Nell’era della crisi è sempre aperta la “caccia all’untore”

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Tornato a livelli fisiologici, il tema della “caccia ai falsi invalidi” – che come i tortellini a Bologna o la pizza a Napoli, sembra ineliminabile dai menù della stampa e di certe trasmissioni televisive – ecco riaffiorare l’eco di quella stessa “caccia”, a seguito della recente uscita, su «la Repubblica», dei dati di una ricerca a campione – poi ripresi da altre testate – effettuata a partire dal 2014 dal CERGAS(Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) dell’Università Bocconi di Milano, presentata alla fine del 2015 e riferita agli anni che vanno dal 2005 al 2014.
La ricerca, intitolata Le inidoneità e le idoneità con limitazioni alla mansione specifica: analisi del fenomeno e prospettive di policy, è stata sostenuta da un pool di enti di area sanitaria (Federazione Aziende Sanitarie, Collegio Infermieri, Medicina del Lavoro, Medici Aziendali), con il supporto economico sia di area sindacale (CISL) che di Enti Locali, avendo gli stessi le competenze in area sanitaria (ASL della Valle d’Aosta e delle Regioni Umbria, Veneto e Basilicata). L’indagine, quindi, nasce all’interno del mondo che tende a considerare, per metterne in luce aspetti e criticità.

Il lavoro del CERGAS risponde a questioni di grande rilevanza per il management e la politica sanitaria, in particolare: sulla quota di lavoratori ai quali è stata riconosciuta un’inidoneità o un’idoneità parziale lavorativa; sulla distribuzione per tipologia delle limitazioni lavorative (esenzione dai turni notturni, limiti alla possibile movimentazione manuale dei carichi ecc.); sulle figure più “colpite” e su quali tipologie di limitazioni lavorative; su quanto è forte la correlazione tra invecchiamento degli organici e presenza di limitazioni; sulle differenze tra le aziende di diverse Regioni.
Di tale ricerca può essere presa visione diretta nella versione curata dalla CISL e disponibile nel sito del Collegio Infermieri, oltreché in una nota dello stesso CERGAS, presente nelsito dell’ASL di Milano.
I risultati sono stati ripresi da «Repubblica» alla vigilia (qualcuno malignamente suggerisce “non a caso”… e proprio su «Repubblica») degli incontri tra Governo e parti sociali in tema di prerogative sindacali.

Rispetto agli esiti mediatici – che, si sa, tendono più a raccontare il verosimile che il vero– chi volesse dare un’occhiata anche personalmente, potrebbe rendersene conto digitando in Google le parole chiave Cergas Bocconi inidonei, avendo poi l’accortezza di selezionare l’opzione Strumenti e poi quella Qualsiasi data, cercando per altro dal 1° gennaio 2017 in poi, per non incorrere nell’errore di leggere le notizie apparse all’epoca della presentazione dei primi risultati della ricerca nell’inverno del 2015 (materiale, questo, ovviamente utilissimo, ma su cui, in questo contributo, non ci soffermiamo).
Chi volesse invece consultare i rilanci dell’articolo di «Repubblica» può tra le altre visitare le pagine che fanno riferimento a «TG-Com» e «QuiFinanza», alle quali hanno fatto eco soprattutto le risposte del mondo infermieristico (siti InfermieristicaMente.it eNurse24.it).

Inquadrato dunque il tema, chiarite le date e gli attori e fornite le fonti per consentire a tutti di farsi personalmente una propria idea, veniamo alla parte di specifico interesse rispetto al tema della “caccia ai falsi invalidi” tante volte trattato su questa testata [nella colonnina qui a fianco sono elencati solo una parte dei contributi da noi pubblicati, N.d.R.]. Dell’articolo intitolato L’Italia degli imboscati. Inabilità al lavoro e permessi, ecco tutte le carte false diMarco Ruffolo, prendiamo quindi in esame le parti dedicate all’area della disabilità/invalidità e dei permessi ai sensi della Legge 104/92.

Il titolo
Come per ogni titolo, si va giù pesanti e termini come «imboscati» e «falsi» danno la risposta ancor prima che venga fatta la domanda.
L’uso del termine «inabilità al lavoro» (più corretto sarebbe parlare di «inabilità alla mansione») crea confusione con le pensioni di invalidità (attenzione: invalidità e non invalidità civile) erogate dall’INPS a lavoratori con almeno cinque anni di contribuzione, che le Commissioni Mediche della stessa INPS giudicano inidonee al lavoro. Inoltre, le inidoneità totali alla mansione sono appena lo 0,4% del campione sondato.
Anche quella delle «carte false» è una metafora “un po’ esagerata”, essendo il tutto basato su un’indagine campionaria, come quella del CERGAS e non sull’analisi delle certificazioni medico-legali degli interessati.

