Oxfam: in Italia il 5% dei ricchi possiede metà ricchezza nazionale

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Nel 2024 la ricchezza dei Paperoni italiani è aumentata di 61,1 miliardi di euro – a 166 milioni al giorno – raggiungendo un valore complessivo di 272,5 miliardi detenuto da 71 individui. Tutto ciò a fronte di un “quadro di grande preoccupazione” per la povertà assoluta, che nel 2023 era rimasta stabile rispetto all’anno precedente ma vedeva oltre 2,2 milioni di famiglie, per un totale di 5,7 milioni di persone, vivere in condizioni di povertà assoluta. Il 5% più ricco delle famiglie, è titolare del 47,7% della ricchezza nazionale.  

Come ogni anno, in occasione del meeting del World Economic Forum di Davos dal 20 al 24 gennaio 2025, Oxfam relaziona con un’analisi sullo stato delle disuguaglianze economiche e sociali nel mondo e in Italia incrociando dati rilasciati da autorevoli fonti e le evidenze derivanti dal lavoro sul campo in 80 Paesi. Accompagnano il rapporto una serie di raccomandazioni di policy rivolte al Governo italiano.

Il rapporto di quest’anno, “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata”, evidenzia come la crescita della concentrazione della ricchezza sia ascrivibile a un sistema economico “estrattivo” e come l’acuirsi dei divari economici e sociali sia il risultato di scelte politiche, come nel caso italiano, che premiano «contesti ed individui che sono già avvantaggiati».

La sezione italiana del rapporto, “Disuguitalia”, parla di un Paese dove, a metà 2024, il 10% dei nuclei familiari più ricchi deteneva oltre otto volte la ricchezza della metà più povera delle famiglie, un rapporto che era pari a 6,3 solo 14 anni fa. Un divario crescente visto che fra dicembre 2010 e giugno 2024 la quota di ricchezza del top-10% delle famiglie sul totale è aumentata di oltre sette punti percentuali, passando dal 52,5% al 59,7%. Nello stesso periodo la quota detenuta dal 50% più povero si è contratta di quasi un punto percentuale passando dall’8,3 al 7,4%.

Oxfam nota che la diseguaglianza nella distribuzione dei redditi netti equivalenti in Italia ha registrato “un lieve miglioramento” nel 2022 rispetto al 2021, comunque “insufficiente” per migliorare la 20esima posizione dell’Italia fra i 27 Paesi Ue per il profilo meno egalitario nella distribuzione dei redditi. Peraltro “l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 non ha comportato una riduzione dell’incidenza della povertà assoluta, ostacolata dall’impatto dell’inflazione ancora elevata e con effetti più marcati sulle famiglie meno abbienti”, dice Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla giustizia economica di Oxfam Italia. 

Secondo Oxfam, insomma, la ripresa dell’occupazione post-pandemia, con un tasso di occupazione al 62,4% trainato dall’occupazione over-50 e una disoccupazione ai minimi storici al 5,7% anche grazie all’aumento degli inattivi – “non devono distogliere l’attenzione dai problemi strutturali del mercato del lavoro nazionale” con forti squilibri territoriali, forti ritardi occupazionali nei confronti dell’Ue, giovani e donne che continua a soffrire di una marcata sotto-occupazione.

A fare da contraltare alla dinamica occupazionale positiva è la questione salariale: il mercato del lavoro italiano è infatti contraddistinto da una moderazione salariale di lungo corso: il salario medio annuale reale è rimasto pressoché invariato negli ultimi trent’anni.    
Oxfam chiede quindi “un cambio di rotta” in Italia a partire da politiche di contrasto alla povertà a vocazione universale, “garantendo la possibilità di accedere a uno schema di reddito minimo a chiunque si trovi in difficoltà”; maggiore equità del sistema fiscale, mettendo fine ai condoni e iniziando “una serrata lotta all’evasione fiscale”, e introducendo “una generale ricomposizione del prelievo”, “un’imposta progressiva sui grandi patrimoni” e aumentando il prelievo sulle grandi successioni e introducendo condizionalità nell’accesso delle imprese agli incentivi pubblici; politiche a sostegno del lavoro dignitoso, ad esempio disincentivando l’utilizzo dei contratti non standard e introducendo un salario minimo legale.

“buone feste da lecce” by Paolo Margari | paolomargari.eu is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.

I numeri messi in fila dalla ong hanno il merito di rivelare che la tendenza alla polarizzazione ricchezza-povertà non è un brevetto del governo Meloni che pure fa egregiamente la sua parte con una guerra ai poveri che si dispiega quotidianamente nei territori e nella sfera comunicativa. Sono processi incardinati profondamente nelle dinamiche globali, condizionati anche dalle guerre in corso, dall’aggressione russa all’Ucraina fino alle innumerevoli guerre commerciali legate alla corsa all’AI o alle terre rare.

Per questo il “cambio di rotta” non è credibile se affidato alle raccomandazioni formulate da una pur stimabilissima Ong, così come non va delegato alle sorti di un’alternanza elettorale che in oltre trent’anni, dall’introduzione del maggioritario, non ha mai visto governi di centro-sinistra imprimere svolte di 180% alle politiche introdotte dai presunti antagonisti di centro-destra. Anzi.

L’innesco di brecce nel welfare, l’avvio di processi di privatizzazione e precarizzazione, l’imbarbarimento securitario, il ritorno della guerra (anche se camuffata da missione di pace o di polizia internazionale”), le tendenze autoritarie e l’apertura di lager per migranti sono lasciti di governi e alleanze nate da tutt’altre speranze.

Quelle delusioni si sono trasformate in diserzione della politica oppure nella resa incondizionata alla logica del meno peggio mentre i processi del neoliberismo stravolgevano e disintegravano i tessuti sociali e con essi il senso comune. Tutto ciò mentre il climate change sta imprimendo una torsione feroce alla qualità della vita.

Così abbiamo iniziato a delegare alle Ong, al terzo settore o ai think-tank (o a Bergoglio) il compito di capire quello che sta accadendo e suggerire “cambi di rotta” a manovratori che però sanno solo affidarsi al pilota automatico congegnato in questi anni da chi ha condotto, e conduce, un attacco frontale a quel che resta del modello di democrazia e di welfare scaturito dalle lotte di liberazione dai fascismi e dal protagonismo del movimento operaio. Non è una questione di nostalgia per i bei tempi andati.

Anche nei “gloriosi trenta” le persone venivano brutalizzate dai datori di lavoro con ogni mezzo a loro disposizione. La differenza tra oggi e allora, forse, era l’esistenza di un orizzonte dell’alternativa a disposizione dell’immaginario collettivo, che forniva alla stragrande maggioranza della popolazione una speranza, una possibilità di identificarsi con il destino dell’altro da sé. E quell’orizzonte, oggi, è tutto da ricostruire. A partire dai numeri incrociati da Oxfam, probabilmente, ma senza aspettarsi cambi di rotta. Piuttosto licenziando i timonieri.

“[…]less” by Mr. Caillou is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.

Checchino Antonini

12/2/2025 https://diogenenotizie.com/

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