Ogni Autonomia Differenziata è violenza contro i poveri
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Il NO all’Autonomia Differenziata è la madre di tutte le lotte, per la democrazia sostanziale e le condizioni egualitarie di vita di tutte e tutti?
Potremmo anche usare con “battaglie” una forma di espressione militaresca per dare l’idea dello scontro unilaterale che gli attuali poteri istituzionali, nazionali e regionali, hanno intrapreso da alcuni anni per ridisegnare i confini sociopolitici delle popolazioni.
La politica italiana che ha governato il Paese negli ultimi quarant’anni, con i suoi atti legislativi, ha mirato alla sovversione della Costituzione che all’art. 3 stabilisce “…. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economicae sociale del Paese.”
Questo attacco alla Costituzione è provato da atti sovversivi in un gioco di ruolo dove tutti vincono e gli spettatori, il popolo, perde e che fanno diventare quasi puerili i tentativi della destra fascista con le stragi di massa degli anni 70. Una guerra allo Stato di diritto che oggi viene ulteriormente pianificata con il progetto dell’autonomia differenziata originata dalla nascita della Lega Nord e oggi condivisa da quasi tutti.
Che nelle intenzioni dei proponenti e dei loro attuali sostenitori il risultato sia la guerra tra poveri, il conflitto generazionale tra giovani vecchi, tra lavoratori precari e lavoratori “garantiti” è sotto gli occhi di tutti, ora che l’estrema destra è al governo, gli affari si praticano.
Quegli affari che la pandemia ha in parte svelato drammaticamente anche alle popolazioni tenute sotto seguestro dall’informazione a senso unico, perchè detenuta nella mani degli stessi poteri economici che hanno governato il Paese tramite i loro delegati nei due schieramenti di centro destra/sinistra.
Da tempo siamo in pochi, politici, intellettuali, costituzionalisti, giuristi, sindacalisti e giornalisti, ad affermarlo, a chiedere di costituire barricate politiche contro l’avanzata di Lombardia, Veneto ed Emilia e Romagna a capo della barbarie sostenuta dalle cupole governative. Poi si sono aggiunte Piemonte e Liguria, per cui si avrebbero 20 sistemi regionali completamente diversi su tutte le materie: sanità, contratti di lavoro, sicurezza sul lavoro, previdenza integrativa, ambiente, lavoro servizi pubblici, scuola, università, ricerca, professioni, infrastrutture, trasporti, energia, beni culturali, che governano – bene o male – regole, diritti e doveri della collettività e dell’identità nazionale.
Anche nei sindacati si produrrebbe una concorrenza perchè ogni ambito regionale penserebbe a se stesso producendo la fine della contrattazione nazionale e la stessa autorevolezza.
Per la cronaca, e per i futuri libri di storia (se obbiettivi) tutto è iniziato con la Riforma del Titolo V, approvata nel 2001, veniva ridotta la potestà legislativa dello Stato a favore di quella concorrente delle Regioni, che operano ad interpretarla come esclusiva.
Spariscono, spudoratamente, il concetto di interesse nazionale e il richiamo a Mezzogiorno e Isole che erano presenti nel testo del 1948.
Molte volte nella storia del mondo le battaglie delle minoranze, di questo istrutta anche oggi se analizziamo soggetti e collettivi impegnati nel Comitato Nazionale per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, sono poi diventate battaglie di popolo per la trasformazione di società arretrate e hanno preso forma culture di governo atte a determinare la sconfitta dei poteri dominanti all’opera per dimensionare a loro immagine somiglianza i rapporti sociali e politici tramite restrizioni violente delle libertà quando non riuscivano con gli atti legislativi come quelli in corso in Italia per ritornare alle forme divisive precedenti all’Unità d’Italia, seppur dentro un guscio ormai vuoto chiamato nazione.
Con la pandemia la regionalizzazione della sanità, di fatto applicata da anni, si è dimostrata incapace a garantire la salute e ha prodotto ulteriori disuguaglianze in tutte le Regioni ed in particolare tra Nord e Sud, ha, paradossalmente (in Italia ogni cosa politica dei governanti si basa sui paradossi)facilitato il proseguimento delle privatizzazioni, in atto da decenni, e il potenziamento della già radicata sanità integrativa, gestita dai privati, finanziata da tempo con i soldi pubblici, depotenziando quel poco di sanità territoriale prevenzione ancora sopravvissuta ai tagli permanenti, in particolare durante gli ultimi governi di entrambi gli schieramentti. Quindi va da sè che la pandemia da coronavirus è la dimostrazione viva che un servizio sanitario diviso e diverso per ciascuna Regione è mortale per i cittadini.
Ormai tutti possono arrivare all’amara considerazione che il buonsenso e facile ma si sa, in Italia la semplicità delle cose è difficile a farsi, mentre la barbarie è radicata nel DNA di chi è eletto per determinare uno stato sociale di benessere per tutte e tutti.
