Noi e il nostro cervello

Fino a poco tempo fa le differenze nella struttura del cervello di donne e uomini venivano utilizzate per rafforzare stereotipi e pregiudizi. Oggi la medicina di genere sta cambiando rotta alla conoscenza, mettendo in primo piano le diversità per migliorare la cura di malattie come l’Alzeheimer o il Parkinson. La voce di una neuroscienziata

È convinzione comune che uomini e donne reagiscano e si comportino spesso in modo diverso. Ormai da moltissimi anni, le ricerche in ambito scientifico hanno cercato di capire se questo sia causato da effettive differenze nella struttura del cervello delle donne e degli uomini: è possibile che ci siano delle diversità in specifiche regioni cerebrali o che determinati circuiti si attivino con modalità distinte, e che questo possa essere all’origine di differenze a livello comportamentale? 

Nonostante la mole di ricerche condotte e le numerose pubblicazioni scientifiche, l’argomento è ancora profondamente dibattuto, e i risultati sono spesso fortemente discussi. Come mai succede questo? Perché le differenze riscontrate tra uomini e donne come quelle nell’apparato scheletrico o nella massa muscolare vengono accettate, mentre i lavori che evidenziano delle differenze fra cervello maschile e femminile sono così dibattuti?

La risposta a queste domande è che lo studio del cervello è frequentemente inserito all’interno del contesto dei pregiudizi di genere. Il problema è che, spesso, le differenze nel comportamento e nelle attitudini di uomini e donne non sono scientificamente dimostrate, ma legate a pregiudizi di genere – le donne sono più brave nelle materie letterarie, gli uomini in quelle scientifiche, le donne sono empatiche e gli uomini decisionisti. 

Pertanto, è ovvio che utilizzare possibili differenze strutturali del cervello per giustificare queste presunte differenze nel comportamento è un modo per rinforzare i pregiudizi.[1] 

Due ricercatrici, Cordelia Fine e Gina Rippon, hanno usato il termine “neurosessismo” per definire la ricerca ostinata di possibili differenze strutturali nel cervello maschile e femminile che viene utilizzata per giustificare l’esistenza di comportamenti stereotipati.[2]

La domanda, dunque, è se in fin dei conti ci siano o meno delle differenze tra il cervello degli uomini e quello delle donne. 

Negli ultimi anni, l’esistenza di differenze strutturali e anatomiche tra cervelli maschili e femminili è stata notevolmente ridimensionata. Questo è stato reso possibile dal fatto che viene analizzato un numero sempre più elevato di soggetti, di cui è specificata sempre più chiaramente l’età. Inoltre, si presta maggiore attenzione all’affidabilità del dato sperimentale e alle procedure statistiche utilizzate. 

Ad oggi, chi si occupa di neuroscienze concorda sul fatto che, negli uomini, la dimensione complessiva del cervello sia maggiore di circa l’11% rispetto a quella delle donne. Per il resto, esiste solo un numero esiguo di differenze strutturali tra i due sessi e la variabilità è talmente grande che generalmente si parla di un mosaico di caratteristiche, un continuum di cervelli.[3]

A volte si dice che le differenze nella struttura del cervello tra due persone dello stesso sesso possano essere maggiori di quelle riscontrabili tra due persone di sesso diverso. Questo esempio serve per sottolineare il fatto che ogni cervello è diverso dall’altro e che definire chiare differenze strutturali basate sul sesso è probabilmente impossibile. D’altra parte, ciascuna persona, donna o uomo che sia, è caratterizzata da un mosaico di comportamenti, spesso indipendenti dal sesso biologico.

Eppure, guardando alla questione più nel dettaglio, le ricerche scientifiche hanno rilevato una serie di differenze tra i cervelli maschili e femminili, che appaiono evidenti, per esempio, su scala microscopica: sugli animali da laboratorio sono state osservate differenze in regioni specifiche, nella forma di alcuni neuroni o nel numero delle sinapsi, i punti di contatto tra neuroni che consentono il passaggio di informazione. 

