OLTRE IL BLA BLA BLA SU INFORTUNI E MORTI SUL LAVORO
La raffica di omicidi dolosi o colposi sul lavoro avvenuti negli ultimi giorni ha prodotto un affastellarsi di proposte già parzialmente in incubazione: pene più severe, sospensione dell’attività, patente a punti, database comuni tra enti, assunzioni d’ispettori, commissioni lavoratori/aziende, certificazioni esimenti, formazione continua…
È APPREZZABILE la buona volontà dei diversi soggetti ma occorre segnalare anche le ombre che si nascondono dietro queste proposte. Partiamo da un evento specifico: i due lavoratori morti per asfissia all’Humanitas di Pieve Emanuele. Da quanto riportato si può ricostruire il contesto essenziale: due lavoratori, uno neoassunto, di un subappalto di un’impresa incaricata della fornitura (autotrasporto?) di gas; un locale confinato seminterrato; una sostanza chimica sotto pressione, che in caso di rilascio può saturare velocemente un locale; un malfunzionamento nel trasferimento o un guasto (manutenzione?) del serbatoio; uno dei lavoratori scende per capire cosa succede senza dispositivi di protezione né misuratore di ossigeno (in dotazione?) sviene e muore; l’altro cerca di aiutarlo, sviene e muore.
PURTROPPO UNA TIPICA successione di eventi connessa al lavoro in ambienti confinati e con agenti asfissianti, comunque compreso in un obbligo particolare per le aziende che se ne occupano: la qualificazione (DPR 177/2011). Consiste questa in un insieme di garanzie (regole interne, formazione ed esperienza dei lavoratori, procedure definite e condivise con il committente …) tali da ridurre improvvisazione e imprevidenza anche personale e permettere al committente una scelta corretta.
La qualifica delle imprese avrebbe dovuto essere la normalità nell’impostazione del testo unico sulla sicurezza (D.Lgs 81/2008, art. 27) ma è stata l’eccezione. Unico decreto, proprio quello sui luoghi confinati.
La cornice normativa della patente a punti c’è già, basterebbe superare l’inerzia del legislatore e definire decreti che specifichino i contenuti della qualificazione secondo il comparto.
Alla stessa stregua basterebbe che il legislatore emanasse norme, già pronte, sulla revisione dei mezzi agricoli e relativa rottamazione per quelli non a norma per ridurre fortemente gli infortuni mortali da ribaltamento di mezzi che non hanno, per vetustà, alcun sistema di protezione dell’abitacolo e sovente neppure le cinture di sicurezza.
SOSPENSIONE dell’attività delle imprese. Strumento già esistente che può essere migliorato, tenendo conto che i lavoratori vanno tutelati nel reddito e non devono subire le conseguenze delle inadempienze dei datori.
Database tra enti. Se ne parla da decenni ma poco è stato fatto. Vanno messi in rete dati di enti statali e regionali, ma le diverse competenze, in parte sovrapponibili, e la difficoltà di accordi rendono difficoltosa questa strada senza un soggetto dotato di adeguata autorità che coordini le diverse agenzie. Sarebbe un passo in avanti se tali database fossero disponibili almeno a livello regionale.
Delle assunzioni di tecnici si parla da anni. Gli ispettori da potenziare sono principalmente quelli delle regioni (Usl/Asl) defalcati in misura diversa nei diversi territori dal mancato turn-over nella pubblica amministrazione nonché dalla progressiva marginalizzazione delle attività di prevenzione sul territorio. Tendenze confermate dall’incombente controriforma Moratti del Sistema Sanitario Regionale in Lombardia, regione che spicca per il 41 % di tecnici in meno rispetto a prima di Formigoni. Se anche si corresse nelle assunzioni, ci vorranno almeno 3 anni – il tempo di formazione adeguata di un ispettore/tecnico – per superare il gap attuale.
LA PROPOSTA DI commissioni miste sulla sicurezza (lavoratori/azienda) riporta alla situazione ante Statuto dei lavoratori. Quel sistema era fallimentare: le imprese avevano il coltello dalla parte del manico, ed è stato superato dalla stagione dei consigli di fabbrica, quando i rappresentati dei lavoratori direttamente eletti dagli stessi (non delega) si occupavano di tutte le condizioni lavorative e costruivano vertenze con ampio spazio per la sicurezza e l’igiene del lavoro.
Semmai occorre rafforzare il ruolo e il potere dalla parte dei lavoratori partendo ad esempio dalla eliminazione dell’obbligo fiduciario che pone sotto ricatto ogni iniziativa rigorosa di cambiamento.
Da rispedire al mittente la proposta di Confindustria: una certificazione volontaria esimerebbe da responsabilità le aziende, uno scudo penale inaccettabile.
DA ULTIMO: LA FORMAZIONE come iniziativa preventiva (informare è prevenire) è corretta ma prima andrebbe sgombrato il campo dai troppi formatori farlocchi: la Conferenza Stato-Regioni già 10 anni fa doveva definire la vigilanza sui formatori per la sicurezza. Stiamo ancora aspettando.
Le condizioni concrete della sicurezza sul lavoro sono alla deriva da anni: smantellati i diritti dei lavoratori, ridotti gli organici ispettivi, indotti gli operatori a collaborare con le aziende e a non interloquire con i lavoratori e le loro rappresentanze da un’organizzazione burocratica, finalizzata a obiettivi di facciata, quantitativi e non qualitativi degli interventi. Senza la ricostruzione di un rapporto tra lavoratori e tecnici della sanità pubblica, la sicurezza farà molto poca strada.
Marco Caldiroli
Presidente Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione
5/10/201 https://ilmanifesto.it
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