La divisione in atto, per soddisfare gli animi secessionisti delle Giunte del nord, viene programmata dagli ultimi quattro governi e coperta dalla maggior parte dell’esercito suddito dell’informazione stampata e televisiva, obeso di conflitti d’interesse, e corruzione e dalla quasi totalità degli zombi in un Parlamento a distanza siderale anche dalla cultura liberale del primo della storia d’Italia.
In questo stato di caos istituzionale sembra quasi logico che il signorotto del Veneto Luca Zaia possa, senza alcuna vergogna, affermare “dateci l’autonomia e aiuteremo il sud”. Il ritorno al feudalesimo, con i poveri in attesa dell’elemosina dei ricchi nella fortezza, però a condizione che non si ribellino ai voleri dei signorotti.
Nelle stanze blindate del governo si programma, nel silenzio degli organi di stampa, il golpe con le “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata”, fregandosene (ricordate il “me ne frego” dei criminali in camicia nera?) il parere della Corte dei Conti che ha fatto presente le gravi disfunzioni che produrrebbe nel tessuto economico.
Il governo se ne frega e lo conferma anche con l’intesa Stato-Regioni del 4 agosto scorso che assume nell’assistenza domiciliare i meccanismi della Lombardia con l’esternalizzazione dei servizi ai privati.
A quanto pare non è bastata la mala gestione della sanità che ha causato migliaia di evitabili morti di covid in Lombardia e gli effetti disastrosi sull’economia e sulla convivenza sociale.
Quello che fa rabbia è il silenzio di intellettuali di peso politico, di storici, di giornalisti che si vantano di essere indipendenti, di artisti influencer in questa società dell’immagine, che potrebbero cambiare i rapporti di forza comunicativa nell’informare l’opinione pubblica programmaticamente esclusa di fautori di quella che è una vera e propria secessione delle zone ricche, o meglio dire dei settori ricchi delle Regioni del nord in quanto le disuguaglianze e le disparità dicondizioni sociali aumenterebbero ancora per le già ampie fasce di povertà nelle periferie di quelle Regioni. Ne sono drammaticamente consapevoli i milioni di cittadini ormai costretti a ricorrere all’onerosa sanità privata.
Questa politica si basa sull’odio di classe perchè, loro, la lotta di classe l’hanno fatta e continueranno, non gli basta più il neoliberismo, pretendono il neofeudalesimo e la strada per facilitarlo è rappresentata dalla lotta tra poveri, dal rancore nei confronti di simili residenti oltre i propri confini.
La pandemia ha svelato alla massa che il fabbisogno di salute – diritto descritto nell’art. 32 della Costituzione – non può dipendere dal reddito prodotto dalle singole Regioni, come quelle del centro- nord che pretendono di gestire ogni forma di fiscalità generale derivante da materie vitali che riguardano la vita dei cittadini: sanità, scuola, università, ricerca, sicurezza sul lavoro, previdenza integrativa, ambiente, lavoro e contratti, professioni, infrastrutture, trasporti, energia, beni culturali, le più note.
Quindi l’Autonomia Differenziata porterebbe alla scomparsa dei principi di uguaglianza e solidarietà, politica, economica e sociale previsti dall’art.2 della Costituzione, determinante per l’unità del Paese – la Repubblica è “una e indivisibile, art. 5- anche se mai applicato compiutamente a causa dello sviluppo diseguale tra le Regioni del centro-nord e quelle del sud lasciate dalle politiche di tutti i governi a marcire intenzionalmente nell’inedia della disoccupazione e nel ricatto delle compiacenti mafie.
Sappiamo già che la secessione in corso, vedi, ad esempio, la regionalizzazione dei contratti in Emilia e Romagna, non verrà affatto messa in disccussione, sia per la natura del “governo tecnico” guidato dal principe delle privatizzazioni e dell’inibizione dei diritti sociali e del lavoro, ma anche perchè chi sosteneva il governo Conte sosterrà anche questo, rafforzato dal sostegno della Lega, cioè dei primi promotori della fine dell’Italia unica e indivisibile.
Niente più sarà uguale dall’Italia che abbiamo conosciuto, anche la politica sarà sempre più lontana dalla realtà quotidiana di chi è fuori dai palazzi, e gli italiani del sud vivranno sempre peggio come cittadini scartati dentro delle riserve dalle quali usciranno solo per poter, chi potrà farlo, elemosinare lavoro e salute fuori dai confini regionali.
Come difendersi da queste intenzioni della delinquenza politica? Intanto non votarli più, disintossicarsi dalla droga delle TV, riallacciare un rapporto sentimentale con i comunisti, ricordando che sono quelli che hanno dato al Paese i diritti di civiltà. benessere sociale e di lavoro. Quello che vi hanno raccontato sui comunisti è la solita negazione della storia a loro uso e consumo.
Se non si inizia a cambiare strada, lasciando quella degli ultimi decenni avvelenati dai pifferai che si sono succeduti presentandosi come salvatori si andrà incontro al suicidio tirandosi dietro le incolpevoli nuove generazioni, diventando complici attivi del crimine politico.
E uno sciopero generale in difesa Dell’Italia Unita?
Franco Cilenti
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