Per decarbonizzare il riscaldamento il gas non serve a un tubo

Alaskan Pipeline vicino la città di Coldfoot, di sopra del circolo polare artico, di ka1970

Con tutto quello che lo abbiamo pagato, la verità è che il gas per ridurre le emissioni non serve a un tubo. Servirebbe, invece, implementare molto maggiormente l’uso nelle abitazioni delle pompe di calore elettriche: e purtroppo i provvedimenti recenti del Governo riguardanti il bonus ristrutturazioni non vanno in questo in senso.
Per decarbonizzare il settore dell’energia prodotta per il riscaldamento in Europa bisogna abbandonare al più presto tutti i combustibili fossili, gas compreso: non è da considerare un combustibile di transizione. Le strade sono quelle tante volte ripetute: accelerare il passaggio alle tecnologie rinnovabili e realizzare il massimo risparmio energetico possibile. È quanto dice l’European Environment Agency in un nuovo briefing, di cui parla Jacopo Mengarelli.
Nel briefing dal titolo Decarbonising heating and cooling — a climate imperative l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) fa il punto della situazione per quanto riguarda la decarbonizzazione del settore del riscaldamento e in genere della produzione di calore. Innanzitutto, le buone notizie: l’EEA riconosce l’Europa è riuscita a raggiungere l’obiettivo del 2020 di produzione di almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili. Ma l’Agenzia ricorda anche che «senza un urgente abbandono dei sistemi di riscaldamento che utilizzano combustibili fossili, è improbabile che gli obiettivi di mitigazione del clima dell’UE per il 2030 possano essere raggiunti», come si legge nel documento.
Le soluzioni da implementare dal punto di vista tecnologico esistono già: solare termico, geotermia, biomasse «prodotte in modo sostenibile» compreso il biogas da rifiuti rinnovabili e le fondamentali pompe di calore, che oggi si usano solo per l’1% dei consumi finali delle famiglie. L’Europa vuole raddoppiarne il tasso di adozione, per raggiungere 10 milioni di unità nei prossimi 5 anni, scrive l’EEA.
Anche l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) afferma che le pompe di calore sono «la tecnologia centrale nella transizione globale verso un riscaldamento sicuro e sostenibile». Ed esorta a un maggiore sostegno politico da parte dei governi alla loro adozione «per aiutare i consumatori a superare i costi iniziali più elevati delle pompe di calore rispetto alle alternative», ricordando che in oltre trenta Paesi sono già presenti incentivi finanziari per l’acquisto e installazione di pompe di calore.
Purtroppo, in Italia il Governo va nella direzione opposta.

In un momento in cui c’è particolare bisogno di diplomazia, arriva sugli scaffali il libro Ragione di Stato, ragione di scienza di Giacomo Destro (Codice Edizioni, 2023), dedicato per buona parte alla diplomazia scientifica.
Se la scienza è stata negli ultimi secoli il motore dei grandi cambiamenti tecnologici e quindi sociali ed economici, ma con un rapporto ancillare con la politica, con il passare del tempo è cresciuto anche il suo peso nella governance delle questioni di rilevo internazionale, com’è normale che sia in una “società della conoscenza”, o, come preferisce chiamarla Destro, “dei Big Data”. Tuttavia sarebbe un errore pensare che gli scienziati si possano sostituire a diplomatici e politici.
Dal Technion di Haifa al CERN, dalla ISS all’ IPCC, Destro con felice vena narrativa racconta in un saggio che si legge come un romanzo gli intrecci e il ruolo degli scienziati nel comporre la “zuppa della diplomazia” («Una zuppa che si cucina molto lentamente. Ma spesso, una volta cotta, è assai nutriente»). Senza scordare episodi e personaggi che ci mostrano il volto obliquo e talora agghiacciante della ricerca. Ha recensito il volume Luca Carra.

Mentre la Terra nel complesso continua a riscaldarsi senza sosta, alcune sue regioni sono colpite anche da cali repentini di temperatura. Lo abbiamo visto nelle ultime settimane sia in Turchia sia in Siria, purtroppo proprio durante i giorni del terremoto che ha costretto migliaia di persone all’addiaccio, sia negli Stati Uniti, per esempio a Boston dove è stata registrata la temperatura più bassa dal gennaio del 1957, con un abbassamento di circa 10-15°C rispetto alla media stagionale. Con inevitabili impatti sulla salute. Un intero capitolo dell’ultimo rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicato a febbraio 2022, è dedicato proprio all’impatto che il cambiamento climatico ha avuto finora e avrà nel prossimo futuro sulla salute e sul benessere umano. Nel periodo compreso tra il 1998 e il 2017 sono stati attribuite 526.000 morti agli 11.500 eventi estremi registrati, ma si prevede che la mortalità per cause climatiche, e in particolare per gli estremi di temperatura, sia destinata a crescere nei prossimi decenni. Ne scrive Alessandra Tognolli.

Infine, una piccola curiosità (la scienza in fondo non nasce anche da questo?): come mai le gocce di vetro del principe Rupert, piccoli solidi di vetro tondeggianti con una codina sottile, resistono alle martellate ma vanno di colpo in polvere se la codina si spezza? Ce lo spiega Marco Taddia.

Jacopo Mengarelli

2/3/2023 https://www.scienzainrete.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *