Noi sappiamo cosa è successo all’inizio dello scorso anno nella Provincia di Bergamo!
Noi sappiamo di chi è la responsabilità sulla mancata zona rossa in bassa Val Seriana. Sappiamo chi incitava, in una incredibile campagna pubblicitaria, la produzione a correre a non fermarsi. Sappiamo chi continuava a far fare ai dipendenti avanti e indietro nelle le aree contaminate dal Covid. Sappiamo chi non voleva fermare la produzione nelle aziende anche quando le bare venivano portate via con i camion militari. Sappiamo chi rilasciava dichiarazioni fallaci, pastrugnava con i codici ATECO e vendeva certificati di filiera fasulli pur di continuare a produrre, anche prodotti superflui, per ira di profitto.
Lo sappiamo noi e lo sanno le bergamasche e i bergamaschi, soprattutto le lavoratrici e i lavoratori, che queste cose le hanno viste con i loro occhi.
Non sappiamo chi ha usato minacce e intimidazione nei confronti degli imprenditori e di Confindustria, ma li condanniamo per il regalo che hanno fatto ai padroni. Li condanniamo per avere posto dalla parte del torto chi ha ragione e viceversa. Li condanniamo perché la ragione si afferma con la lotta politica e non con la violenza e l’intimidazione. Chi lo ha fatto, chiunque sia, ha sbagliato.
Oggi giovedì 11 marzo in questo clima già opaco arrivano le perquisizioni nei confronti di una serie di esponenti della sinistra radicale bergamasca. A loro vengono contestati i reati di cui all’articolo 270bis (associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico), 612 (minacce) e 339 (aggravante per lesione minacciate). Il riferimento è a fatti intercorsi tra il 19 giugno e il 23 settembre.
Il 27 giugno venne infatti recapitata alla sede di Confindustria Bergamo una busta con due proiettile e la minaccia di morte al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti. Il 29 giugno un’altra busta con proiettile e minacce di morte fu recapitata a Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo. Il 23 settembre fu recapitata una bomba carta a Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Brescia.
Tra le persone perquisite vi sono la compagna Pia Panseri, compagna facente parte della segreteria Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista di Bergamo, impegnata sui temi dalla salute e della sanità, un esponente del Comitato Popolare Verità e Giustizia delle vittime del Covid e animatore dei presidi, che si sono svolti per mesi davanti all’ospedale di Alzano. Siamo certi della loro estraneità alle accuse mosse nei loro confronti ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Il tutto mentre è iniziata un’altra campagna mediatica tesa ad accreditare la tesi che fosse una calunnia, diffusa evidentemente da terroristi, che Confindustria o che alcuni imprenditori abbiano fatto pressione sulla politica perché non venisse istituita la zona rossa in Val Seriana all’inizio di marzo 2020. Tesi che troverebbe anche l’improvvida conferma nella grave dichiarazione della pm Maria Cristina Rota, che senza essere giunta a nessuna conclusione formale nell’inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, afferma che “dall’indagine non risulta che Confindustria si sia opposta alla chiusura né ci sono pressioni rivolte alla Regione o al Governo per sollecitarli a non chiudere la zona”.
Forse lei non risulta, ma noi sappiamo.
Se, in linea con i periodi più oscuri della nostra repubblica, si pensa di riscrivere la storia minimizzando le proprie responsabilità, ben si sappia che noi sappiamo…
Maurizio Acerbo segretario nazionale
Fabrizio Baggi segretario regionale Lombardia
Francesco Macario segretario provinciale Bergamo
11/3/2021 http://www.rifondazione.it
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