Pace Proibita: il convegno scomodo del pacifismo di sinistra

Versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-maggio-2022/

Archivio PDF http://www.lavoroesalute.org/

Un’eccezione negli ultimi dieci anni di tv italiana

Vero pacifismo, vera sinistra. Un convegno scomodo, molto scomodo. Un prodotto di televisione avanzato e di qualità che non si vedeva da anni.
Un prodotto non-commerciale e semplice, si potrebbe dire. In tutta la serata, durata 3 ore e mezza c’è stato solo un refuso: l’espressione “crisi alimentare” in una slide dei cartelli che trattava dei dati della crisi energetica. Solo un problema tecnico: la connessione con il massmediologo Carlo Freccero. Zero retorica, zero sensazionalismi, ma solo un’operazione culturale in grado di abbattere il bassissimo livello dei talk show, degli opinionisti e dei prodotti televisivi mainstream. Io non mi stupisco facilmente e non sono abituato a fare complimenti, ma ciò che ha organizzato Michele Santoro il 2 maggio 2022 al Teatro Ghione di Roma era di altissimo livello. Un ottimo antidoto per combattere il regresso nel libero pensiero e la fase pre-culturale che vige nel nostro Paese. Un’ottima lezione su come si possa squarciare il velo dell’ipocrisia e delle “guerre culturali” create ad arte tra social e mass media. L’intento è quindi quello innanzitutto di ringraziare Michele Santoro e tutti i relatori che erano presenti per la loro lucidità e spirito attivistico, dimostrando che il dissenso si può ancora agire senza temere nulla avendo il coraggio di sostenere le proprie idee… soprattutto se quelle idee sono pacifiste e contro le guerre imperialiste, intra-nazionaliste e di stampo etnico.

Scelto il giorno della Strage neonazista di Odessa

Interessante che il convegno sia stato organizzato il giorno della Strage di Odessa, dimenticato massacro di stampo neonazista nel cuore dell’ Occidente “democratico” in cui vennero massacrate e arse vive dalla violenza paramilitare d’estrema destra, scatenatasi dopo la “Rivoluzione colorata” di Euromaidan, oltre 40 persone, durante un attacco alla Casa dei Sindacati, dove i manifestanti si erano rifugiati per scappare dalla repressione poliziesca (secondo altre fonti i feriti sarebbero addirittura 160). Morirono sindacalisti, socialisti, pacifisti, comunisti (il Partito Comunista verrà messo fuori legge l’anno successivo, a settembre 2015). In questa strage morì anche Vadim Papura, 17 anni, giovane comunista, studente al primo anno dell’Università Nazionale di Odessa Mechnikov, attivista del Komsomol e del Partito Comunista d’Ucraina. Nonostante ciò, i nostri media sensibili “a random” al tema dei diritti umani, non hanno mai ricordato questa strage. Il colpo di Stato nazista del 2014 in Ucraina fu applaudito da tutti i governi occidentali, in modo trasversale da esponenti della destra liberale e della “sinistra” neo-liberal. Durante l’anniversario: il silenzio dell’Europa, la mancanza di indagine da parte delle autorità ucraine e la minimizzazione dei fatti (esattamente come allora). In giorni in cui sentiamo galoppare la retorica dei “valori occidentali”, ci chiediamo se questi valori tollerino stragi neonaziste nella “Europa civile e democratica”, le violenze e le torture commesse da milizie paramilitari d’estrema destra come i Battaglioni Azov e Aidar, e la guerra.

Finalmente dei discorsi politici: la cultura può ancora aiutare…

Elio Germano, Tomaso Montanari, Sabina Guzzanti, Don Fabio Corazzina, Fiorella Mannoia, Marco Tarquinio, Luciana Castellina, Moni Ovadia, Ascanio Celestini, Jasmine Cristallo, Fiammetta Cucurnia, la filosofa Donatella De Cesare, Vauro e tanti, davvero tanti altri. Un popolo, finalmente, deciso a non retrocedere di un millimetro rispetto alla marea bellicista e irrazionale che dalle stanze dei governi alle redazioni dei principali media prende possesso del nostro mondo. Un popolo raccolto in pochi giorni da Michele Santoro, insieme a 1.500 uomini e donne che vogliono a tutti i costi difendere principi che davamo per scontati e che purtroppo scontati non sono più.

