Pfas Veneto: nel sito della Miteni si aspetta la bonifica da 6 anni
Centinaia di manifestanti chiedono la bonifica del sito chimico Miteni, che nel corso di decenni ha contaminato con i Pfas le reti idriche di tre province in Veneto. E causato un’emergenza sanitaria ancora tutta da risolvere
Una cinquantina di corpi distesi hanno composto la scritta Bonifica Subito davanti all’ingresso chiuso della ditta Miteni, nella zona industriale di Trissino, in provincia di Vicenza.
A fine febbraio diverse associazioni ambientaliste, politici regionali, sindacati e singoli cittadini hanno deciso di ritrovarsi per chiedere la bonifica del terreno e della falda sottostanti l’azienda fondata negli anni ’60 dalla famiglia della moda italiana Marzotto.
Pfas Veneto: mappa della protesta
Diversi i politici presenti alle quattro manifestazioni in contemporanea: oltre al sito Miteni, le associazioni hanno ricoperto di striscioni la sede di Regione Veneto a Venezia, l’ingresso del ministero della Transizione ecologica a Roma e quello del Comune di Trissino.
Il senatore del Pd Andrea Crisanti ha dichiarato: «Contro il comportamento criminale della proprietà la popolazione ha reagito con una grandissima forza. Grande merito agli attivisti per non aver sottostato all’inerzia della Regione davanti a questa feroce contaminazione».
La consigliera regionale di Europa verde, Cristina Guarda, ha detto: «Senza una bonifica di questo sito non possiamo tutelare la salute di nessuno, sopratutto di tutti i bambini che nascono già con alti tassi di Pfas nel corpo. Dobbiamo pretendere il diritto alla salute, prima di tutto».
Miteni e inquinamento: Pfas nelle province di Verona, Vicenza e Padova
La fabbrica Miteni ha dato lavoro ad oltre 500 operai, che fino al novembre 2018 hanno prodotto i composti perfluoroalchilici (Pfas). Queste sostanze sono ritenute pericolose per ambiente e uomo dai primi anni 2000 e dal 2026 potrebbero essere vietate nell’intera Europa.
Sono “interferenti endocrini” che possono causare patologie croniche e tumori, sono indistruttibili per l’ambiente e gli organismi e nel Veneto sono state ingerite da 350 mila persone nelle province di Verona, Vicenza e Padova.
La causa di questa contaminazione è lo scarico sotto il polo chimico Miteni che ha inquinato la ricarica della seconda falda più grande d’Europa. Dalla falda ai rubinetti, senza che nessuna istituzione venisse informata fino al 2013.
Il fallimento della Miteni e 14 ex dirigenti sono ora sotto processo per avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Ma né la chiusura né il processo hanno portato ad una bonifica del sito, tanto meno alla sua messa in sicurezza. Quindi i terreni continuano a essere intrisi di Pfas, che finiscono nelle falda che raggiunge 600 chilometri quadrati di terreni agricoli.
Pfas Veneto oggi: ancora fermo il progetto di bonifica del 2017
Nel maggio 2013 il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) aveva consegnato il suo dossier, finanziato dal ministero dell’Ambiente, alla Regione Veneto, dove era denunciata la presenza di Pfas nelle reti idriche di mezzo Veneto. La prima reazione della Regione fu la richiesta di porre dei limiti ai Pfas per le acque potabili e il posizionamento di filtri per poter continuare a bere in sicurezza.
L’Istituto superiore di sanità, nel luglio 2014, rispose con dei limiti e consigliò di cambiare approvvigionamento idrico e mettere in sicurezza la fonte di contaminazione.
A luglio 2017, tre anni dopo, Regione Veneto, Provincia di Vicenza e Comune di Trissino firmarono un protocollo di intesa per fare una prima messa in sicurezza del sito, puntando alla bonifica. Nel documento si legge che gli oneri del progetto erano a carico dell’azienda inquinante ma che, nel caso di mancata risposta della Miteni, i lavori sarebbero stati portati avanti dalle istituzioni per il principio di precauzione sanitaria.
Ma nel 2017 divenne evidente la responsabilità della Miteni di questo inquinamento e si aprì una prima procedura giudiziaria, un processo che bloccò i progetti di bonifica perché la legge ambientale dice che «chi inquina paga».
Processo Miteni: a che punto siamo
Il processo è cominciato il 26 aprile 2021. Rimandati a giudizio 14 persone e la società fallimentare Miteni. Nel corso di quasi due anni di udienze sono stati presentanti documenti interni di Miteni che riportavano analisi della falda ben prima dell’allerta 2013.
Consulenti ambientali hanno testimoniato che già nel 2005 Miteni sapevadi dover fermare la contaminazione, pagando un sistema di filtraggio (barriera idraulica) che però non era bastato ad evitare la fuoriuscita verso valle, verso la popolazione.
Addirittura viene indicato il pagamento da parte della società assicuratrice Allianz di un acconto per 527 mila euro per rischio ambientale nel 2016 all’ultimo dirigente Miteni, l’imputato Alfiero Nardone. Un acconto dato per mettere in sicurezza il sito. Miteni quindi poteva e doveva fare una bonifica, ma non fece nulla.
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Pfas Veneto: gravi le conseguenze sulla salute
Nell’ultima udienza del processo Miteni, che si svolge nel tribunale di Vicenza, tre giorni prima della grande manifestazione, la professoressa Cristina Canova, dell’università di Padova, ha confermato come i Pfas siano causa di innalzamento del colesterolo, già in tenera età.
Allarme sanitario anticipato dalla collega Paola Facchin, che nell’udienza precedente aveva indicato i Pfas come causa di patologie come la preeclampsia.
Gli studi delle due professoresse erano stati citati dalla dottoressa Francesca Russo, dal 2016 a capo della Commissione tecnica sui Pfas voluta dalla Regione. Nella sua testimonianza in tribunale, la dirigente aveva indicato i Pfas come quinto fattore di rischio sanitario, paragonato a vita sedentaria, obesità, alcool e fumo. I Pfas per il sistema sanitario regionale quindi rientrano come problema cronico e costante.
Le promesse della Regione, la situazione attuale
L’assessore all’Ambiente del Veneto, Giampaolo Bottacin, ha risposto alle richieste dei manifestanti con una nota:
«Le diverse strutture della Regione Veneto sono state, sin dai primi momenti di questa vicenda, impegnate nel fronteggiare la criticità. Competenze diverse, ambientali, sanitarie e scientifiche, messe a sistema hanno permesso l’emergere del fenomeno dei PFAS, il cui inquinamento non era precedentemente noto, e di pianificare con gli altri Enti coinvolti le azioni successive. Ora la ditta ICI 3 in qualità di attuale proprietario del sito, si è assunta l’onere di eseguire gli interventi di MISO/bonifica».
La legge ambientale 152 prevede che la bonifica sia a carico del proprietario del sito, in questo caso il fondo finanziario lussemburghese ICI3. A capo del nuovo progetto di messa in sicurezza, una parete di metallo da infilare nel terreno tra gli impianti e il torrente Poscola dentro cui Miteni ha scaricato Pfas per 60 anni, c’è l’idrogeologo Gian Paolo Droli, attualmente pagato dal Comune di Trissino.
Laura Fazzini
15/3/2023 https://www.osservatoriodiritti.it/
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