Non ti pago…ma ti sanziono se non continui a lavorare
Da mesi non prendevano lo stipendio, hanno scioperato ed hanno vinto. Ma le minacce di sanzioni ora arrivano ai lavoratori, non a chi non li ha retribuiti: l’Italia è sempre più un paese dove i diritti vengono intesi alla rovescia…
Succede a Roma, dove dal 1999 è stata privatizzata una parte del trasporto su gomma, con 103 linee di bus ad oggi in appalto ad un consorzio, il Roma Tpl Scarl. I numerosi problemi di questa gestione si trascinano nel tempo: lo sanno bene i cittadini delle periferie, a cui è destinato il servizio; lo sanno bene anche i lavoratori, che negli ultimi 5 anni vengono costantemente pagati con ritardo dalle aziende consorziate.
Gli autisti che parlano con i media vengono minacciati di licenziamento, come accade ai delegati sindacali USB, Ilario Ilari e Valentino Tomasone, che osano descrivere a Presa Diretta di Riccardo Iacona lo stato penoso delle vetture e del servizio.
Dopo una dura battaglia i due delegati non vengono licenziati, ma i problemi con gli stipendi vanno avanti mentre il Comune di Roma latita nello svolgere quel controllo che in quanto appaltante dovrebbe esercitare. Come se non bastasse, le aziende del Roma Tpl non solo smettono di erogare una voce dalla già non eccelsa retribuzione degli autisti (indennità Erg), ma negli ultimi mesi hanno anche detratto dalle buste paga somme già versate in passato, relative alla stessa indennità: per i lavoratori un’ulteriore perdita fra i 300 e i 500 euro pro capite.
Gli autisti, a tasche vuote, dopo ripetuti scioperi e proteste inascoltate, a fine novembre incrociano le braccia per otto giorni consecutivi. E vincono: nella tarda serata dello scorso 30 novembre, ottengono finalmente un accordo per il pagamento, vedendo così riconosciuto un diritto elementare.
Ma intanto si era già fatto sentire Roberto Alesse, presidente della Commissione di Garanzia Sciopero, a minacciare sanzioni contro gli “irresponsabili” che continuavano a scioperare nonostante le assicurazioni ricevute.
Bisogna ricordare che di promesse i lavoratori ne avevano ricevute tante. Anche dal Senatore Stefano Esposito, che da assessore alla Mobilità della Giunta Marino-bis, fra una bestemmia in aula e un “Roma merda” rivolto ai giallorossi, lo scorso settembre aveva annunciato il pagamento degli stipendi.
Ma Alesse scrive:
Se qualcuno pensa di avvelenare il clima delle corrette relazioni industriali con astensioni improvvise e illegittime, troverà la ferma risposta dell’Autorità di garanzia che, già a partire dalla seduta odierna, discuterà l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di sua competenza.
Non sfiora minimamente il presidente Alesse che il fatto di non pagare i dipendenti contribuisca non poco ad “avvelenare il clima delle corrette relazioni industriali”? E quando nel nostro Paese si metterà in campo, con pari fermezza, un’azione nei confronti di quelle aziende che – illegittimamente e ripetutamente – si sottraggono ai propri obblighi nei confronti di lavoratori e utenti?
Alesse parla di “sciopero selvaggio”. Ma quanto è “selvaggio” chi pretende che si lavori senza venir pagati? Anche secondo il nostro codice civile (art.1460 ) – per il momento ancora in vigore – esiste il principio di autotutela, secondo cui il lavoratore può rifiutarsi di svolgere l’attività in caso di mancata corresponsione degli stipendi.
Intanto al Senato è in discussione la proposta di Pietro Ichino, il quale, tanto per non smentirsi, propone di dar la croce sulle spalle del mondo del lavoro restringendo ulteriormente il diritto di sciopero nel settore dei trasporti.
Sanzioni e restrizioni vengono invocate a nome di noi cittadini, per il nostro “diritto alla mobilità”. Da storica ed ostinata utente di bus, tram e metropolitane, vorrei evidenziare a questi nostri “paladini” che quel diritto si garantisce in primo luogo dando alle città un servizio pubblico di trasporti efficiente, dove non si aspetta in eterno alla fermata, dove le vetture non sono luride, scassate e piene da scoppiare, dove le corse non saltano per mancanza di carburante, come è accaduto per alcune linee del Roma Tpl; dove i soffitti della metro non ti cadono in testa mentre passi: in due parole, dando una reale alternativa pubblica all’uso del mezzo privato.
In una Roma che si avvia al Giubileo affogando nel traffico e facendosi il segno della croce (più per scaramanzia che per sussulti religiosi), considerando i risultati delle privatizzazioni stile Roma Tpl, si ha un bel coraggio a riproporre la solita ricetta, dimostratasi stantia e fallimentare, che il privato è bello e tutto va a risolvere. Eppure questa stessa ricetta vorrebbero farci ingoiare anche per Atac, l’azienda romana di trasporto pubblico, dopo che, fra parenti e serpenti, l’hanno spolpata in tanti.
Insomma, dato che un reale diritto alla mobilità, efficiente e sostenibile, non ce lo sanno garantire, provano a legare mani e piedi chi lavora negandoci lo strumento di lotta principale, quel diritto di sciopero che poi sarebbe anche costituzionalmente garantito.
Ma allora, domandiamoci: quali azioni dovranno adottare quei lavoratori che, tanto per fare un esempio, non vengono pagati?
Rossella Lamina
4/12/2015 da http://www.today.it/blog/cronache-marziane
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