Restare lucidi e fermi, sapendo che in fondo siamo la stragrande maggioranza, anche se vogliono trattarci tutti – intellettuali, scrittori, registi, professori e chi più ne ha più ne metta – come degli squinternati. Eppure i discorsi che abbiamo sentito parlavano d’altro non per forza della guerra attuale. Fiammetta Cucurnia ci ha ricordato come si siano continuate a fare guerre da quando il mondo non era più diviso in blocchi. Le guerre e i muri sono aumentati da quando è caduto il Muro di Berlino nel 1989 ed abbiamo assistito alla nascita di una nuova guerra fredda in cui ancora, purtroppo, la geopolitica, conta. A spiegarla è stato Ascanio Celestini con la storiella del “piccolo sindaco del piccolo Paese”, una volta libero e poi sempre più fortificato e militarizzato. Ma anche Donatella De Cesare che ha parlato dell’attuale guerra come una guerra tra due nazionalismi e quindi una guerra che oltre ad essere insensata è “finta” inquanto le stesse idee di “nazioni” su cui si basano sono “finzioni”, ovvero “comunità pre-politica di destino”. Tomaso Montanari ha sferzato un attacco ai ricchi della Terra, responsabili delle attuali disuguaglianze sociali, che continuano a sentirsi “padroni” e rinunciano ad essere “custodi”. Moni Ovadia ha poi ripreso il tema del neonazismo in Ucraina, i retaggi del collaborazionismo nazista ucraino nello sterminio degli ebrei e la complicità attuale di molti ebrei, come il presidente ucraino Zelensky e dello Stato d’Israele, nel sostegno interno ed esterno a queste milizie paramilitari neonaziste ed antisemite per puro interesse. In questo convegno giornalisti, intellettuali, filosofi ed esponenti della cultura della sinistra hanno semplicemente ribadito che la guerra è una strategia “suicidiaria” e che l’invio di armi equivale a complicità co-belligerante nella distruzione di vite umane.

Da Aldo Grasso a Fabrizio Rondolino: la passione per le liste di proscrizione

A non tutti piace chi si esprime per la pace, a non tutti piacciono i pacifisti perché il pacifismo racchiude dentro di sé qualcosa di sovversivo e rivoluzionario: pensare un mondo senza armi, un mondo in cui le fabbriche belliche non avrebbero senso di esistere, un mondo in cui il complesso militare-industriale verrebbe riconvertito in altro. Insomma un moderatismo fatto di radicalità, contenuti radicali e di coraggio di prendere scelte radicali. Il pacifismo militante oggi si scontra contro le narrazioni dei tecnici per i quali la guerra è inevitabile, contro le destre sovraniste che vedono nella guerra l’esaltazione della nazione più forte e contro le destre finanziarie che da quella guerra guadagnano in termini di profitto. La realpolitique avanza supportata dall’informazione mainstream secondo i quali “non c’è alternativa alla guerra”.

In questo periodo si sono infatti distinti, oltre a Gramellini, altri due giornalisti che amano la guerra: Aldo Grasso e Fabrizio Rondolino. Chiamarli giornalisti è un’operazione da psichiatri, ma sta di fatto che continuano ad esserlo nonostante la loro passione per le liste di proscrizione in cui elencare nomi di altri giornalisti ed intellettuali che hanno un’opinione diversa dalla loro.

Aldo Grasso, sulla sua rubrica del Corriere, ha stilato una lista di personaggi come Michele Santoro, Ritanna Armeni, castigata per una sua intervista al Riformista; come Angelo D’Orsi, colpito per qualche sua ospitata televisiva, e come la filosofa Ida Dominijanni, critica teorica del sovranismo, indagatrice con le categorie della più aggiornata filosofia femminista dei simboli e dei desideri del potere. Tutti colpevoli di essere contro la Guerra, di analizzare la guerra a partire dai suoi contesti e di essere per la pace: secondo Grasso fare questa operazione cultura equivale ad essere “filo-putiniani”.
Non solo, pochi giorni fa un altro sepolcro imbiancato come Fabrizio Rondolino ha seguito l’esempio del collega:
“Ricordatevi questi nomi. Hanno scelto gli assassini, i torturatori, gli stupratori. Non lo dimenticheremo”: con queste parole Fabrizio Rondolino si è riferito ai relatori intervenuti a Roma sul palco del Teatro Ghione durante un evento contro “l’esaltazione delle armi come soluzione”.

