Nella crisi del clima sociale, muti o ribelli?

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Siamo di fronte a una crisi epocale del sistema capitalista ma nel contempo al suo colpo di coda per restaurasi con i connotati propri del mostro che non vuole morire: sofferenze, sangue e morte per quelli che considera sudditi, ovvero i popoli all’esterno delle mura del castello. Qual’è lo strumento nelle sue mani? La minaccia di guerra mondiale dando una procura a una “sua” nazione di vassalli, in questo caso l’Ucraina, creandone i presupposti di un’aggressione del nemico di sempre, quella Russia, brutta erede dell’ex Unione Sovietica – a sua volta deperita a sistema di oligarchi di Stato – dopo averne determinato la fine con un alcolizzato fantoccio a stelle strisce come Eltsin.

Nel mentre le programmate sofferenze conseguenti delle sanzioni economiche alla Russia stanno acutizzando le già drammatiche condizioni di vita dei popoli, in sofferenza continua e in bilico tra sopravvivenza e morte, entrambe acutizzate dalla pandemia gestita dal profitto delle multinazionali al governo nelle nazioni occidentali, con la messa in conto di milioni persone povere.

Gli altri conti che ci stanno costringendo a fare sono quelli delle nostre tasche con la veloce crescita della povertà di altri milioni di europei che si aggiungeranno alle decine di milioni vittime di trent’anni di politiche liberiste. Ci solleveremo dalla nostra apatia?

Crederemo possibile rivendicare il diritto a non elemosinare una vita a testa alta e un lavoro, senza sentirci umiliare con proposte di lavoro indecenti con proposte di 10 ore al giorno 280 euro al mese? Non bastano neanche per pagare le bollette di luce e gas anche sesi rinuncia a mangiare e lavarsi. Di queste proposte schiaviste se ne verificano migliaia al giorno al sud come al nord; in particolare le donne e gli uomini immigrati potrebbero scrivere una enciclopedia, ogni giorno aggiornata, di queste sopraffazioni, sfruttamento, violenza sui corpi, schiavismo non lontano parente di quello della nascita della orrenda nazione “patria della libertà”.

Comunque, l’orrore che viviamo oggi nel fu Bel Paese rappresenta solo il retroterra di un brutale racconto che stanno per scrivere le fazioni straricche. Le pagine che imbratterano nei prossimi mesi con l’eventuale secessione del nord dal sud (in gergo politichese: Autonomia Differenziata) e con i Servizi pubblici comunali regalati alla concorrenza tra le sette private (in gergo liberista: Multiutiliy). La siccità, e altre crisi ambientali sui territori diverrano prassi spudoratamente finanziate con le nostre tasse e gestite dal criterio del profitto delle imprese private in quanto i Comuni non saranno più responsabili della manutenzione e salvaguardia dei territori nei quali abitiamo.

La resistenza a queste nuove forme di schiavismo mascherato inizia dal ricominciare pensare insieme dietro al palcoscenico che i media c’impongono. Per ricostruire e giorno dopo giorno la nostra identità di persone, la nostra autostima basata sui principi della dignità personale, l’unica genitrice di diritti e di doveri, e di solidarietà verso i nostri simili, quelli che stanno peggio e che la propaganda dei potenti ci disegna come brutti, cattivi e ladri delle nostro presunto benessere. Ci raccontano che sono diversi da noi, dal disoccupato nostro dirimpettaio al nostro parente operaio sfruttato, dal lavoratore immigrato schiavizzato nelle fabbrichette e in agricoltura al giovane che ha smesso di cercare un lavoro che non c’è.
Ci dobbiamo ricostruire, ripulendoci dall’egoismo a difesa delle briciole che ci elemosinano, dal qualunquismo che ci hanno spruzzato addosso insegnandoci l’antipolitica per poterla invece fare loro, indisturbati.

In un Paese come il nostro (il peggiore d’Europa a guardare i dati sulle condizioni di lavoro, di salute, di salari, di libertà sociali e politiche) con un governo e poteri imprenditoriali sempre più in guerra contro la maggioranza della popolazione, assistiamo a un crescente stato di prostrazione, di ansia e di depressione di una grande parte della società che elude e reprime la propria propensione alla ribellione e paradossalmente offre assist alla malpolitica offrendo voti ai suoi fustigatori in una esplicita sudditanza mentale. Vera e propria Sindrome di Stoccolma.

Si rinuncia volontariamente all’autodeterminazione e ci si mette a disposizione delle articolazioni dei poteri forti, e dei loro complici nella comunicazione televisiva e stampata, all’opera nelle sempre più dilaganti e distruttive violenze legislative, economiche e militari.

Non fosse così tragico lo stato di prostrazione della stragrande maggioranza degli italiani vivremmo già in un’altra Italia.

Anche il voto in Francia ci dice che è possibile rialzarci.

Franco Cilenti

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