Lavoro: omicidi nascosti
In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-giugno-2021/
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La comunicazione mainstream utilizza anche la morte sul lavoro quando può fare spettacolo e audience. Su mandato dei padroni, che detengono anche televisioni e grandi giornali, offrono una macabra scenografia che uccide una seconda volta la vittima di un sistema produttivo criminale, relegandola a unico caso da memorizzare. Si potrebbe declinare come ipocrisia ma è una vera e propria complicità con gli impuniti responsabili di tre morti al giorno sul lavoro che loro, comunicatori a libro paga degli assassini, nascondono, mistificando consapevolmente ignorando anche i principi professionali dell’etica.
Non serve essere sindacalisti, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, o, addirittura comunisti, per comprendere le cause di questa strage quotidiana e comunicare agli spettatori e lettori che gli omicidi sul lavoro non sono una fatalità ma sono causati da inadempienze normative da parte di quelli che impropriamente vengono definiti come “datori di lavoro” ma che si comportano come predatori di lavoro, con uno sfruttamento che ci rimanda all’ottocento diventando tre volte al giorno predatori di salute e di vita altrui. A questi omicidi si aggiungono le 8 morti giornaliere per amianto, tantissime altre per malattie professionali contratte sui luoghi di lavoro. E per cancro ogni anno si ammalano in Italia circa 370mila persone e ne muore circa centinaia al giorno: la maggioranza di queste è di origine professionale e ambientale, vedi Taranto!
Per spezzare (per fermarla è d’obbligo un cambio radicale di sistema produttivo) questa catena di morti va ricostruito il governo sindacale sull’organizzazione del lavoro, atto anche a favorire il confronto quotidiano tra rappresentanze dei lavoratori e i servizi di prevenzione delle ASL, cui sono demandati i controlli sulla sicurezza.
Va ricostruito un clima di conflitto che rimetta in piedi le funzioni democratiche di controlllo sulle dinamiche politiche oggi asservite alla Confindustria e alle altre associazioni datoriali, ma anche sugli Enti preposti come l’Inail che, ad esempio, non conteggia i dati sui circa 3 milioni di lavoratori in nero.
Franco Cilenti
Redazione Lavoro e Salute
Corsivo editoriale per le pagine Sicurezza e Lavoro del numero 6 di giugno
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