Tra di loro attori come Elio Germano, Ascanio Celestini, Sabina Guzzanti, Moni Ovadia; artisti come Fiorella Mannoia ma anche giornalisti come il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Tutti si sono espressi contro l’invio delle armi a Kiev. E per questo sono stati accostati a chi ha compiuto crimini di guerra in territorio ucraino. Rondolino, giornalista, ex militante del Pci (che a quanto pare si è dimenticato o non ha mai capito il significato di quel Partito), ex-membro dello staff di Massimo D’Alema, grandissimo sostenitore di Matteo Renzi ed ex-opinionista tv che ha preferito lasciare – fortunatamente – la politica per dedicarsi alla scrittura di gialli. Un po’ come Walter Veltroni. Rondolino, dall’alto del suo profilo Twitter con l’immagine dell’Ucraina e l’emoticon della bandiera europea ed israeliana, ha stilato una lista di proscrizione, mettendo nel mirino i pacifisti che si sono esposti durante il convegno. L’unica cosa positiva di tutto questa vicenda è che il suo tweet ha scatenato un’indignazione tale che Rondolino poi è stato costretto a cancellare non solo il post ma anche il proprio profilo Twitter. Questa l’immagine:

Non è la prima volta che il “giornalista” finisce nella polemica. Nel 2017 inviò una presunta mail inviata a Matteo Renzi, di cui era consigliere, prospettando l’ipotesi di costituire una redazione apposita per colpire gli avversari politici, soprattutto il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e il M5S, a partire da un sito costruito sulla base di un server estero.
Grasso e Rondolino hanno dato l’ennesima dimostrazione di sé e del loro ego, mettendo in atto una metodologia non proprio consona alla “libertà di espressione” e di informazione. Le liste che hanno stilato ricordano un po’ Myrotvoretz, lista di proscrizione ufficiale del governo ucraino (con cui lui è solidale), nella quale vengono resi pubblici i nomi, i cognomi, gli indirizzi, i numeri telefonici, dei giornalisti sgraditi al governo di Kiev. Costoro vengono definiti, tra le altre cose, “criminali”.

Andrea Rocchelli, il reporter assassinato nel 2014 durante un bombardamento in Donbass, era bollato nella lista come “liquidato”. Nella scheda di Rocchelli è riportata una nota in cui si afferma che il fotoreporter aveva violato il confine di stato dell’Ucraina per penetrare nel territorio occupato da “bande terroristiche russe” e che stava “cooperando con organizzazioni terroristiche filo-russe”. Niente di più falso, ma la propaganda di guerra può far miracoli, invertendo oppresso ed oppressore e creare “nemici necessari” contro cui battersi.

La propaganda… una “monografia della guerra”

Quest’ultima è stata l’espressione interessante usata da Carlo Freccero durante il suo discorso al convegno che rende l’idea di come i TG e i programmi si siano arruolati in battaglia senza essere sul campo. A tal proposito è stato illuminante il discorso di Sabina Guzzanti sul tema della propaganda e delle propagande. Ecco di seguito il discorso che merita di essere riportato:

Il tema che ho scelto è la propaganda, cioè quel sistema di menzogne senza cui nessuna guerra sarebbe possibile.  
In tv lo ripetono sempre che questa è anche una guerra di propaganda, e di propaganda da entrambe le parti. 

E tutte le volte ci casco e penso: vedi bravi riconoscono anche i nostri limiti. Invece si riferiscono solo alla propaganda russa e quella ucraina, non alla nostra… e anzi se si solleva il tema, molti stimabili protagonisti del piccolo schermo protestano: non è vero che c’è un pensiero unico, in tutti i programmi c’è sempre quello contrario alla guerra. Vero. Ma il motivo di questa apparente contraddizione, per cui convivono pensiero unico e il fatto che “ognuno possa dire la sua” è squisitamente drammaturgico.
Dipende cioè dal fatto che l’informazione è sempre più simile alla fiction e nella fiction c’è uno sceneggiatore che decide se farti identificare con una brava donna o con Dexter, il serial killer.  
Questo è il punto di critica: è vero che le posizioni sono tutte rappresentate ma la censura, che oggi si chiama linea editoriale, impedisce che i programmi siano pensati da sceneggiatori che pretendano di esercitare appieno i loro diritti costituzionali. 
Se ogni tato c’è pure un ospite contrario alla guerra è semplicemente perché ogni dramma ha bisogno di un antagonista e ne ha bisogno a maggior ragione, quando l’esigenza, come per la pandemia, è di riempire molte ore di trasmissione per molti mesi.
La funzione dell’antagonista è fondamentale, non solo tiene viva l’attenzione, ma per esempio giustifica il fatto che tu possa ripetere all’infinito gli stessi concetti: devi ripeterli perché evidentemente qualcuno è duro di comprendonio. Non perché la ripetizione ossessiva serva ad imporre il tuo punto di vista. A portare avanti una campagna di persuasione in sostituzione del fondamentale necessario prezioso imprescindibile confronto democratico. 
E dove persistono residui di un modo diverso di concepire il giornalismo, come Report e Presa Diretta, quei contributi vengono semplicemente ignorati: di lunedì apprendi che la Nato da anni arma e addestra l’esercito ucraino, e di martedì è di nuovo un’invasione unilaterale spiegabile solo con la follia di Putin
.

