Non basta il senso di colpa serve la solidarietà
elle grandi metropoli e nelle città di ogni Stato della nazione sono scoppiate proteste intrise di rabbia e amarezza. Nel 2020 – decenni dopo il movimento per i diritti civili e le rivolte urbane degli anni Sessanta, e sei anni dopo l’esplosione del movimento Black Lives Matter – la cruda verità è che le vite nere negli Stati uniti ancora non contano niente rispetto alle ingiustizie quotidiane e al terrore poliziesco.
I comportamenti razzisti, dai più imbarazzanti ai più nocivi, rinforzano la supremazia bianca su base quotidiana. Se le istituzioni statali – dalle violente forze di polizia fino alla segregazione, dalle diseguaglianze nell’accesso all’istruzione a quelle, fatali, legate alla sanità – sono le sbarre che impongono all’America nera una cittadinanza di seconda classe, l’ideologia del razzismo è la dieta delle guardie carcerarie. Partendo dalle Amy Cooper che chiamano la polizia per segnalare un uomo nero, ben sapendo che conseguenze potrebbe avere un’azione del genere, fino ai dottori bianchi che non credono ai pazienti neri quando arrivano in ospedale, le ripercussioni delle idee razziste sono evidenti.
Può essere utile, soprattutto per i bianchi e le bianche, esaminare le proprie convinzioni più radicate e i propri bias impliciti. Vivere in una società razzista significa assorbire idee bigotte – sono l’aria che respiriamo. Un po’ di umiltà e un senso di inadeguatezza sono dunque più che giustificati. Allo stesso tempo, la corsa di questi giorni (spesso ben intenzionata) tra i bianchi progressisti a scandagliare la propria anima per «riconoscere i propri privilegi» rischia di far sì che a guidare le azioni sia il senso di colpa, che può portare a farsi da parte, ad «ammutolire», o a ritirarsi nell’introspezione invece di costruire solidarietà e unirsi alla lotta.
Le persone bianche che «si fanno avanti» per «prendersi la responsabilità» dei loro privilegi non sono molto utili. Occorre una solidarietà reale attraverso campagne concrete, manifestazioni e movimenti. Innanzi tutto perché le nostre lotte sono strutturali, e sono interconnesse. Viviamo in una società che ha mobilitato velocemente migliaia di truppe, dozzine di coprifuoco, e un numero incalcolabile di poliziotti armati fino ai denti per rispondere alle proteste, ma che ha lasciato gli ospedali a corto di ventilatori e Dpi per far fronte a un’epidemia mortale. Viviamo in una società con livelli di homelessness devastanti, sul precipizio di una potenziale ondata di sfratti, ma che preferisce spendere i suoi soldi per arrestare e brutalizzare le persone anziché dare loro una casa decente. Il movimento nelle strade sta insistendo sulla proposta di definanziare la polizia e dirottare quelle risorse su ospedali, scuole ed edilizia pubblica, perché ritiene che l’ingiustizia razziale e lo strangolamento economico degli afroamericani non possono essere analizzati separatamente dai tagli alle risorse pubbliche e da un welfare state decrepito. Se vogliamo sradicare il razzismo, abbiamo bisogno di un’azione collettiva e di massa per ottenere ambiziose soluzioni materiali e cambiare l’economia politica degli Stati uniti.
Ci sono due modi per affrontare la situazione. In un caso, un giovane uomo bianco, sconvolto dal razzismo della polizia statunitense, può spendere il suo tempo a struggersi per le circostanze in cui ha permesso che i suoi bias inconsci dessero forma al modo in cui ha parlato a un ex-compagno di classe o ai vantaggi di cui ha goduto quando ha fatto richiesta per un mutuo. E può fermarsi qui. Oppure può supportare attivamente il movimento facendo pressione per un cambiamento trasformativo, organizzando il proprio quartiere e spingendo i suoi colleghi di lavoro a unirsi alle proteste, mobilitandosi all’interno del proprio sindacato per buttare fuori la polizia dalle scuole, o unirsi a una campagna locale per definanziare la polizia nella sua città.
