NoG20: “Sono profondamente orgogliosa della forza di mio figlio”

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Emiliano è un ragazzo di trent’anni, sta ancora in famiglia perché per lui la famiglia è importante, è il cardine della sua vita. Sta in famiglia per scelta, non per obbligo. Fin da piccolo ha sempre sentito la passione politica e ha deciso sin da subito di schierarsi in difesa dei più deboli.

Da piccolissimo ha iniziato a seguire il padre, consigliere comunale del Partito della Rifondazione comunista a Partinico (PA). Ho dei ricordi di lui a quell’età ben vivi. Aveva cinque anni quando è voluto venire con noi a Capaci per la commemorazione ad un anno dalla morte di Falcone. Ricordo lui, piccolino, mentre posava i fiori vicino all’albero di Falcone. Ogni anno non mancava a Portella delle Ginestre per le commemorazioni delle stragi. Aveva otto anni quando si portò per la prima volta una canna lunga almeno due metri, utilizzata a mo’ di asta per tenere la sua bandiera di Che Guevara.

Tutte le volte lo si riconosceva nelle immagini della RAI per quella altissima bandiera. La sua passione politica cresceva insieme a lui. In paese è sempre stato presente nei momenti politici importanti come la grandissima manifestazione contro le molestie delle distilleria Bertolino, industria insalubre di prima classe in pieno centro abitato che da decenni ammorba il nostro territorio.

Emiliano ha sempre fatto sentire il suo dissenso per le ingiustizie. Ha preso la sua prima tessera del PRC a quattordici anni, quando è stato possibile farlo, anche se la sua militanza politica è iniziata molto prima.

Andare ad Amburgo per partecipare alle manifestazioni contro il G-20 è stato per lui la normalità. Le politiche liberiste che, di fatto, stanno affamando e stravolgendo intere popolazioni con continue guerre di “importazione di democrazia”, costringendole dal bisogno ad emigrare, sono state la motivazione che lo ha portato a partecipare a questo grande movimento di piazza contro le politiche scellerate dei “grandi” della terra. Io mi sento triste ed indignata per quello che mio figlio sta subendo, ma sono profondamente orgogliosa di lui, per la forza che sta dimostrando e perché ne condivido gli ideali. In attesa che, finalmente, venga stabilita la data del processo ci troviamo a fare i conti, giorno dopo giorno, con la terribile burocrazia tedesca e l’ostruzionismo che subiscono i manifestanti arrestati, trattati come i peggiori criminali. Si pensi soltanto al fatto che è stato impedito ai ragazzi di aver accesso alla biblioteca del carcere perché, a dire delle guardie, “i manifestanti non hanno bisogno di leggere”.

Si pensi inoltre alle motivazioni date in merito ai rigetti dei tre ricorsi presentati per ridiscutere la misura cautelare in attesa del processo. Emiliano, insieme agli altri ragazzi, rimane trattenuto in carcere perché sussiste, secondo quanto sostenuto dalla corte, un pericolo di fuga. Emiliano è un cittadino dell’Unione europea, ha sempre vissuto, studiato e lavorato in Italia, qui ha il suo lavoro che risente pesantemente della sua assenza, qui ha la sua vita e il suo futuro.

Eppure questo non basta, tutto questo non viene preso in considerazione perché contrasta con l’immagine che hanno voluto dare di mio figlio, pericoloso “black block” che va in giro a lanciare bottiglie contro la polizia, per giustificare, con il più facile capro espiatorio trovato negli stranieri, il palese fallimento nella gestione dell’ordine pubblico.

Questo è dimostrato dalle numerose testimonianze, rilevate con foto e video, durante quei giorni ad Amburgo e dalle indagini contro i poliziotti tedeschi (più di 100), accusati di violenze durante le manifestazioni.

Le pressioni fatte presso il Consolato italiano ad Hannover hanno ottenuto qualche risultato in termini di soddisfacimento di bisogni essenziali per rendere meno dura la situazione carceraria. Ma per quanto riguarda le nostre istituzioni mi duole constatare che un italiano che si trova in difficoltà in Europa è costretto ad arrangiarsi da solo.

La politica italiana si mantiene, dopo quasi due mesi dall’arresto dei sei ragazzi italiani, in un silenzio complice. Il governo, attraverso il suo ministero degli esteri, non ha proferito parola in merito, non ha voluto nemmeno interessarsi della questione. In Italia, evidentemente, esistono cittadini di cui la politica non si vuole occupare, forse per non rischiare di infastidire la potente Germania.

Di fronte a tutto ciò rimanere amareggiati e delusi è inevitabile, ma io non posso arrendermi e insieme ai tanti che hanno espresso da tutta Italia e da tutta Europa solidarietà e vicinanza a mio figlio e agli altri ragazzi arrestati ad Amburgo, continuerò a lottare fino a quanto Emiliano, Orazio, Alessandro, Riccardo e Fabio non saranno liberi. Fino a quando non saranno tutti liberi.

Fina Fontana

2/9/2017  www.rifondazione.it

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