Analogamente, si è visto che il numero e le proprietà funzionali della microglia – le cellule immunitarie presenti nel cervello che sono coinvolte in molti processi di neurodegenerazione, come per esempio la malattia di Alzheimer o di Parkinson – differiscono tra maschi e femmine. 

Inoltre, anche se la struttura fisica dei circuiti nei cervelli di donne e uomini è largamente sovrapponibile, la loro modalità di utilizzo può differire. A luglio 2024 è stato pubblicato uno studio che ha dimostrato come uno stesso circuito tra due aree cerebrali, l’ipotalamo e l’amigdala, funzioni in modo diverso nei due sessi, promuovendo il comportamento aggressivo nei maschi rispetto alle femmine. 

Allo stesso modo, possono esserci differenze nelle strategie utilizzate per alcune attività. Ad esempio, nel processo di memorizzazione i maschi attivano maggiormente una regione denominata ippocampo, deputata alla formazione delle memorie a lungo termine, mentre le femmine attivano maggiormente altre aree cerebrali.

Verificare l’esistenza di queste differenze in soggetti umani potrà aumentare sensibilmente il bagaglio di informazioni sulla struttura e la funzione del cervello. Sarà inoltre fondamentale per fornire indicazioni per spiegare perché alcune malattie neurologiche e psichiatriche colpiscano in modo diverso donne e uomini – come nel caso della malattia di Alzheimer che colpisce prevalentemente le prime –, oppure perché alcuni disturbi del neurosviluppo si manifestino nei due sessi con sintomatologie di tipo diverso, come nel caso del disturbo di attenzione e iperattività (Adhd, dall’inglese attention deficit hyperactivity disorder). 

Sarà anche necessario ottenere maggiori informazioni sulle differenze tra i due sessi nel corso della vita, a partire dalla nascita r fino all’invecchiamento, prendendo in considerazione fattori fondamentali che influenzano lo sviluppo e la funzione del cervello e che sono profondamente diversi tra uomini e donne: gli ormoni, il sistema immunitario e il microbiota.[4] 

In conclusione, è fondamentale che lo studio del cervello maschile e femminile continui ad andare avanti. Ma è assolutamente necessario che venga scollato dal contesto dei pregiudizi di genere e finalmente inserito nella corretta cornice della medicina di genere.[5]

Note

[1] Su questo si veda M. Ingalhalikar, A. Smith et al., 2014.

[2] Su questo tema si può fare riferimento a L. Eliot, 2019.

[3] Il riferimento è a Y. Zhang, Q. Luo et al., 2021.

[4] Si veda lo studio di L. M. Cox, H. Abou-El-Hassan et al., 2019.

[5] Si faccia riferimento a L. Al-Hassany, P. Verdonk, A. Maassen VanDenBrink, 2023.

Riferimenti

L. Al-Hassany, P. Verdonk, A. Maassen VanDenBrink, “Studying sex and gender in neurological disease,” The Lancet Neurology, 22 (1): 32–33, 2023.

L. Eliot, “Neurosexism: the myth that men and women have different brains,” Nature, 566: 453–454, 2019.

L. Eliot, A. Ahmed, H. Khan, J. Patel, “Dump the ‘dimorphism’: Comprehensive synthesis of human brain studies reveals few male-female differences beyond size,” Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 125: 667–697, 2021.

L. M. Cox, H. Abou-El-Hassan, et al., “The sex-specific interaction of the microbiome in neurodegenerative diseases,” Brain Research, 1724: 146385, 2019.

M. Ingalhalikar, A. Smith, et al., “Sex differences in the structural connectome of the human brain,” PNAS, 111 (2): 823–828, 2014.

Y. Zhang, Q. Luo, et al., “The human brain is best described as being on a female/male continuum: Evidence from a neuroimaging connectivity study,” Cerebral Cortex, 31: 3021–3033, 2021.

Michela Matteoli

22/10/2024 https://www.ingenere.it/

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