Per questo secondo me tra parentesi, molti hanno trovato similitudini tra pacifisti e no vax due gruppi che non hanno niente in comune. La sensazione di dejavu c’è perché la funzione drammaturgica è la stessa e simile è il trattamento che ricevono: tale che lo spettatore percepisca che se sta da quella parte verrà identificato col nemico.
Ma la propaganda è facile da riconoscere. 
Mentre ci disperiamo impotenti per la violenza atroce che sta subendo il popolo ucraino, siamo pure coscienti che in questo momento nel mondo ci sono ben 169 conflitti e che se le telecamere fossero puntate anche su quelli, provocherebbero in noi altrettanta indignazione. Siamo dunque consapevoli che la nostra commozione, angoscia solidarietà, sia pilotata. 
La propaganda funziona non tanto perché convince ma perché fa paura:
Chi è contro la guerra è sottoposto all’umiliazione di dimostrare di non stare col nemico: – Riesce a dire che Putin è un animale? – non ho sentito, parla più forte! Sembra full metal jacket: – palla di lardo non ho sentito! – Putin è un porco -non ho sentito!
Le bugie della propaganda non sono difficili da riconoscere:
come quando invitano un giornalista russo e gli attaccano un pistolotto sul fatto che da noi l’editoria è libera, incuranti dell’imbarazzo che provocano negli spettatori italiani. 

Che fine farebbe se si schierasse contro Putin? 
Perché a te cosa succederebbe se pretendessi l’applicazione della Costituzione? O cosa ti sarebbe successo se avessi trattato Putin come lo sporco dittatore che è sempre stato, quando governava Berlusconi? O solo fino a tre mesi fa quando godeva della simpatia di tre quarti dell’arco parlamentare? 
In Italia in linea di massima non finisci in prigione per le tue opinioni, ma tante carriere finiscono per un’opinione sbagliata. E se siamo tutti d’accordo che le dittature sono quei regimi dove si viene perseguitati per le proprie opinioni, siamo costretti a ricordare che la democrazia non si caratterizza come un regime in cui semplicemente non ti perseguitano ma come un regime in cui la tua opinione conta. E siccome l’84% degli italiani è contrario alla guerra mentre l’80% dell’informazione è a favore, o la presenta come ineluttabile che è la stessa cosa, siamo qui a dire che il gioco è truccato. Che in un momento in cui si decide la fine del progetto europeo e della riconversione ecologica, per entrare i un conflitto probabilmente atomico, pretendiamo che la nostra opinione conti.

Parliamo con i dati: la crisi alimentare, energetica e finanziaria

Perchè è stato importante questo convegno? Perché ha fornito dati inconfutabili sul disastro della guerra in Ucraina, non solo per il popolo ucraino e per la minoranza russofona del Donbass, ma anche per tutto l’Occidente. Riprendendo un’espressione che si usava durante il governo tecnico di Monti: “abbiamo una classe dirigente che tifa per il default” dal punto di viste economico. A dimostrarlo sono i dati della FAo, dell’Onu e persino del Fondo Monetario Internazionale, i quali hanno ormai sancito le tre grandi crisi aperte con la guerra in Ucraina: crisi alimentare, energetica e finanziaria.

