PERICOLOSITÀ SOCIALE E DIRITTI DEI LAVORATORI E DEI DETENUTI

Il 15 Ottobre al Tribunale di Torino si svolgerà un’udienza nella quale tre cittadini torinesi rischiano, per la seconda volta in pochi mesi, di vedersi applicata una misura molto restrittiva: l’espulsione dalla propria città e la “sorveglianza speciale”. L’utilizzo di questa “misura di prevenzione”, entrata in vigore durante il ventennio fascista, permette la limitazione della libertà personale prescindendo dall’accertamento giudiziario di eventuali responsabilità penali. Infatti, non si tratta di un processo e queste tre persone non dovranno difendersi da alcuna accusa specifica. Ciononostante, comporterebbe l’obbligo di rimanere nella propria abitazione negli orari notturni, il divieto di svolgere attività sociali e politiche, il divieto di incontrare più di tre persone contemporaneamente, la revoca del passaporto e della patente di guida.

In un’udienza del tutto simile, il 23 marzo scorso, le stesse tre persone rischiavano la “sorveglianza speciale” per essersi recate in Siria ed essersi contrapposte allo Stato Islamico, meglio conosciuto come ISIS, e aver sostenuto in varie forme le Ypg-Ypj, le forze armate curde note a livello internazionale per l’efficace lotta contro il jihadismo, per il protagonismo delle donne e la difesa delle minoranze etniche, linguistiche e religiose in Siria. In quell’occasione, anche per merito delle molte voci dell’opinione pubblica, del mondo accademico e della cultura che hanno esplicitato la loro perplessità, i giudici di Torino hanno decretato che l’adesione alle Ypg e alle Ypj non possa costituire il presupposto per essere considerati “socialmente pericolosi”. Così come non lo costituisca l’impegno in movimenti sociali e episodi di protesta, smentendo la tesi della Procura che ha insistito sul fatto che le idee politiche espresse pubblicamente dalle persone proposte per la misura fosse di per sé un pericolo sociale. Quindi cosa è successo? Perché il 15 ottobre queste tre persone rischiano ancora di vedersi applicata questa misura di prevenzione, nonostante la motivazione iniziale che le ha portate di fronte a questi giudici non sia stata ritenuta ragione di pericolosità sociale?

Perché, in maniera tanto singolare quanto preoccupante, con quello stesso decreto i giudici smentiscono quanto affermato pochi paragrafi prima e ritengono valutabile l’applicazione della “sorveglianza speciale” per altri fatti, segnalati tra le denunce di polizia. Per due di loro si tratta della partecipazione a un presidio pubblico davanti al locale Buyabes di Torino, durante il quale si richiedeva, in maniera pacifica, che il titolare corrispondesse a un proprio giovane dipendente il compenso pattuito in arretrato da mesi. Per la terza persona si tratta di un presidio al carcere di Torino, il giorno di Capodanno, come gesto di solidarietà e di denuncia delle gravi condizioni nelle quali i detenuti sono costretti a vivere nelle carceri italiane.

L’intera vicenda assume i connotati di un accanimento giudiziario tramite l’uso di scorciatoie giudiziarie che non prevedano l’accertamento di fatti e responsabilità. Le conseguenze, però, non riguarderebbero solo queste tre persone, ma aprirebbero le porte a un pericoloso e arbitrario utilizzo di questi strumenti giudiziari. Infatti, in uno stato di diritto eventuali responsabilità penali si stabiliscono nei regolari processi. Quando questo non avviene, si può considerare la partecipazione a un presidio per i diritti di un lavoratore, o di denuncia delle condizioni di carcerazione, di per sé un segnale di “pericolosità sociale”? Come costituirebbero un pericolo per la società italiana? Per quanto sia un tema spesso assente dalle preoccupazioni delle forze politiche oggi dominanti, si può rinunciare alle voci che ricordano alle istituzioni di rispettare anche l’umanità di chi è detenuto? Se un tribunale considerasse queste persone socialmente pericolose per aver partecipato a un presidio per i diritti di un lavoratore, fornirebbe un precedente – in questo caso sì pericoloso – a chi volesse limitare la libertà di chiunque rivendichi il rispetto dei diritti di qualunque lavoratore in Italia. Si creerebbe un precedente che rimetterebbe potenzialmente in discussione tutte le conquiste di decenni di lotte nella società e nel mondo del lavoro che hanno in parte ispirato anche la nostra Costituzione. Quali scenari si prospetterebbero se lo stesso ragionamento fosse applicato anche alle organizzazioni sindacali che difendono i lavoratori o alle associazioni che monitorano e denunciano quanto avviene nelle carceri italiane?

Viviamo un’epoca di crisi del mondo del lavoro: dipendenti che attendono pagamenti arretrati, contratti non rispettati e assenza di tutele sono condizioni tristemente comuni. Molte persone faticano a trovare un’occupazione, molte altre sono assunte in condizioni precarie e alla mercé dei datori di lavoro. Sovraffollamento, mancanza di attività e contatti con i familiari, vessazioni talvolta incomprensibili si accompagnano a un numero di morti in carcere che arriva a 94 (di cui 26 suicidi), solo da inizio 2019. Già nel 2013, la Corte Europea condannò lo stato italiano per il sistema carcerario sovraffollato e inadeguato. Si compone un quadro di profondo malessere e tensioni sociali, nel quale la tutela dei diritti dei lavoratori e dei diritti fondamentali è una necessità di ogni sistema democratico. Non crediamo che appartenga allo spirito del nostro ordinamento, tanto meno tramite la scorciatoia giudiziaria delle misure di polizia, considerare un problema di per sé le iniziative in difesa diritti dei lavoratori e dei detenuti, o altre espressioni di dissenso. Se questo tipo di cultura trova talora l’opportunità di penetrare in una parte delle istituzioni, non dovrebbe trovare in nessun caso accondiscendenza in ambito giudiziario. Riteniamo importante tutelare l’agibilità democratica nel mondo del lavoro e in tutta la società, per queste ragioni chiediamo al collegio giudicante un’attenta riflessione.

Per firmare scrivere a: appelloattivisti.torino@gmail.com

10/10/2019 www.osservatoriorepressione.info

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