Perchè i morti, gli infortuni e le malattie professionali?

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Negli ultimi anni sono state apportate altre modifiche al testo unico, in particolare per la formazione dei lavoratori.
La modifica più recente è inserita nel Decreto Legge (Fiscale) n. 146 del 21 ottobre u.s.
Il capo III di tale decreto (Rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) pone l’obiettivo di ridurre infortuni e malattie professionali andando a rafforzare gli organismi paritetici istituendo il loro Repertorio (entro 180 giorni dall’entrata in vigore del
decreto, sic…), per avere da essi, annualmente, tutte le informazioni utili a definire i criteri di priorità nella programmazione della vigilanza.

Perchè il Repertorio? Sicuramente al fine di individuare ed escludere gli organismi non titolati, non rappresentativi, operanti in modo non conforme alla normativa.
Il capo III del DL fiscale contiene altre modifiche al Dlgs. 81/08, atte per portare in efficienza il sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), istituito dal 2008 e mai reso operativo.
Tale compito viene affidato all’INAIL, che dovrà rendere disponibili i dati raccolti alle pubbliche istituzioni operanti nel campo specifico (Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e Ispettorato Nazionale del Lavoro). Anche qui però occorrerà attendere un ulteriore decreto atto ad individuare i criteri e le varie regole per la realizzazione ed il funzionamento del SINP….occorrerà anche attendere 60 giorni per ridefinire la composizione del Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del SISP.

Ma che dire dei lavoratori in nero, per nulla tutelati sotto tutti i punti di vista!
Ecco che interviene pure in questo campo il decreto fiscale, che prevede il provvedimento di stop all’attività imprenditoriale in presenza di una percentuale superiore al 10% di lavoratori irregolari, percentuale abbassata rispetto al 20% previsto fino a ieri. Per di più le aziende sospese dovranno, nel periodo di sospensione dell’attività produttiva, continuare a pagare lo stipendio ai lavoratori.

Riepilogando…le norme sono quasi perfette, nel senso che se un’impresa di una certa rilevanza (anche economica) può essere in grado di operare nel rispetto della normativa, ciò non è così per ditte individuali con dipendenti, perché i costi per la prevenzione sono alti. In effetti la stessa norma interviene in proposito autorizzando il datore di lavoro ad auto certificare di aver valutato tutti i rischi…va da sé che ben difficilmente il suo dipendente sarà messo in grado di riconoscere specifici rischi per agire di conseguenza in sicurezza… a meno che egli abbia fatto studi scolastici in cui è inserita la materia inerente la sicurezza negli ambienti di lavoro…e qui sta il “punctum dolens!”

Con un’adeguata e specifica istruzione scolastica tutti i dipendenti, ma anche i preposti e i datori di lavoro sarebbero sempre diligenti ed esperti, e se tutti lo fossero non sarebbe neanche necessario i nformarli, formarli ed addestrar li…ma la realtà è diversa…siamo lontanissimi da questa visione di società, ed ecco perché la norma tenta di rendere obbligatorio garantire a tutti i lavoratori, ma anche ai dirigenti e ai preposti, una formazione adeguata e idonea, proprio per evitare l’imprevidibilità derivante dal fattore umano.

Fattore umano che purtroppo riveste un ruolo significativo proprio nelle piccole imprese a conduzione familiare senza dipendenti, in quanto esse non hanno l’obbligo di designare il RSPP, i lavoratori incaricati di dare attuazione alle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione, di primo soccorso e gestione dell’emergenza, e di provvedere alla valutazione dei rischi riguardanti la propria attività.

Se poi andiamo anche a vedere ciò che accade di grave nel corso di attività svolte per di più all’interno di casa propria …sic… basta seguire la cronaca, per esempio l’avvenimento di un mese fa a Paola, dove quattro persone sono morte in una vasca sotterranea a causa delle esalazioni tossiche prodotte dal mosto d’uva in fermentazione per la produzione di vino per il proprio consumo.

Quanto sopra citato per agire nel complesso su come fare per ridurre improvvisazione e imprevidenza anche personale, che incidono in particolare laddove un committente si avvale di imprese esterne.
È quindi di notevole importanza la qualifica delle imprese.
La modalità di qualifica è stata fatta, ma riguarda esclusivamente per quelle che operano nei luoghi confinati (DPR 177/2011), e ciò grazie a quanto recita l’art.27 del Dlgs 81/08, che resta peraltro disatteso in quanto il legislatore non ha stabilito analoghi decreti per gli altri comparti.
É servita però a ben poco la norma attinente gli ambienti confinati per i due lavoratori morti per asfissia all’Humanitas di Pieve Emanuele. Secondo i primi accertamenti uno dei due era neoassunto, di un subappalto di un’impresa incaricata della fornitura di gas.
E che dire in tutt’altro ambito, quello agricolo, dove si verificano molti infortuni mortali di chi è lavoratore autonomo, come i contadini, schiacciati durante l’impiego di mezzi agricoli vetusti non a norma?
E pensare che per questo caso le norme specifiche sono già pronte per essere presentate in sede legiferante!
Ecco trovato un altro ostacolo alla salute nei luoghi di lavoro: Il parlamento e le relative commissioni che dormono!

Pare che il tempo si sia fermato negli anni ‘50 per molte categorie di lavoratori! Il perché può essere ovvio (dovuto ad esempio al costo eccessivo di attrezzature moderne, senza scordare l’ignoranza soggettiva già richiamata).

Gli infortuni. Perché accadono?
Enti preposti al controllo – Soluzioni
Come ci spieghiamo il continuo ripetersi di accadimenti infortunistici e nuovi accertamenti di malattie professionali? Che peraltro continuano a ripetersi praticamente con le stesse modalità a partire dagli anni ‘50!
Se da un lato la normativa per la sicurezza e la tutela della salute negli ambienti di lavoro è migliorata di molto, seppure grazie alle direttive imposte dalla comunità europea, dall’altro campo, cioè per quanto riguarda il rispetto dell’effettiva applicazione delle norme, c’è ancora molta strada da fare.
Cosa oltretutto già argomentata, cioè la mancata, o per lo meno, scarsa crescita culturale scolastica in ambito antinfortunistico, di tutti i soggetti attivi nel mondo del lavoro.
In secondo luogo il conseguente comportamento pressapochista durante l’attività lavorativa, principalmente del datore di lavoro, che viene ancor più ad emergere quando ci si trova davanti a ditte individuali con dipendenti, o ad imprese familiari.

In terzo luogo la carenza di personale di vigilanza nel settore preposto (ASL – SpreSAL). In proposito il governo, con il decreto fiscale, ha modificato il Testo unico del 2008 prevedendo che la vigilanza venga pure svolta dalle Direzioni Provinciali del Lavoro (Ispettorato del Lavoro) aumentandone l’organico, ed incrementando il contingente di personale dell’Arma dei carabinieri preposto in materia di sicurezza sul lavoro.

Non è previsto però l’aumento del personale delle ASL preposte alla vigilanza negli ambienti di lavoro. Questo personale ha seguito specifico corso di laurea in Tecniche della Prevenzione, quindi realmente formato per condurre attività di prevenzione ed indagine degli accadimenti infortunistici.

Aldo Giorcelli

Già Tecnico della Prevenzione ASL Torino

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