Il paragrafo I veri e finti disabili
Qui l’eco della “caccia al falso invalido” si fa forte. L’Autore cita giustamente la natura positiva dei permessi ai sensi della Legge 104, ma poi scivola clamorosamente, frullando insieme assistenti e assistiti: «[…] tre giorni di permesso […] sede di lavoro […] congedo di due anni. Tutto molto giusto, se non fosse che anche in questo caso c’è chi se ne approfitta. Sono i “furbetti della 104”, che accertamenti medici quanto meno superficiali hanno inserito e continuano a inserire tra i disabili gravi meritevoli di assistenza».
In tal modo, quindi, si induce il Lettore all’errore che l’abuso sia nelle certificazioni medico-legali riferite alla disabilità (ovvero che quel lavoratore disabile o quel congiunto disabile in realtà non lo siano), mentre è noto che l’eventuale abuso sulla 104 si annida soprattutto nei familiari (un po’ come capita nell’utilizzo del contrassegno per l’auto), che nei giorni di permesso, invece che assistere il congiunto con disabilità, fanno altro, o in parte o in toto (nel settore privato il 78% dei permessi è per assistere un familiare. Fonte: Rapporto sulla Coesione Sociale, INPS, 2013, pagina 34).

Nord, Centro, Sud
L’Autore dell’articolo di «Repubblica» cita i dati ricorrenti di un maggiore possibile abuso nelle Regioni meridionali («questa volta a toccare i record negativi troviamo insieme al Mezzogiorno anche il Centro Italia…»), in linea con quanto si dice e scrive circa i “falsi invalidi”, ma omette di ricordare che sono proprio le Regioni meridionali quelle meno dotate di servizi per la disabilità, soprattutto di tipo socioassistenziale e socioeducativo (centri diurni, assistenza domiciliare, servizi per la vita indipendente, servizi di trasporto, per il tempo libero) e dove il carico sui familiari è più alto che in altre zone d’Italia.
Inoltre, il già citato Rapporto sulla Coesione Sociale dell’INPS ci dice che nel settore privato (osannato dall’Autore per le sue percentuali più basse di presenza di inidoneità e utilizzo della Legge 104) avviene esattamente il contrario, ossia che il 54,3% dei beneficiari si concentra nelle regioni del Nord, seguiti da quelli del Centro (26,6%), del Sud (12,5%) e dalle Isole (6,5%) e che sono in leggera maggioranza gli uomini (51%), a riprova che il fenomeno è multifattoriale (presenza di lavoro pubblico; presenza di industrie; presenza di servizi socioassistenziali di aiuto alle famiglie; agenzie di tutela come patronati/sindacati/associazioni; servizi informativi; politiche per la conciliazione dei tempi; politiche di genere; tipologie dei nuclei familiari…).

Le professioni… ovvero il paragrafo mancante
Analizzando le professioni e le classi di età coinvolte sul fenomeno, si trovano dati utili a capirne parte delle ragioni: «La tabella 2 mostra come il fenomeno si distribuisca in base al sesso dei dipendenti e all’età. Anzitutto si può notare come le inidoneità siano più frequenti tra le donne che tra gli uomini; inoltre, come facilmente prevedibile, i dipendenti inidonei aumentano significativamente con il crescere dell’età: sono infatti meno del 4% nella fascia 25-29 anni, mentre arrivano a circa il 24% nella fascia 60-64 anni, con un picco del 31,8% per le lavoratrici fra 60 e 64 anni». Si tratta di dati in linea con quelli delle ricerche in tema di non autosufficienza degli ultrasessantacinquenni o sui fattori di insorgenza di disabilità per malattie/infortuni (si veda ad esempio a questo link o anche nel portale «Condicio.it»).
Tra le professioni coinvolte, mansioni di carattere socio sanitario, tipo OSS [Operatori Socio Sanitari, N.d.R.], addetti all’assistenza di base (40%) – che prevedono quotidianamente e ripetutamente movimentazione di persone – o chi movimenta carichi (13%), tipo operai nei servizi tecnici delle Amministrazioni coinvolte nella ricerca del CERGAS. Non a caso solo il 4,8% dei dirigenti è invece totalmente o parzialmente inidoneo.
Nessun accenno, infine, su «Repubblica», alla presenza o meno nelle organizzazioni studiate di pratiche di prevenzione e formazione, sull’uso sistematico di ausili e attrezzature idonee per evitare/ridurre gli effetti invalidanti di malattie professionali, che invece il CERGAS, nel testo del rapporto, sottolinea come una delle linee di azione per alleviare e contenere il fenomeno.

“Zingari e immigrati” (si veda ogni sera Rete4 verso le 20,30…), “falsi invalidi” e “fannulloni della Pubblica Amministrazione”, i “bamboccioni” che non hanno voglia di studiare né lavorare, i politici che rimangono impigliati nella rete, adesso anche i primi cento debitori delle banche… Nell’era della crisi, la “caccia all’untore” è sempre aperta, impastando vero e verosimile, mettendo e o-mettendo, salvando e sacrificando.
La disintermediazione, o in parole più semplici, l’informazione senza mediazioni, facilità la banalità e le semplificazioni sui media e soprattutto sui social media. Chi perciò non vuole rinunciare ad analisi serie e a dati di corredo che non ne siano i sostitutivi, senza omissioni sulle luci e sulle ombre, a un welfare fatto non solo di soldi, ma anche di servizi e di paziente navigazione nella complessità dei fenomeni sociali e dell’emarginazione, deve organizzarsi. E farlo sapere.

Andrea Pancaldi

Redazione Sportelli Sociali e Sportello Lavoro del Comune di Bologna.

11/1/2017 www.superando.it

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