Crisi alimentare

Secondo i dati dell’Onu e della Fao, l’Ucraina e la Russia sono i maggiori produttori di grano e di orzo mondiale, ovvero il 30% della produzione. Dal 1 dicembre 2021 all’aprile 2022 il prezzo del grano è aumentato del +31%, mentre un mese dopo la guerra abbiamo avuto un incremento nei prezzi con il +20% per il grano, +23% per l’olio vegetale e +5% delle carne. Inoltre dall’aprile 2021 all’aprile 2022 c’è stato un aumento del prezzo del petrolio del +66%, mentre del gas del + 500%. Russia e Bielorussia esportano 1/5 dei fertilizzanti nel mondo e il prezzo è aumentato del +100%. Non solo, prima della guerra c’erano 553 milioni di persone che vivevano con 3,20 dollari al giorno, mentre 215 milioni in povertà assoluta: ovvero 768 milioni di persone in lotta per la sopravvivenza. Dopo l’inizio della guerra il numero è drasticamente aumentato: si parla di circa 1 miliardo e 700 milioni di persone che rischiano di morire di fame e di freddo e, secondo i dati ONU, tra un mese la Tunisia non avrà più modo di procacciarsi la farina (senza contare che con il prossimo autunno e l’inasprimento delle sanzioni sarà peggio). La povertà di questo 1 miliardo e 700 milioni di persone è distribuita su 107 Paesi di cui 41 africani, 38 asiatici e del Pacifico e 28 dell’America Latina e Caraibi.

Crisi energetica

Secondo le fonti ONU, prima dell’attuale conflitto importavamo dalla Russia circa il 40% di gas e il 27% di petrolio. Dal 1 dicembre 2021 ad oggi i prezzi sono aumentati del +49% per il gas e del +46% per il petrolio. Ciò ha determinato anche delle diverse previsioni di crescita per i Paesi occidentali, infatti secondo i dati del FMI prima della guerra le previsioni di crescita per l’Europa era del +3,9% e per il mondo intero del +4,4%. Dallo scoppio della guerra la previsione per l’Europa è scesa a +2,8%, mentre per il mondo è scesa a +3,6%.

Crisi finanziaria

Secondo i dati Istat, l’Italia prima della guerra aveva delle previsioni di crescita del +3,8%. Un dato che il “governo dei migliori” guidato dal banchiere Mario Draghi aveva fortemente usato a suo favore. Con l’avvento della guerra, c’è un vero e proprio rischio recessione per l’Italia dal punto di vista della crescita. Non a caso nel primo trimestre l’Italia ha avuto una contrazione del Pil del -0,2%, mentre i prezzi aumentavano del +6,2% con un’iperinflazione che non si vedeva dal 1991 (31 anni fa). I carica da novanta arrivano anche sul rapporto debito/PIL che a fine del 2021 era del 150,8%, mentre tra tre mesi di guerra, secondo le fonti del Parlamento e del governo, avremo -50 miliardi di PIL. In tutto ciò gli interessi sul debito aumenteranno nei prossimi tre anni fino a +30,4 miliardi.

Il complesso militare industriale continua a fare profitto

Nel mondo la spesa militare per il 2022 è aumentata per il settimo anno consecutivo e, secondo i dati della Borsa Nyse, gli USA spendono 801 miliardi di dollari, ovvero il 3,5% del PIL pari al 38% del totale mondiale. L’effetto della Guerra sulla Borsa/USA nel primo trimestre è stato del -1,4%, mentre per la Borsa di New York del -9,35%. In tutto ciò le aziende belliche che più di tutte stanno guadagnando da questa guerra sono la Lockneed Martin che hanno visto un aumento del loro valore in borsa del +20 miliardi di dollari (+22%) e la Raytheon con +11,8 miliardi (+9%).

Cosa fanno queste due aziende? Costruiscono missili ed F35 che Joe Biden sta inviando in Ucraina (non a caso Biden ha detto che vuole altri 20 miliardi per le armi). Intanto a Milano la Borsa ha perso -12,5%, mentre Leonardo Spa guadagnava +2 miliardi di euro
(+56%). Un chiaro segnale di ciò che è veramente la guerra in Ucraina: un guerra tra due nazionalismi (russo e ucraino), sostenute da due grandi potenze tecno-militari avversarie come la Russia e la NATO dove a guadagnare non sono i civili ma chi ancora una volta vede il militarismo come una filosofia keynesiana per rilanciare il PIL a discapito della vita degli ultimi. Significativo anche analizzare che attualmente in Donbass ci sono circa 320.000 soldati ucraini, mentre 120.000 sono i soldati russi infinitamente più armati. Una discrepanza che le potenze occidentali vogliono colmare mandano più armi all’Ucraina per raggiungere la “soluzione finale” che sancisca la vittoria ucraina sulla Russia.

La vera assente, come ha affermato Santoro, è la pace, la logica della mediazione, della trattativa, del negoziato e del dialogo, ma soprattutto l’Europa con i suoi tanto decantati “valori occidentali democratici” che pur di inviare armi ha lasciato il ruolo di mediatore a Paesi come la Turchia e la Bielorussia.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-maggio-2022/

Archivio PDF http://www.lavoroesalute.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *