Parigi: la rivoluzione in marcia?

PARIGI – La giornata dell’8 dicembre 2018, è stata epocale? Forse sì.

Mentre in Italia, un’altra Torino, diversa e opposta a quella delle “madamine” del 10 novembre, ha risposto con forza straordinaria a quanti hanno fatto credere che la realizzazione del Tav sarebbe stata la svolta per l’economia e la vita stessa della città, mentre dal profondo Nord calavano su Roma, le truppe cammellate (pagate?) di Matteo Salvini (un ministro, per di più dell’Interno, che organizza una manifestazione non s’era mai visto, tanto più che il suo scopo era una dimostrazione di forza); a Parigi, da dove scrivo, si teneva il sequel del sabato precedente, 1 dicembre quando la capitale francese fu centro di scontri violentissimi, devastazioni, repressioni.

Questo sabato 8, la situazione si è riproposta sia pure con minore violenza, ma con maggiore forza, maggiore determinazione e, mi è parso, anche con maggiore consapevolezza. Nei giorni precedenti una campagna terroristica dei media governativi e para-governativi ha indotto buona parte dei parigini a tapparsi in casa, mentre i negozianti chiudevano fin dalla sera di venerdì le loro botteghe, ricorrendo, molti, a coprire di truciolato le vetrine: Parigi la mattina dell’8 dicembre offriva un ben strano spettacolo, assolutamente inedito, nella uniformità lignea dei negozi, nel silenzio delle strade, nel deserto dei grandi viali. Ma fin dall’alba gruppetti di uomini e donne, anziani e giovanissimi, indossanti un gilet di colore giallo, hanno iniziato a percorrerla. Portavano con sé zainetti e tascapane, bottiglie d’acqua, generi di conforto, e mascherine antigas, che offrivano anche ai passanti individuati (come il sottoscritto) quali possibili simpatizzanti, insieme a una fialetta di soluzione fisiologica, utile per difendersi dai gas. Quei gas urticanti che verso la tarda mattinata la polizia avrebbe iniziato a diffondere, con micidiali lanci di candelotti, seguiti da possenti getti di idrante, che facevano più danno dei gas. E, a seguire, le cariche, a piedi, o a cavallo.I manifestanti apparivano determinati, pronti alla tattica della guerriglia: allontanandosi quando la situazione appariva sfavorevole, ritornare subito dopo, ma raggruppandosi in qualche via adiacente. La polizia con tutto lo sfoggio di mezzi e di uomini (e donne; ne ho viste parecchie), spesso è apparsa in difficoltà, e in qualche caso, è stata costretta ad arretrare. Da una parte perché forse esitante, dopo essersi posta in luce nelle scorse settimane con un tasso di violenza e di arbitrio che ha suscitato reazioni assai forti: l’episodio di Mantes-la-Jolie (nel Dipartimento degli Yvelines), dove oltre 150 studenti minorenni sono stati messi in ginocchio con le braccia dietro la testa, ha suscitato assai più che riprovazione, se persino un quotidiano prudente, ma ancora provvisto di autorevolezza come “Le Monde”, ha avuto parole molto dure. E una raccolta firme per le dimissioni del capo della polizia sta procedendo a gonfie vele.

D’altra parte, questo popolo in azione costituiva un soggetto imponente, e non di rado pericoloso per lo schieramento dei “flics” e dei CRS: cubi di porfido, strappati al selciato, o gli stessi candelotti rispediti al mittente, le barricate improvvisate, fragili, che però si moltiplicavano a vista d’occhio, gli incendi sparsi (anche di beni pubblici, come le bici comunali, i cassonetti per l’immondizia, le fioriere…; con le solite vetrine di banche spaccate, quelle rimaste senza protezione), e la stessa incredibile numerosità dei manifestanti – con o senza gilet – hanno creato una situazione di oggettiva difficoltà.

Mentre guardavo questa massa enorme di persone in movimento sulle strade della capitale francese mi è venuta in mente una frase di Carlo Rosselli, riadattata alla situazione: quando il popolo scende nelle strade, e marcia con un obiettivo da raggiungere, non c’è schieramento militare che possa fermarlo. E questo popolo dell’8 dicembre, ancor più di quello del 1° dicembre, puntava a un obiettivo politico: quello che si riassume nello slogan più ripetuto, gridato, ritmato, cantato: “Macron démission!”. Non pochi aggiungevano, minacciosi: “Stiamo venendo a prenderti, Macron!”…

L’azione dei “gilets jaunes” in effetti sembra si stia rapidamente trasformando, da ribellione spontanea di singoli e di categorie colpite dalla “tassa ecologica” sui diesel, in un vero movimento, trasversale per età, appartenenza professionale, estrazione sociale. L’unità nella diversità è data dal rifiuto dell’“Europa dei banchieri”, benché non articolato in un vero discorso politico: d’altronde qui è la “rage”, la rabbia sociale, per ora a tenere in piedi i “gilets jaunes”: e questo non significa forse una richiesta di giustizia? “I soldi ci sono”, si è letto in numerosi cartelli: “andate a prenderli dove sono, a casa dei ricchi”.

