Più morti nel 2015, una decrescita poco felice
La mortalità in Italia è aumentata dell’11% nei primi 8 mesi del 2015. L’Istat invita alla cautela nell’interpretazione di questo dato: fino a quando non sarà disponibile la loro distribuzione per età, sesso, causa di morte e territori tutte le ipotesi sono possibili. L’Istat stesso ipotizza che si tratti di dati di rimbalzo rispetto ai due anni precedenti di contrazione (sia solo una oscillazione prevista sul dato cumulativo riferito a molti anni) o possa essere attribuito ai ciclici aumenti della extramortalità (mortalità eccedente rispetto alla media) in concomitanza di temperature molto alte o molto basse o, ancora, alla riduzione delle coperture vaccinali (a seguito dell’allarme per reazioni avverse al vaccino anti-influenza).
In assenza di gravi epidemie o eventi bellici l’aumento dell’11% è un dato preoccupante.
Chi è caduto nella trappola di una mortalità potenzialmente evitabile? Evitabile perché evitata negli anni precedenti, causata da fattori sopraggiunti repentinamente, in un contesto risultato vulnerabile. E per quali motivi?
“Ci si cura di meno o ci si ammala di più?” chiede Fabio Balocco1 dal suo Blog su Il Fatto Quotidiano. Secondo Altro Consumo2 l’aumento della mortalità è legato al fatto che gli Italiani si curano di meno: quasi un Italiano su due è costretto a rinunciare alle spese mediche per mancanza di risorse economiche, con percentuali ancora maggiori nelle famiglie con basso reddito.
Quello che è possibile fare, al momento, è delineare il contesto in cui il dato si inserisce e formulare ipotesi di scenari interpretativi possibili in base a quanto è già noto suideterminanti di salute.
A partire dai primi anni ’90 diversi studi, specialmente in Inghilterra e USA, identificano alcuni principali elementi capaci di influenzare la salute di una popolazione e che sono tra loro in relazione: fattori di carattere individuale, ma anche sociale, comunitario e di tipo ambientale. La sintesi di questi studi è stata graficamente rappresentata nell’immagine dei semicerchi concentrici, caposaldo della letteratura internazionale sulla salute realizzata da Dalghren e Whitehead nel 1991 (fig1).
L’immagine sintetizza il concetto che le condizioni di vita individuali, con le caratteristiche di età, sesso e fattori costituzionali, sono strettamente legate alle reti sociali e comunitarie che interagiscono a loro volta con le condizioni di vita e di lavoro e quindi con la situazione socio-economica, culturale ed ambientale di un paese.
Contrariamente a quella che è la percezione diffusa la letteratura scientifica attribuisce alsistema sanitario un ruolo complessivamente contenuto nel determinare la salute della popolazione, stimato tra il 10 e il 30% nell’insieme dei determinanti di salute3. Vale come esempio della storia della Medicina che la riduzione della mortalità per Tubercolosi è stata correlata al miglioramento significativo delle condizioni socio-economiche molto più che ai farmaci. Certo ci sono alcuni servizi che più di altri fanno la differenza come quelli relativi all’assistenza al parto, alla gestione di patologie cronico degenerative, o a patologie acute cardiovascolari; ma nell’insieme ci sono fattori che giocano un peso di gran lunga maggiore nel determinare le condizioni di salute della popolazione.
Le condizioni fisiche ambientali incidono con un ulteriore 10%, mentre sono i fattori socioeconomici (istruzione, occupazione, reddito, reti sociali e caratteristiche della comunità) che incidono per il 40%. Il restante 30% è invece occupato dai comportamenti e stili di vita (consumo di tabacco, alimentazione ed esercizio fisico, consumo di alcool e comportamenti sessuali a rischio). La relazione tra stili di vita e condizioni socio economiche è ampiamente documentata, evidenziando che sono le classi sociali più svantaggiate che si caratterizzano per stili di vita meno sani. Possiamo, infatti, promuovere scelte alimentari sane alle famiglie, ma questo non avrebbe senso farlo se non in relazione alle loro condizioni socio economiche. Così come praticare una sana attività fisica può risultare lontano dalle priorità di una famiglia in condizioni socio- economiche di povertà e/o esclusione sociale.
Il sistema sanitario italiano sembra complessivamente tenere4, nonostante le grandi sofferenze dovute alla contrazione del personale e al ruolo delle risorse private delle famiglie per il raggiungimento di servizi di qualità, in un contesto caratterizzato da elevate differenze regionali. È stato giudicato terzo nel mondo per efficienza nel 20135. Un sistema quindi che tiene ma che è in grande sofferenza anche per gli elevati livelli di corruzione che caratterizzano il nostro paese e che influiscono sulla qualità dei servizi sanitari offerti.
