Omicidi sul lavoro: per una Legge di prevenzione

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Conclusa con successo la raccolta firme sulla proposta di Legge di Iniziativa Popolare

Reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro: uno strumento di deterrenza necessario, migliaia di firme a sostegno della legge di iniziativa popolare

di Emilio Banchetti

Nel nostro paese è diffusa, purtroppo, una cultura padronale che in salute e sicurezza sul lavoro vede un mero costo, da ridurre al minimo per aumentare i profitti. Questo ha determinato, nel corso degli anni, una progressiva erosione delle tutele a difesa dell’incolumità dei lavoratori e delle lavoratrici, insieme ad un depotenziamento costante delle figure ispettive preposte al controllo. Ad oggi, purtroppo, siamo costretti a leggere numeri da capogiro: sono migliaia gli uccisi sul lavoro in Italia ogni anno, con una media di più di tre decessi ogni giorno.

Per noi, però, l’unica cifra di morti sul lavoro accettabile è zero: per questo l’Unione Sindacale di Base e Rete Iside hanno elaborato una proposta di legge che introduce il reato di omicidio e lesioni gravi e gravissime sul lavoro. Grazie a questa nuova fattispecie di reato, una volta che sarà inserito nel codice penale, siamo convinti che si avrebbe un effetto pratico immediato, di deterrenza rispetto coloro che tagliano su salute e sicurezza nel lavoro. La legge è stata presentata alla Camera nella scorsa legislatura grazie al sostegno delle deputate di ManifestA, purtroppo non è stata discussa e, per questo è nata la LIP.

La Legge di iniziativa popolare che introduce il reato di omicidio sul lavoro, passo successivo, è stata fondamentale per far vivere la campagna nelle città e nei posti di lavoro: sono state migliaia le persone che hanno firmato in decine di piazze, assemblee, iniziative, banchetti e manifestazioni. È stata possibile grazie al sostegno, oltre di USB e Rete Iside, di forze politiche e singoli: l’appello a sostegno è stato firmato, tra gli altri, da Emma Marrazzo, madre di Luana D’Orazio, uccisa sul lavoro il 3 maggio 2021.

Oltre a lei hanno sostenuto la campagna personaggi pubblici e dello spettacolo, come Vauro e Ascanio Celestini, attivisti e militanti politici, tra i quali ricordiamo Antonello Patta, Maurizio Acerbo e Paolo Ferrero del PRC, i portavoce di PaP Marta Collot e Giuliano Granato, Giorgio Cremaschi con il quale da tempo condividiamo analisi e prospettive di lotta, Luigi De Magistris, Marco Bersani e tanti altri. Come USB e Rete Iside Ringraziamo tutti per il sostegno che è stato dato alla raccolta e che siamo convinti continuerà anche in futuro. Un ringraziamento particolare va a Zerocalcare, Stefano Massini e Alessandro Robecchi, che, insieme ai già citati Cremaschi e Celestini, hanno realizzato dei video per diffondere la campagna. Un contributo fondamentale è stato poi dato da familiari delle vittime sul lavoro, che hanno sostenuto con forza e diffuso la campagna: oltre ad Emma ringraziamo Alberto Orlandi, compagno di Luana che ha partecipato anche a più iniziative sul tema, Graziella Marota, madre di Andrea Gagliardoni ucciso a 23 anni da una pressa cui erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza, Monica Cocconi, compagna di Sergej Robbiano delegato USB che ha perso la vita sul lavoro all’Aeroporto di Genova.
Questi sono stati tra gli incontri maggiormente positivi fatti durante la campagna, con persone che si sono avvicinate e ci hanno raccontato le loro storie personali, politiche e familiari. Ma è innegabile come, in questi mesi di campagna, ci si è dovuti confrontare con avvenimenti tremendi: la strage di Brandizzo, in particolare, è stata uno dei più gravi fatti di sangue sul lavoro nel nostro paese degli ultimi anni. Casi come Brandizzo, ma anche quello di Luana o dell’altra giovane operaia Anila Grishaj nel novembre 2023, ci dimostrano quanto sia diffusa la speculazione sulle vite di chi lavora.
Per aumentare la produttività del macchinario o per diminuire i tempi di lavorazione, le misure di sicurezza vengono ignorate, rimosse o sabotate. Nel caso di Brandizzo sembra, infatti, fosse una prassi per gli operai operare sulle rotaie tra il passaggio di un treno e l’altro: occorre fare presto per risparmiare e far si che l’azienda non perda neanche un centesimo, ma aumenti i suoi profitti mettendo a rischio la vita dei lavoratori. Allo stesso modo i dispositivi salvavita del macchinario cui lavorava Luana erano stati rimossi, in particolare la saracinesca che ne avrebbe dovuto impedire il trascinamento all’interno: dalle indagini è emerso che anche un altro orditoio della ditta era stato ugualmente manomesso.

Se queste, quindi, sono prassi occorre uno strumento di deterrenza: con il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro, finalmente, potremmo avere finalmente un dispositivo legale che rende impensabile tagliare su salute e sicurezza di chi lavora. I titolari della ditta dove lavorava Luana hanno patteggiato una pena che, grazie alla sospensione condizionale, non sconteranno: la fabbrica non è rimasta chiusa neanche un giorno. Ugualmente, l’allora AD di Ferrovie Moretti non sembra rischiare il carcere per la strage di Viareggio: nonostante sia stata riconosciuta in sede di inchiesta la mancata applicazione di norme a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, in particolare sulle manutenzioni; questa ha causato il deragliamento del treno e l’infernale esplosione successiva che devastò il quartiere limitrofo alla stazione. I casi potrebbero essere migliaia, proprio come lo sono gli uccisi sul lavoro in Italia.

È diffusa una convinzione secondo la quale, se un operaio muore, la parte datoriale non rischia più di tanto: la vita stessa di lavoratori e lavoratrici diventa oggetto di speculazione. Tutto questo deve finire, non è con il solo reato di omicidio sul lavoro che si può porre termine alla vera e propria strage di lavoratrici e lavoratori nel nostro Paese, ma di sicuro sarebbe un primo passo fondamentale per tutelare la salute di chi lavora.

Nei prossimi mesi, siamo convinti, sarà fondamentale la mobilitazione per far si che la legge venga discussa e approvata dal parlamento: le firme raccolte sono migliaia, il problema sotto gli occhi di tutti. Adesso la politica istituzionale, da troppo tempo sorda e inerte di fronte a questa strage salvo stracciarsi le vesti tramite dichiarazioni ad ogni avvenimento tragico, deve fare la sua parte: a chiederlo sono le migliaia di lavoratori e lavoratrici che ogni giorno rischiano la vita nel nostro Paese.

Il 20 febbraio saranno consegnate le firme: una giornata che vogliamo sia di mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici, a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Sarà un’occasione per dimostrare alla politica quanto il reato di omicidio e lesioni gravi e gravissime sul lavoro sia urgente e necessario.

Unione Sindacale di Base

Rete Iside

1/2/2024

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