PALESTINA. Nove giorni a digiuno, la mobilitazione
A nove giorni dal lancio dello sciopero della fame dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, alcuni detenuti sono stati trasferiti nelle cliniche delle carceri per il deteriorarsi delle loro condizioni di salute.
Tra loro, anche prigionieri con precedenti problemi di salute che però continuano nella protesta assumendo solo acqua e sale: Riyad al-Umour, Ibrahim Abu Mustafa, Kamal Abu Waar, Nael Shahin e Amir al-Titi. In ospedale da re giorni anche Nazih Othman, recluso nel carcere di Ashkelon.
I primi effetti dello sciopero si fanno sentire sugli oltre 1.500 prigionieri che hanno risposto all’appello del leader di Fatah, incarcerato, Marwan Barghouti: perdita di peso, forti mal di testa e vertigini. Lo stesso Barghouti, fanno sapere dalla prigione altri detenuti, ha visto un aggravamento delle condizioni di salute.
Ma lo sciopero prosegue, nonostante in tentativi delle autorità carcerarie di fermarlo: da subito Israele ha avviato una serie di misure punitive, tra cui l’isolamento dei detenuti in sciopero, i trasferimenti da un carcere all’altro, la confisca di libri e effetti personali, il divieto all’ora d’aria e alla tv. Secondo quanto denunciato dal Palestinian Prisoner’s Society e dal Comitato per i prigionieri dell’Autorità Nazionale, ieri forze speciali israeliane hanno compiuto un raid dentro la sezione 14 della prigione di Nafha e lanciato gas lacrimogeni.
I prigionieri chiedono un miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri, l’accesso costante alle cure mediche, spesso negate dalle autorità carcerarie, il rispetto del diritto di visita di legali e familiari e soprattutto la fine dell’utilizzo della detenzione amministrativa, misura cautelare che non prevede processi ma che permette a Israele – in violazione del diritto internazionale – di detenere prigionieri che ritiene pericolosi per sei mesi, rinnovabili all’infinito, senza che si arrivi mai davanti ad un tribunale.
Fuori dalla carceri proseguono le iniziative popolari in solidarietà con i prigionieri. Il Comitato nazionale di supporto ai prigionieri in sciopero della fame ha fatto appello alla popolazione dei Territori Occupati perché boicotti i prodotti israeliani venduti nei supermercati e ai commercianti ha chiesto di svuotare gli scaffali di beni provenienti da Israele.
Ha poi chiamamato alla protesta e allo sciopero generale per domani (il sindacato degli insegnanti ha già aderito), mentre Fatah – il partito di Barghouti – ha fatto appello a scendere in piazza venerdì per il “giorno della rabbia”.
Proseguono anche le proteste spontanee, quasi ogni giorno. Lunedì sera una marcia verso la sede del Dco (il dipartimento israeliano di coordinamento in Cisgiordania) è stata fermata dai soldati che hanno lanciato gas lacrimogeni e proiettili di gomma, ferendo nove giovani. Secondo alcuni testimoni sono state usate anche pallottole vere.
Ieri una manifestazione al campo profughi di Qalandiya, a Ramallah, si è trasformata in scontri aperti in serata quando l’esercito israeliano è entrato nel campo e ha lanciato gas e proiettili di gomma per disperdere I palestinesi che lanciavano pietre e bottiglie vuote. Quattro palestinesi sono rimasti feriti.
26/4/2017 Nena News
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