Non è acqua passata

Davanti a una grigliata di tutto rispetto, al secondo bicchiere di rosso, ma forse era il terzo, il mio amico M, ammalato di politica quasi dall’infanzia, ex valoroso sindaco di un piccolo borgo, assume un tono grave. “Io so qual è stato il momento esatto”, dice. Il momento esatto di che cosa? “Il momento in cui la sinistra italiana ha perso il suo ultimo treno”. Si fa silenzio. Anche le zanzare sospendono le attività. Forchette e bicchieri rimangono a mezz’aria. La tavolata intera aspetta di sapere. “È stato il referendum sull’acqua pubblica. Giugno 2011. Dodici anni fa. Quello era il treno giusto da non perdere. Perché era l’ultimo treno”.

Le parole che avete appena letto sono l’incipit di una recente riflessione di Michele Serra pubblicata su Il Post (link: ). Ho strabuzzato gli occhi, dato che Michele Serra, uomo di indubbia intelligenza e penna di valore, da lunghissimo tempo si è congedato dalla fase critico-giovanile (“Cuore” etc) per trasformarsi in un campione di neo-conformismo dem, spesso con venature moralistiche. Serra ha sostenuto e votato Renzi alle primarie (peraltro nel periodo in cui Renzi si schierava decisamente per il “no” al referendum sull’acqua bene comune, detto per inciso) e si è spinto fino a difendere l’indifendibile, purché fosse farina del sacco PD; una per tutte, difese le affermazioni paraleghiste e criptorazziste della Serracchiani (affermazioni che portarono Forza Nuova a offrire alla Serracchiani “la tessera onoraria del nostro movimento”, sempre per inciso). Questo solo per dire che, ecco, questa autocritica di Michele Serra mi ha colpito e quindi ho continuato a leggere.

Serra nel suo intervento ricorda correttamente come il referendum del 2011 intendesse sottrarre la gestione del servizio idrico alla logica del profitto e della distribuzione dei dividendi agli azionisti in un’epoca in cui “il vento delle privatizzazioni era ancora impetuoso”. Non solo fu raggiunto per l’ultima volta il quorum (mi permetto di aggiungere che il 95,8% di Sì rappresenta anche il record assoluto nella storia referendaria repubblicana) ma, cito, “fu anche l’ultima volta che una ‘cosa di sinistra’ – tale mi sento di definire, al netto di ogni possibile distinguo, il concetto di ‘acqua pubblica’ – ottenne un consenso popolare così ampio ed eloquente”.

Passa poi a raccontare un piccolo episodio personale, chiamando in causa la Multiutility che gestisce (anche) l’acqua nella sua zona: “proprio in quegli anni ebbi un faticoso contenzioso con Iren (…). Posso dire, senza margine di errore, che venni trattato con gentilezza ma come un cliente e non come un cittadino, e con me le altre nove famiglie che chiedevano l’allacciamento all’acquedotto. Quell’allacciamento mi costò molte migliaia di euro e non abito sul Cervino, ma a un chilometro dall’acquedotto stesso. La prima risposta della società per azioni Iren in sostanza fu: a noi il suo allacciamento non conviene. Dunque o se lo paga o non se ne fa niente – e proprio così andò. Iren aveva ragione. Era ed è una società per azioni: e dal momento che sei una società per azioni, devi rispondere ai tuoi azionisti. I quali hanno il diritto di chiedere: ma portare l’acqua in casa di Serra e dei suoi vicini, a noi rende qualcosa? E se non ci rende un quattrino, perché diavolo perdere tempo con Serra e i suoi vicini? Se abbiamo investito sulla distribuzione dell’acqua è per guadagnarci, non per fare della beneficenza”.

Serra conclude la sua riflessione tornando alla frase di M sul PD che perde il suo ultimo treno quando tradisce il referendum e il movimento per l’acqua bene comune: “quella mobilitazione, quei comitati, quelle persone erano interlocutori naturali dei partiti di sinistra. Erano una massa attiva e pensante, forse venata di radicalismo e di idealismo, difetti comunque compensativi del cinismo e dell’impotenza (…) ascoltarli, confrontarsi, cercare forme attive di discussione e di rapporto con un movimento – si badi bene – vittorioso, l’ultimo fin qui capace di portare alle urne una maggioranza importante, avrebbe forse cambiato il corso delle cose, per la sinistra italiana e per il PD in particolare”. “Quel treno era da prendere”.

Non voglio forzare le parole di Michele Serra ma mi pare che se ne possa anche dedurre che, a seguito di quel tradimento, i due termini “PD” e “sinistra” finiscono, di fatto, per divaricarsi in modo definitivo.

Ecco, a Serra e alle tante persone che si stanno interrogando onestamente su cosa sia “sinistra” ripartendo dai fondamentali (ad esempio la gestione pubblica dei servizi di interesse generale) vorrei dire che non si tratta di “acqua passata” (“acqua passata” è il titolo dell’articolo di Serra) o quantomeno non si tratta solamente di acqua passata. Non saprei dire se il treno perso sia (ir)recuperabile ma so che la ripubblicizzazione dell’acqua e dei servizi fondamentali è ancora assolutamente possibile. Purtroppo so anche che centro-destra e centro-PD sono ancora una volta uniti nel sostenere le più avanzate forme di privatizzazione e finanziarizzazione degli (ex) servizi pubblici.

Insomma, il “vento delle privatizzazioni”, caro Michele, non ha smesso di spirare: spira solo più silenziosamente e discretamente, senza più rivendicazioni e strombazzamenti ideologici, ma non per questo spira meno operosamente o meno pericolosamente. A volte la privatizzazione viene persino spacciata e propagandata come “ripubblicizzazione”, un paradossale tentativo di camuffamento che tradisce una debolezza e un’incrinatura del pensiero neoliberista, almeno in termini di capacità egemonica.

E così in Toscana, la regione in cui vivo, proprio in questi mesi stanno cercando di costruire qualcosa di analogo a Iren, Hera, Acea o A2A, gabellandola per “ripubblicizzazione”. Senza entrare in complicati tecnicismi, hanno dato luce ad una Holding finanziaria che a breve quoteranno in borsa. Come nel caso della Multiutility giustamente criticata da Serra, l’ obiettivo finale è la valorizzazione delle azioni e la distribuzione di lauti dividendi agli azionisti, compresi i vari fondi speculativi internazionali che faranno a gara per prendersi una fetta di questi servizi a domanda garantita, ex monopoli pubblici naturali divenuti monopoli privati, come nel caso del servizio idrico integrato. Un processo di finanziarizzazione – ultimo gradino della privatizzazione – che è stato fortemente voluto dal PD toscano in accordo con Fratelli d’Italia e con la benedizione della Meloni.

Questo è l’ultimo atto di quel lungo tradimento referendario che denunciamo da oltre dieci anni ma è anche un processo in corso che può essere fermato, se c’è la volontà politica. Ognuno deve fare la sua parte per non trovarci a scrivere, fra una decina d’anni, che un altro treno è stato perso; anzi, che il treno è stato volutamente sabotato e deragliato.

Tommaso Fattori

4/8/2023 http://www.rifondazione.it

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