Attribuire l’aumento della mortalità in Italia alla povertà delle famiglie che non riescono a coprire i costi delle cure private e, quindi, a un problema di accesso al sistema sanitario sembra una risposta troppo semplicistica e riduttiva. È fondato chiamare in causa la povertà ma adottando una prospettiva di analisi più ampia.
A partire dagli anni ’80 l’organizzazione Mondiale della Sanità propone un cambiamento di paradigma nelle politiche per la salute mondiali mettendo in discussione la centralità dell’approccio biomedico curativo alla salute, posto sulla visione meccanicistica di un corpo malato da curare. La carta di Ottawa (1986) rappresenta il caposaldo del nuovo paradigma della politiche per la salute, dichiarando che le principali condizioni e risorse per la salute sono pace, protezione, educazione, cibo, reddito, sistema ambientale stabile, risorse sostenibili, giustizia sociale ed equità. Specifica inoltre che le politiche di promozione della salute vanno oltre i sistemi di cura, ponendo in relazione la salute con le condizioni ambientali e sociali complessive.
Sulla base del contesto teorico accennato proviamo quindi a delineare due ulteriori ipotesi, una centrata sulle condizioni sociali e l’altra su quelle ambientali che caratterizzano l’Italia.
L’aumento della mortalità può essere dovuto al peggioramento delle condizioni sociali?
Le condizioni sociali della popolazione italiana sono complessivamente peggiorate negli ultimi anni. Tra il 2007 e il 2014 il numero di persone in povertà assoluta è cresciuto da 1,8 a 4,1milioni6, mentre il totale delle risorse destinate alle politiche di assistenza sociale è stato radicalmente ridotto. Nel 2012 era pari a 1/6 delle spese del 20107.
Inoltre, la salute di una popolazione non dipende dal suo livello di ricchezza complessivo, ma dalla sua distribuzione come ampiamente argomentato a partire dal 1996 dallo studioso inglese Robert Wilkinson8. Non sono quindi i paesi più ricchi che hanno maggiori aspettative di vita, ma sono quelli con minori disuguaglianze nella distribuzione delle ricchezze e maggiore coesione sociale. Su questo aspetto l’Italia presenta diverse criticità.
In prospettiva comparata rispetto ai vicini paesi europei e agli USA, l’Italia si caratterizza per disuguaglianze sempre più marcate nella distribuzione del reddito e territoriali tra le regioni particolarmente elevate. Le disuguaglianze si tramandano, inoltre, tra le generazioni definendo uno scenario caratterizzato da ridotta mobilità sociale in ascesa, come ben analizzato dagli economicisti, prof. Mario Pianta e prof. Maurizio Franzini nel loro libro Explaining inequality, appena pubblicato.
Le condizioni socio economico giocano un ruolo determinante nel definire le aspettative di vita secondo una logica di tipo cumulativo, come messo bene in evidenza dall’epidemiologia del corso di vita (Barker)9. Questo significa che, per esempio, le deprivazioni alimentari che hanno caratterizzato la madre durante la gravidanza tendono a modificare la struttura, il metabolismo e il funzionamento fisiologico del bambino in crescita. Questi elementi si ripercuotono quindi sulla salute dell’adulto e si cumulano con altri fattori come per esempio condizioni abitative non sane, una comunità con bassa coesione sociale, stili di vita scorretti acquisiti nel processo di socializzazione, precarietà lavorativa. Gli svantaggi dei primi anni di vita interagiscono e si aggiungono a quelli degli anni successivi. Le condizioni di salute della popolazione sono fortemente legate alla classe sociale di appartenenza secondo un gradiente sociale: qualsiasi classe sociale prendiamo in analisi la classe appena superiore avrà condizioni di salute migliore, mentre quella inferiore condizioni di salute peggiori.
Potremmo quindi essere arrivati a un momento in cui gli svantaggi cumulati negli anni in un contesto di aumento delle disuguaglianze sociali e di riduzione delle politiche di assistenza sociale stanno cominciando a mostrare i loro risultati?
L’aumento della mortalità può essere dovuto al peggioramento delle condizioni ambientali?