Quale linea di azione ha una possibilità di aggredire il meccanismo di segregazione e l’inconcepibile mancanza di investimenti nei quartieri neri? Quale ha una possibilità di rompere i legami tra i dipartimenti di polizia e le scuole e smantellare la school-to-prison pipeline[la tendenza degli studenti socialmente svantaggiati a finire in prigione, Ndt]? Quale avrà una possibilità di finanziarie gli ospedali pubblici e il personale necessari ad affrontare la disparità mortale di trattamento fra bianchi e neri rispetto al Covid-19 e assicurare che tutti abbiano le cure adeguate?
Gli ostacoli per ottenere riforme tanto ambiziose sono immensi. Ma per scongiurare il rischio che la lotta per la giustizia razziale venga isolata e silenziata, la solidarietà multirazziale è essenziale. Il movimento ha bisogno di una base abbastanza ampia e radicata per strappare delle concessioni da una struttura di potere ben consolidata che trae vantaggi dallo status quo. Questo tipo di solidarietà non è solo necessaria, ha anche una base materiale. Anche se le persone bianche chiaramente non soffrono gli effetti del razzismo, i poveri, la working class e persino i bianchi della middle class hanno tutto da guadagnare nella lotta contro il razzismo: una delle ragioni principali per cui gli Stati uniti hanno un welfare state così scialbo e un movimento sindacale così debole è che il razzismo è stato usato per dividere le persone e oscurare gli interessi comuni nello sfidare le élite della classe dirigente e delle corporation.
Questo ci porta ad analizzare la relazione tra cambiamento strutturale e idee razziste. Le fondamenta sociali e istituzionali del razzismo non possono essere smantellate convincendo una persona alla volta con gli strumenti della psicologia. Cambiamenti sociali profondi e sistemici hanno bisogno di un’azione politica di massa. Può essere utile o anche soddisfacente litigare con un tuo zio razzista e provare a convincerlo a cambiare gradualmente il suo punto di vista. Ma i cambiamenti epocali nella coscienza pubblica – il tipo di cambiamenti epocali che hanno portato centinaia di migliaia di persone a riversarsi nelle strade malgrado il doppio pericolo della pandemia e delle violenze poliziesche, e in milioni a identificarsi con i manifestanti e a far tremare le élite dominanti – sono possibili solo grazie a movimenti di massa. Black Lives Matter ha fatto più per trasformare la coscienza collettiva di chiunque altro dalle rivolte degli anni Sessanta in poi.
Ovviamente esiste ancora una grossa fetta di bigotti e razzisti incalliti. Ma queste persone non cambieranno idea parlandoci uno a uno, potranno forse riconsiderare le proprie convinzioni solo dopo aver subito l’impatto dell’ampia portata ideologica di un movimento di massa; di un’azione legislativa che ne concretizza il cambiamento e de-segrega i quartieri, le scuole e gli ospedali; e di un vero progresso economico, che ci porti a un salario minimo decente, a un’educazione universitaria gratuita e a un sistema sanitario nazionale adeguatamente finanziato, per migliorare le vite di lavoratori e lavoratrici e colmare le disparità razziali.
Negli Stati uniti c’è una ricca tradizione di movimenti politici multirazziali, di bianchi che mettono i loro corpi in prima linea in solidarietà con neri e nere per combattere il razzismo. Per ottenere un cambiamento sostanziale, non dobbiamo limitarci a conversazioni private o all’educazione personale. Dobbiamo invece puntare molto più in alto, a smantellare le istituzioni che consolidano le diseguaglianze e la violenza razziale. Questo vuol dire partecipare alla lotta politica, e non solo guardarsi dentro.
Hadas Thier
23/6/2020 https://jacobinitalia.it
*Hadas Thier è un’attivista socialista di New York, autrice del libro di prossima pubblicazione A People’s Guide to Capitalism: An Introduction to Marxist Economics. Questo articolo è uscito su Jacobinmag.com. La traduzione è di Gaia Benz
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