Non mi avventurerò ora in un’analisi sociologica e politologica, assolutamente necessaria se si vuole tentare di comprendere gli avvenimenti di Francia in questo scorcio di 2018, ma si tratta di elementi, a mio parere, di immediata evidenza, o quasi. Ad essi altri vanno aggiunti, sui quali si dovrà riflettere: il presidente Macron è ormai in caduta libera non soltanto di consenso presso il suo stesso elettorato, ma in tutti i settori della società francese, a cominciare da quegli stessi che lo avevano catapultato un anno e mezzo fa all’Eliseo, dopo la prova desolante di François Hollande, un’esperienza politica devastante per l’intera sinistra nazionale, e forse non solo. Il capo degli industriali ha fatto capire chiaramente che Macron è inadeguato, e molti dello stesso entourage presidenziale hanno preso le distanze.

Macron è oggi un uomo solo. Aveva teorizzato la necessaria e benefica solitudine del potere quando ebbe a dire che la Francia ha bisogno di un monarca (alludendo evidentemente a se stesso): oggi quella frase risuona beffarda sulle bocche dei “gilets jaunes”, i quali ricordano che per ogni monarca c’è pronta una ghigliottina. In crescita è apparsa la componente di sinistra, anche se le bandiere rosse ai cortei erano pochissime (a dire il vero, assai più numerosi i tricolori), molte parole d’ordine, aggiunte alle prime, poco politiche, degli inizi del “movimento”, echeggiano il Maggio ’68, il grande fantasma che sta percorrendo la città in queste settimane. Non credo sia un caso che molti dei cartelli visti in questa giornata campale erano citazioni o calchi degli slogan di quel maggio “glorioso”. Un collega della Sorbona mi ha scritto, in relazione agli avvenimenti in corso: “Sembrerebbe che commemoriamo il maggio ‘68 con sei mesi di ritardo ma si sa che la Francia ha difficoltà a fermarsi quando la rivoluzione è lanciata; è il fascino e il fastidio di questo bel Paese”.
Angelo d’Orsi
10/12/2018 www.alganews.it
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La piattaforma dei Gilet Jaune

Lavoro e salario
1. Più progressività nell’imposta sui redditi, che significa più scaglioni
2. Salario Minimo a 1300 euro netti
3. Il sistema pensionistico deve restare solidale e quindi socializzato. No al sistema contributivo.
4. Nessuna pensione al di sotto di 1200 euro
5. I salari di tutti i francesi, le pensioni e i sussidi devono essere indicizzati all’inflazione
6. Proteggere l’industria francese : vietare le delocalizzazioni. Proteggere la nostra industria significa
Proteggere le nostre competenze e il nostro lavoro
7. Fine del lavoro distaccato. Non è normale che una persona che lavori sul territorio francese non benefici dello stesso salario e degli stessi diritti. Ogni persona autorizzata a lavorare sul territorio francese dev’essere sullo stesso piano di un cittadino francese e il suo datore di lavoro deve versare la stessa quantità di contributi di un datore di lavoro francese
8. Per un lavoro sicuro : limitare di più il numero dei contratti a termine per le grandi imprese. Noi vogliamo più contratti a tempo indeterminato.
9. Salario massimo fissato a 15000 euro.
10. Creare posti di lavoro per i disoccupati.
11. Pensione a 60 anni e per tutti coloro che hanno svolto lavori usuranti, diritto alla pensione a 55 anni.
Diritto alla casa
12. Zero Senza Fissa Dimora : URGENTE
13. Limitare il costo degli affitti. Più alloggi a prezzi calmierati, in particolare per studenti e precari.
14. Grande piano di isolamento termico delle abitazioni per praticare l’ecologia facendo fare dei risparmi alle famiglie Welfare, investimenti, infrastrutture, politiche pubbliche
15. Favorire i piccoli commerci dei paesi e dei centri urbani. Stop alla costruzione di grosse zone commerciali intorno alle grandi città che uccidono il piccolo commercio e più parcheggi gratuiti nei centri urbani
16. Aumentare i sussidi per i disabili
17. Dal momento che un bambino di sei anni non si sorveglia da solo, occorre continuare col sistema di aiuti PAJEMPLOI fino ai dieci anni.
18. Stesso sistema di welfare per tutti, compresi artigiani e lavoratori autonomi. Fine della cassa separata per gli autonomi
19. Stop immediato alla chiusura delle piccole linee di trasporto, degli uffici postali, delle scuole e dei reparti di maternità.
20. Benessere per le persone anziane, basta con i soldi guadagnati sugli anziani. L’oro grigio è finito, inizia l’era del benessere grigio.
21. Massimo 25 alunni per classe dalla materna alle superiori.
22. Strumenti adeguati per la psichiatria.
23. Divieto di vendere beni appartenenti alla Francia (dighe, aeroporti…)
24. La giustizia, la polizia, la gendarmeria e l’esercito devono avere strumenti adeguati. Le ore di straordinario devono essere pagate o recuperate.
25. Tutto il denaro ricavato dai pedaggi delle autostrade deve servire alla manutenzione di strade e autostrade e alla sicurezza stradale.
26. Il prezzo del gas e dell’elettricità sono aumentati da quando c’è stata la privatizzazione, noi vogliamo che ritornino nelle mani del pubblico e che i prezzi scendano di conseguenza.
27. Favorire il trasporto delle merci su ferro.
Fisco e politiche economiche
28. Tasse : che i grandi (MacDonald, Google, Amazon, Carrefour) paghino tanto e i piccoli (artigiani, piccole imprese) paghino poco
29. Fine dell’aumento delle tasse sui carburanti
30. Nessun prelievo di denaro a monte. (in Francia le tasse, anche per il lavoro dipendente, si pagano “a valle”)
31. Basta col credito d’imposta per le imprese. Usiamo questo denaro per il lancio di un’industria francese delle auto a idrogeno (che sono davvero ecologiche, al contrario di quelle elettriche.
32. Basta con l’austerity. Smettiamola di rimborsare gli interessi sul debito che sono dichiarati illegittimi e cominciamo a rimborsare il debito senza prendere i soldi dai poveri e dai meno poveri, ma cercandoli tra gli 80 miliardi di frode fiscale
33. Divieto di far pagare ai commercianti una tassa quando i loro clienti utilizzano una carta per gli acquisti. Tassare il carburante marittimo e il cherosene.
Democrazia e costi della politica
34. Ogni rappresentante eletto avrà diritto al salario mediano. Le sue spese di trasporto saranno controllate e rimborsate se sono giustificate. Diritto al ticket restaurant e allo cheque vacanze
35. Il referendum popolare deve entrare in Costituzione. Bisogna creare un sito leggibile ed efficace, gestito da un organismo indipendente di controllo, dove le persone possano fare una proposta di legge. Se questa proposta ottiene 700.000 firme dev’essere discussa, completata, emendata dall’Assemblea Nazionale che avrà l’obbligo (un anno dopo l’ottenimento delle 700.000 firme) di sottometterla al voto dell’insieme dei Francesi. (attualmente la Costituzione Francese non prevede un referendum)
36. Ritorno ad un mandato di 7 anni per il presidente della Repubblica. L’elezione dei deputati due anni dopo quella del presidente della Repubblica permette di mandare un segnale positivo o negativo a quest’ultimo, riguardo la sua politica. Ciò contribuirebbe dunque a far sentire la voce del popolo (al momento le elezioni parlamentari si svolgono un mese dopo le presidenziali,
proprio per garantire maggioranze “coerenti” col voto del Presidente della Repubblica)
37. Stop alle indennità presidenziali a vita
Integrazione e migrazioni
38. I richiedenti asilo devono essere accolti degnamente. Noi dobbiamo fornire loro alloggio, sicurezza, cibo ed educazione per i minori. Bisogna lavorare con l’ONU per far sì che dei centri di accoglienza siano aperti in numerosi paesi del mondo, nell’attesa del risultato della domanda di asilo.
39. Bisogna affrontare le cause che determinano le migrazioni forzate.
40. Coloro a cui è stato negato il diritto di asilo devono essere riportati ai loro paesi d’origine.
41. Una vera politica d’integrazione dev’essere messa in essere. Vivere in Francia significa diventare francese (corso di lingua francese, corso di storia della Francia e corso di educazione civica con un certificato a fine percorso).
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