Pfizer annuncia 3,4 milioni di dosi del vaccino anti-Covid per l’Italia. Ma Big Pharma gioca su Joe Biden

Lunedì Pfizer ha detto che potrebbero essere disponibili fino a 50 milioni di dosi di vaccino anti-Covid efficace al 90% entro la fine del 2020, coprendo quindi solo 25 milioni di pazienti (ognuno richiederà 2 dosi). Le prime dosi verranno distribuite negli Stati Uniti, mentre nel resto del mondo e quindi in Italia il vaccino Pfizer arriverebbe l’anno prossimo. Per ora, l’azienda prevede di produrre a livello globale fino a 1,3 miliardi di dosi nel 2021, sufficienti per vaccinare circa 650 milioni di persone. Lo scorso 29 ottobre è avvenuto un incontro segreto tra il Ministro della Salute Roberto Speranza e massimi rappresentanti della Pfizer, secondo al quale i vaccini saranno disponibili a partire dalla seconda metà di gennaio 2021, anche se in realtà non c’è una data certa. Il contratto per la fornitura è europeo e Speranza, assieme al ministro tedesco della Salute, è intenzionato a chiudere il patto di distribuzione tra gli Stati membri entro venerdì. All’Italia spetterà quasi certamente il 13,5% del totale della prima tranche, ovvero circa 3,4 milioni di dosi. Trattandosi di un vaccino che ha bisogno di due somministrazioni, significa fornire una copertura a circa 1,7 milioni di persone.

Secondo quanto detto, l’Agenzia europea permetterà l’ultima fase della sperimentazione e approverà il farmaco tra la fine di dicembre e la prima metà di gennaio. Come organizzare la più grande operazione di vaccinazione su larga scala della storia dell’umanità è una fase a cui sta lavorando, riservatamente, una commissione istituita presso il ministero della Salute che chiederà l’aiuto dell’esercito italiano per il trasporto dei materiali e per la pianificazione della logistica.

Intanto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha già firmato contratti di pre-acquisto di dosi di vaccino con AstraZeneca, Sanofi-Gsk e Johnson & Johnson, ha dichiarato in questi giorni la Commissione firmerà un contratto con Pfizer per 300 milioni di dosi. Una scelta preventiva che non trova fondamento in quanto ad oggi mancano ancora 3 fasi per l’approvazione del vaccino e non ci siano studi o valutazioni approfondite che ne certifichino l’efficacia, se non le dichiarazioni dei due colossi farmaceutici.

Nonostante ciò non è chiaro come Pfizer distribuirà le prime dosi, ma il fondatore e CEO di BioNTech, Ugur Sahin, imprenditore di origini turche tra i 100 imprenditori più ricchi della Germania, ha dichiarato al Financial Times che le due società utilizzeranno un approccio equo che potrebbe ai Paesi in cui le autorità hanno dato un’approvazione formale al suo lancio.

A ridosso dell’annuncio di Pfizer, la Diasorin, gigante italiano della diagnostica, è arrivata a perdere oltre 17 punti in borsa. La società aveva raddoppiato il proprio valore con la crisi sanitaria, con un titolo che è cresciuto dai 100 euro di inizio marzo ai quasi 200 di oggi. La società, tra le leader nella produzione di test diagnostici sul Covid, aveva accelerato lo sviluppo del vaccino, ma l’annuncio di Pfizer ha rafforzato la fiducia dei mercati, che già scommettono sul nuovo neopresidente americano Joe Biden, come riporta La Repubblica. Wall Street ha reagito molto bene e l’indice azionario Dow Jones ha sfiorato quota 30.000 punti. Ma perché questa ripresa dei mercati tra Pfizer e le speranze di Biden? Sono storici i legami che Joe Biden e la sua vicepresidente Kamala Harris intrattengono con i colossi tecnologici, finanziari e farmaceutici. Nell’agosto di quest’anno il sito Vox riferì che nel 2014, durante il suo incarico come procuratrice generale della California, la Harris ha ricevuto donazioni da David Drummond (Google) e Marissa Mayer (Yahoo). Alla fine di settembre Open Secrets riportava che Biden avesse ricevuto 156.000 dollari da esponenti di Goldman Sachs. Biden ha inoltre incassato 400.000 dollari da Jp Morgan, quasi tre volte il valore delle donazioni che lo stesso istituto bancario destinò al suo avversario repubblicano Donald Trump. La campagna presidenziale di Joe Biden ha visto l’appoggio della Bank of America e Wells Fargo e il sito CNBC, a febbraio, riportò che l’ex Ceo di Morgan Stanley, John Mack; il capo operativo di Blackstone, Jonathan Gray; e il capo della comunicazione di Goldman, Jake Siewart, erano stati invitati da Biden come finanziatori per eventi di raccolta fondi a New York. In più Biden ha potuto contare su finanziatori del calibro di Mike Bloomberg, ex sindaco di New York, e il sionista progressista Haim Saban, molto influente sulla galassia di voti del Partito Democratico. La sua vittoria è stata applaudita dal Jeff Bezos di Amazon, dal filantro-capitalista Bill Gates e dal direttore operativo di Facebook, Sheryl Sandberg, sebbene Kamala Harris criticò durante in un’audizione al Senato il big del web, nell’aprile del 2018, sullo scandalo di Cambridge Analytica (società di consulenza fondata da Steve Bannon), la tracciabilità dei dati e il fatto che la Silicon Valley abbia visto di buon occhio la guerra tariffaria ingaggiata da Trump con la Cina.

Ma anche la sua vicepresidente Kamala Harris ha dei cosiddetti “santi in paradiso”. Nel luglio 2019, The Intercept riferì che Kamala Harris, candidata alle primarie del Partito Democratico, aveva ricevuto migliaia di dollari da alti vertici del settore farmaceutico come Endo Pharmaceuticals, Global Blood Therapeutics, Vertex Pharmaceuticals e la stessa Pfizer. La crescita del Pil del 30% nel terzo trimestre dà slancio a Biden che spera nei consumi, ma che a sua volta da speranza ai colossi farmaceutici che, dopo l’amministrazione Trump, si ritrovano un presidente che parla di sfida contro la pandemia tramite il vaccino e contro la recessione.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

11 novembre 2020

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