Se nel mondo antico è stata l’introduzione dei sistemi idraulici romani a garantire un netto miglioramento delle condizioni di salute della popolazione, oggi è alla qualità dell’aria che dobbiamo principalmente volgere la nostra attenzione nell’analisi delle condizioni ambientali. In particolare l’inquinamento dell’aria rappresenta il principale fattore di rischio ambientale per l’Europa. I sistemi di trasporto, le industrie, le centrali che producono energia, la gestione delle abitazioni e dei rifiuti contribuiscono all’inquinamento dell’aria in Europa. L’Italia presenta valori critici nei principali indicatori analizzati: la concentrazione di polveri sottili (PM10; Pm2,5), così come il tasso di monossido di azoto e del diossido di azoto (NO2) e di benzopirene. L’elevata concentrazione di queste sostanze nell’aria aumenta in maniera evidente la patologie respiratorie, cardiovascolari, oncologiche. L’Italia ha un triste primato nel numero di anni di vita perse attribuibili all’inquinamento da polveri sottili e monossido e biossido di azoto. Le morti premature attribuibili al PM2,5 e NO2 sono rispettivamente 59.500 e 21.600 nel 2012 e sono principalmente concentrate nelle zone maggiormente urbanizzate e industrializzate.
L’aumento della mortalità in Italia sembrerebbe, comunque, un dato annunciato dalle mutate condizioni socio economiche e ambientali.
Affiorano nei dati di oggi gli effetti di politiche portate avanti negli ultimi decenni, da un sistema politico sempre più defilato e sottomesso a un sistema oligarchico finanziario, in un contesto di crescente individualismo e indebolimento della coesione sociale.
Nel 2015, per la prima volta dopo un secolo, il saldo complessivo della popolazione italiana è negativo. Negativo perché anche gli uomini e donne immigrati in Italia stanno emigrando di nuovo, e per chi resta il tasso di fecondità si è ridotto di molto10. ‘Numeri di una decrescita poco felice’ commenta Roberta Carlini da pagina99.
L’aumento dell’11% nella mortalità nei primi 8 mesi del 2015 viene definito come ‘impressionante’ da Gian Carlo Blangiardo, prof. di scienze e statistiche all’Università di Milano Bicocca sulle pagine …. perché non attribuibile ai soli cambiamenti della struttura demografica del nostro paese, con l’aumento quindi dei ‘grandi anziani’. Un dato paragonabile solo a quello delle grandi guerre: fuori luogo, quindi, in un fase storica di pace e di benessere generalizzato11.
Si potrebbe trattare di un eventuale rimbalzo rispetto agli anni precedenti come anticipato dall’Istat, ma ci sono poche attenuanti per uno scenario inevitabilmente caratterizzato da un peggioramento nelle condizioni di salute della popolazione italiana. La storia ci ha insegnato che a politiche neoliberaliste corrisponde un aumento delle disuguaglianze sociali di cui l’aumento della mortalità non è che uno delle manifestazioni di un peggioramento delle condizioni di salute della popolazione. Un dato che comunque sembra raccontare di una società dominata da disuguaglianze nefaste.
Ci rimane quindi da attendere i dettagli sui dati Istat per meglio comprendere quali donne, quali uomini, quali bambine e quali bambini, quali anziani, in quali città, in quali regioni sono risultati più vulnerabili, le prime vittime di una società sempre più disuguale in cui politiche populiste hanno da anni lasciato il passo al trionfo degli interessi finanziari della casta dei privilegiati oligarchi.
1 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/26/italia-perche-nel-nostro-paese-si-muore-di-piu/2332068/
3 https://www.icsi.org/_asset/hkt4a4/Accountable-Health-Communities-White-Paper.pdf
4 http://www.healthpowerhouse.com/files/EHCI_2014/EHCI_2014_report.pdf
5 http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=23729
http://www.bloomberg.com/visual-data/best-and-worst/most-efficient-health-care-2014-countries
6 Istat (2015), La povertà in Italia, 2015, www.istat.it
7 Caselli, D.(2015), Comunità, impresa, responsabilità. Forme di neoliberalizzazione del welfare italiano, in Moini, G.,Neoliberismi e azione pubblica. Il caso italiano, Roma, Ediesse.
8 WILKINSON R. (1996), Unhealthy Societies. The Affliction of Inequality, Routledge, London
9 BARKER D. J. P. et al. (1990), Fetal and Placental Size and Risk of Hypertension in Adult Life, in “British Medical Journal”, vol. 301, pp. 259-62.
11 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/26/italia-perche-nel-nostro-paese-si-muore-di-piu/2332068/
Angela Genova
31/1/2016 www.sbilanciamoci.info
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