 51.000 decessi associati a covid-19 provenienti da 13.000 case di riposo per anziani ha evidenziato che il numero di decessi medio nelle residenze con più del 40% di residenti non bianchi è risultato 3 volte superiore alla media dei decessi avvenuti in residenze prevalentemente abitate (>97%) da residenti bianchi.
- Anche in GB si è evidenziata una mortalità maggiore per neri e asiatici-correlata a condizioni di deprivazione sociale a seguito della analisi su 10.926 decessi emersi da una popolazione di adulti di 17 milioni di persone (il 40% della popolazione totale).
Nessun elemento depone per la possibilità di spiegare le differenze su base biologica o propriamente etnica; la variabile determinante in tutti i casi è invece socio-economica; certamente in Italia ed in altri paesi europei la analisi della variabile socio-economica è più difficile che non in paesi in cui questa coincide (per grossi gruppi) con quella etnica, cionondimeno i dati appena commentati confermano quello che è sempre stato generalmente evidente e si era pure palesato in corso di epidemia covid 19 ai danni di fasce di popolazione particolarmente deprivate dal punto di vista socio-economico.
QUESTI DATI EVIDENZIANO CHE I VACCINI DEVONO ESSERE DISPONIBILI PER TUTTI , CHE LA STRATEGIA NECESSARIA ED OBBLIGATA E’ SEMPRE QUELLA EQUITA’ E UGUAGLIANZA NELL’ACCESSO AI RIMEDI SANITARI RIFUGGENDO L’ASSURDO PARADOSSO DI RITARDARE O PEGGIO NEGARE I RIMEDI PROPRIO AGLI “ULTIMI”.
Per fare un esempio drammatico: risulta che ancora oggi i vaccini disponibili per la già plurimartoriata regione del Kosovo siano uguali a zero se non per pochi serbi kosovari che hanno trovato sostegno nel governo di Belgrado;
tutti gli analisti politici concordano nel sostenere che esiste non solo il rischio. ma la concreta intenzione di usare i vaccini come strumento di diplomazia, condizionamento e ricatto;
ANCHE PER QUESTO, SENZA DIMENTICARE CHE LA STRADA MAESTRA RESTA SEMPRE LA PREVENZIONE I RIMEDI, ANCHE DI PREVENZIONE SECONDARIA TERZIARIA DEVONO ESSERE GARANTITI EQUAMENTE A TUTTI A PARTIRE ANZI DALLE FASCE DI POPOLAZIONE PIU’ VULNERABILI.
LA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE DEVE PORTARE A METTERE IN DISCUSSIONE LO STRAPOTERE DELLE CASE FARMACEUTICHE A PARTIRE DALLA QUESTIONE VACCINI A TUTTA LA PRODUZIONE DI FARMACI CHE DEVE ESSERE RICONDOTTA AL CONTROLLO E ALLA GESTIONE PUBBLICA E CHE INVECE , FINO AD OGGI, HA VISTO PREVALERE LA LOGICA DEL PROFITTO ECONOMICO E BEN PRIMA DELLA PANDEMIA CON TRUCCHI E STRATAGEMMI COMEIL COSIDDETTO USO OFF LABEL DEI FARMACI UTILE NON A GESTIRE TERAPIE NECESSARIE PER I PAZIENTI MA A PROCRASTINARE GLI INTROITI ECONOMICI DI BIG PHARMA.
PURTROPPO le contraddizioni erano chiare già da tanti decenni e per questo è sorto spontaneo, per associazione di idee, RIPRENDERE IL LIBRO/DENUNCIA DI FRANCO BASAGLIA (1969) “MORIRE DI CLASSE”.
FATTO STA CHE IL COVID 19 VA OLTRE I GHETTI DEI POVERI E SI DIFFONDE SU TUTTO IL PIANETA IL CHE RENDE LE DISCRIMINAZIONI DI CLASSE NON SOLO OMICIDE E GENOCIDE MA PERSINO AUTOLESIONISTE ANCHE PER I RICCHI.
Rete per l’ecologia sociale (AEA-associazione esposti amianto e rischi per la salute, circolo”Chico” Mendes, centro per l’alternativa alla medicina “Francesco Lorusso”, Lega animalista di Copparo, Antropologiainmovimento)
Bologna, 8 marzo 2021 http://www.salutepubblica.net
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