Morti sul lavoro 2020, dicembre il mese record
SI CHIUDE DRAMMATICAMENTE IL BILANCIO DELLE VITTIME SUL LAVORO PER COVID – 19.
NEL 2020 SONO 423 I MORTI. OVVERO UN TERZO CIRCA DI TUTTI I DECESSI DELL’ANNO.
+ 15,6% L’INCREMENTO DELLA MORTALITÀ NEL SOLO MESE DI DICEMBRE RISPETTO A NOVEMBRE.
IN LOMBARDIA IL MAGGIOR NUMERO DI VITTIME. MENTRE SUL FRONTE DELL’INCIDENZA,
RISPETTO ALLA POPOLAZIONE LAVORATIVA, SPICCANO – ACCANTO ALLA LOMBARDIA – LIGURIA, ABRUZZO E CAMPANIA.
131.090 LE DENUNCE DI INFORTUNIO PER CORONAVIRUS.
CRESCIUTE ADDIRITTURA DEL 25,7% NEL MESE DI DICEMBRE.
“È purtroppo un bollettino ancor più drammatico quello delle vittime sul lavoro del 2020. Perché un terzo dei decessi è dovuto al contagio da Covid – 19. Si tratta di 423 morti dall’inizio della pandemia sino alla fine del 2020, con 57 vittime rilevate nel solo mese di dicembre e un incremento della mortalità rispetto al mese precedente pari al 15,6%”.
Questa la prima immagine dell’emergenza Covid nei luoghi di lavoro catturata dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre e descritta dal suo Presidente, l’Ingegner Mauro Rossato.
Un dato complessivo sconfortante in cui ad emergere sono ancora i nuovi volti delle vittime sul lavoro. Perché rispetto agli anni e ai decenni precedenti, gli infortuni mortali sul lavoro non coinvolgono più solo operai, macchinisti, camionisti. Ora ci sono gli impiegati, gli addetti alla segreteria e agli Affari Generali, gli infermieri e i fisioterapisti, i medici, gli operatori socio sanitari, i portantini, i bidelli, ma anche di addetti alla pulizia di uffici, operatori di alberghi, di navi e di ristoranti.
“Sembra un incubo. Ma è proprio così – ripete Mauro Rossato – sono 423 lavoratori nel 2020, stando alle rilevazioni Inail hanno perso la vita a causa del Covid, ovvero circa un terzo dei decessi dello scorso anno”.
E a contare il maggior numero di vittime sul lavoro per Covid è la Lombardia con il 37,63% delle denunce (159 decessi), seguita da: Campania (40 decessi), Emilia Romagna e del Piemonte (37 decessi), Lazio (28 decessi), Puglia (23 decessi).
E la triste graduatoria prosegue con la Liguria (20 decessi), la Sicilia (15), la Toscana (14), Abruzzo e Marche (12 decessi), Veneto (10 decessi), Umbria (5 decessi), Calabria (4), la provincia autonoma di Trento e Friuli Venezia Giulia (2), Valle d’Aosta, Sardegna e Molise (1 decesso).
Diversa è invece la graduatoria per quanto riguarda l’incidenza di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa.
E infatti dopo la Lombardia che continua ad indossare la maglia nera con un indice di (36,1 rispetto ad una media di 18,4), spiccano i dati di Liguria (33,2), Abruzzo (24,5), Campania (23,9), Piemonte (20,3), Marche (19,5), Puglia (19,2), ed Emilia Romagna (18,8).
Il 16,8% degli infortuni mortali per COVID ha coinvolto l’universo femminile. Mentre la percentuale sale a ‘quasi’ il 70% nelle rilevazioni degli infortuni non mortali per Coronavirus.
Il 91,3% delle vittime rientra nell’Industria e Servizi. E in questa macroarea produttiva con il 25,2% delle denunce con esito mortale troviamo il settore Sanità e Assistenza Sociale, seguono con il 13,4% dei casi le Attività Manifatturiere (lav. prod. chimici, farmaceutica, stampa, ind. alimentare…), il settore dell’Amministrazione Pubblica e Difesa (att.tà degli organi preposti alla sanità es. Asl, legislativi, esecutivi) e Trasporto e Magazzinaggio con il 10,7% e il Commercio (9,7%).
Nel 10,9% dei casi si tratta di impiegati, addetti alla segreteria e agli affari generali, il 10 % delle vittime sono tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti..), il 6,8% sono medici. E ancora ci sono i conduttori di veicoli a motore 5,8%, operatori sociosanitari con il 5,1% del totale delle denunce con esito mortale, e il 3,9% il personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli).
Sono poi 131.090 le denunce di infortunio con esito non mortale legate al Covid – 19 registrate in tutto il 2020 (pari al 23,7% del totale – secondo dati Inail). Cresciute addirittura del 25,7% rispetto a novembre.
“Dati preoccupanti e significativi – sottolinea il Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering –
in cui sono le donne ad essere più coinvolte con il 69,6% delle denunce. Un vero dramma per l’universo femminile che lavora”
Il 97,7% delle denunce di infortuni non mortali dovuti a contagio da Covid – 19 rientra nell’Industria e nei Servizi. E, come già visto per gli infortuni mortali, è il settore “Sanità e Assistenza Sociale” a far rilevare il maggior numero di denunce con il 68,8% del totale delle denunce. Seguono: l’Amministrazione Pubblica (9,1% delle denunce), il 4,4% delle denunce che giungono dal settore dei servizi di vigilanza, attività di pulizia fornitura di personale e call center; e il 3,1% nelle Attività Manifatturiere.
Quasi quattro denunce di infortunio su dieci riguardano i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti), seguiti dagli operatori sociosanitari (oss assistenti nelle case di riposo) con 19,2% delle denunce; dai medici (9,2%), e dagli operatori socioassistenziali (nelle strutture ospedaliere) 7,4%. E ancora dal 4,7% del personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli); dal 4,1% di impiegati addetti – Impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali; dal 2,3% del personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli.
Alla Lombardia la maglia nera delle denunce di infortunio non mortale legate al Covid con il 28,4% del totale nazionale. Seguono: Piemonte 14,4%, Veneto 9,7%, Emilia Romagna 7,9%, Lazio 5,6%, Toscana 5,5%, Campania 5,4%, Liguria 4,1%, Puglia 3,4%, Sicilia 2,7%, Marche 2,2%, Friuli 2,1%, Provincia Autonoma di Trento 1,9%, Sardegna 1,5%, Provincia autonoma di Bolzano 1,5%, Abruzzo 1,5%, Umbria e Calabria 0,6%, Valle D’Aosta 0,5%, Basilicata 0,4%, Molise 0,2%.
“I numeri devono far riflettere tutti i responsabili della sicurezza nei luoghi di lavoro – ricorda Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio mestrino – Gli strumenti normativi e sanitari per la prevenzione nel nostro Paese ci sono e sono efficaci, bisogna applicarli adottando nelle aziende tutte le cautele necessarie a ridurre l’impatto e la diffusione di un virus che sta uccidendo decine di migliaia di italiani, fuori e dentro gli ambienti di lavoro”.
Ufficio Stampa – Dott.ssa Annamaria Bacchin
www.vegaengineering.com
23/1/2021
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