No al fascismo aziendale. Appello per Riccardo, licenziato dall’ex Ilva per un’opinione
Negli anni cinquanta Giuseppe di Vittorio chiamava fascismo aziendale quel regime autoritario nei luoghi di lavoro che non solo imponeva alle lavoratrici ed ai lavoratori l’oppressione di durissime condizioni di sfruttamento, ma che colpiva la libertà di pensiero e di espressione, imponendo loro di non manifestare e nascondere le loro opinioni.
Oggi quel fascismo aziendale sta tornando e si sta diffondendo in tante attività ove vige una dittatura di fatto, che non solo impedisce a chi lavora di esercitare i propri diritti all’interno del luogo e del rapporto di lavoro, ma che colpisce anche le proprie libertà come persona.
All’Arcelor Mittal di Taranto un operaio è stato licenziato dalla direzione aziendale perché aveva pubblicato un post su Facebook, col quale invitava a seguire una fiction televisiva che faceva eco alla grave situazione ambientale della fabbrica e della città. Solo per questo un cittadino della Repubblica, dove formalmente è ancora in vigore la Costituzione antifascista, è stato licenziato. Ha perso il lavoro, cioè è stato gettato nel rischio della miseria per sé e per la famiglia, non per una qualsiasi mancanza all’interno della fabbrica, ma per una opinione liberamente espressa al di fuori di essa. Le terribili condizioni di lavoro ed ambientali in ArcelorMittal devono restare chiuse e segrete e soprattutto guai agli operai che osino parlarne.
In questo provvedimento mostruoso si manifesta la negazione di tre diritti fondamentali, quello alla salute, quello al lavoro, quello alla libertà di espressione. Tutti sacrificati di fronte ad un solo potere, quello del profitto e degli affari.
Siamo profondamente solidali con l’operaio licenziato che ha avuto il coraggio civile di non tacere di fronte al disastro ambientale, con i sindacati che lo sostengono a partire dalla USB e con la lotta che inizierà a Taranto il 14 aprile. Riteniamo che il licenziamento di Taranto metta in discussione le libertà fondamentali non solo nella fabbrica, ma in tutto il Paese e che tutte e tutti debbano prendere posizione.
Ci rivolgiamo al mondo dell’impegno civile, antifascista e democratico che ogni giorno misura e contrasta i rischi di degrado democratico del paese. Ci rivolgiamo al mondo dello spettacolo e della cultura, oggi così colpito dalle chiusure, che non può anche essere aggredito dalla censura padronale verso la libera diffusione delle proprie opere. Ci rivolgiamo al mondo della politica, da troppo tempo subalterna al mondo delle imprese, affinché rivendichi la superiorità della Costituzione Repubblicana rispetto ai poteri delle direzioni aziendali.
A Taranto sono stati colpiti assieme il lavoro, la salute e la libertà, dobbiamo difenderli assieme e per questo siamo e saremo a fianco dell’operaio licenziato e di tutte e tutti coloro che lottano con lui.
PRIMI FIRMATARI
Nicoletta Dosio
Moni Ovadia
Valerio Evangelisti
Haidi Giuliani
Angelo D’Orsi
Lidia Undiemi
Viola Carofalo
Giorgio Cremaschi
Alex Zanotelli
Maurizio Acerbo
Marco Bersani
Franco Russo
Antonio Di Stasi
Antonello Ciervo
Claudio De Fiores
Fabio Marcelli
Riccardo Faranda
Marina Boscaino
Andrea Danilo Conte
Giovanni Russo Spena
Italo Di Sabato
Nunzio D’Erme
Domenico Gallo
Arturo Salerni
Ernesto Screpanti
Antonio Bevere
Maria Rosaria Damizia
Francesca Fornario
Vauro Senesi
Lo Stato Sociale
Paolo Ferrero
Carla Corsetti
Marco Ferrando
Elisabetta Canitano
Giuliano Granato
Francesca Perri
Antonella Bundu
Luigi Ferraioli
Paolo Flores d’Arcais
Carlo Guglielmi
Rosa Sica
Francesca Trasatti
Francesco Piccioni
Sergio Cararo
Ilaria Boniburini
Stefano Casulli
Chiara Pollio
Giampiero Laurenzano
Salvatore Prinzi
Graziella Romer Mori
Andrea Bagni
Moreno Biagioni
Roberto Di Loreto
Chiara Giunti
Barbara Anglani
Massimo Torelli
Monica Sgherri
Debora Picchi
Alberto Mariani
Dmitrij Palagi
Giuseppe Grazzini
Gianni Mantelli
Francesco Torrigiani
Francesca Cavarocchi
Pasquale Crupi
C.A.L.P. Genova
Chiara Colasurdo
Giovanni Pagano
Marta Fana
16/4/2021 http://www.osservatoriorepressione.info
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