Più morti sul lavoro, si prepara lo sconto-Confindustria
C’è un parallelismo quasi perfetto tra i numeri sui contagi e quello sugli infortuni sul lavoro da Covid-19. L’ultimo report dell’Inail reso noto ieri e riferito agli ultimi 11 giorni vede un rallentamento delle denunce di infortuni ma un aumento dei morti. Se nelle due settimane che sono andate dal 21 aprile al 4 maggio erano stati denunciati 9 mila infortuni e 31 morti, dal 5 maggio al 15 maggio si passa a 6.047 infortuni – la media giornaliera scende da 642 a 550 – ma i morti salgono a 42: passando da 2,21 al giorno a ben 3,82 al giorno con un aumento del 42 per cento. Un dato molto probabilmente influenzato dalle riaperture decise non sempre in sicurezza proprio dopo il 4 maggio.
Dall’inizio della pandemia – considerato fine febbraio – i numeri sono impietosi: 43.399 lavoratori infettati di cui 171 «con esito mortale».
Come per i contagi generali, anche quelli sul lavoro sono concentrati in gran parte in Lombardia: più di un’infezione di origine professionale su tre (34,9%) e il 43,9% dei decessi sono avvenuti nella regione più colpita dal Covid-19. L’analisi territoriale conferma il primato negativo del Nord-Ovest con oltre la metà delle denunce complessive (55,2%) e il 57,9% dei morti.
Si conferma la sanità il settore più a rischio: circa la metà delle denunce di infortunio riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale, con i tecnici della salute e i medici al primo posto tra le categorie più colpite, ricordando che i medici di base sono esclusi perché hanno un’assicurazione extra Inail.
L’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni per i casi mortali. Ben 9 decessi su 10 sono concentrati nelle fasce di età 50-64 anni (70,8%) e over 64 anni (19,3%), un’età in cui in moltissimi paesi si sarebbe già in pensione.
Il 71,7% dei lavoratori contagiati sono donne e il 28,3% uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte nei casi mortali. I decessi degli uomini, infatti, sono pari all’82,5% del totale.
Il 72,8% delle denunce sono nel settore della sanità e assistenza sociale che comprende ospedali, case di cura e case di cura, seguito con il 9,2% dall’amministrazione pubblica, con le attività degli organi legislativi ed esecutivi centrali e locali. Commercio al 12,9%, trasporto e magazzinaggio al 9,7%.
I dati di ieri si inseriscono nell’ormai lungo scontro sulla richiesta di Confindustria, organizzazioni datoriali e Consulenti del lavoro dell’incostituzionale «scudo penale» sulle responsabilità degli infortuni. Nonostante le spiegazioni della stessa Inail – «il riconoscimento dell’infortunio è completamente slegato dalle responsabilità civili e penali dell’imprenditore che devono essere dimostrate solo in caso di dolo e colpa grave per il mancato rispetto delle normative sulla salute e sicurezza sul lavoro» – le pressioni vanno avanti.
L’ultima circolare dell’Inail – la numero 22 del 20 maggio – da questo punto di vista sembra essere stata condizionata dalla stessa Confindustria. Se fino ad ora «l’iter di riconoscimento» del contagio-infortunio da Covid-19 era quasi automatico con la denuncia, ora Inail precisa che servono «prove e indizi ben circostanziati» con un forte irrigidimento e richiesta di documentazione sanitaria.
La novità potrebbe essere legata alla volontà di accontentare il neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi su un altro piano: non potendo garantire lo «scudo penale», il ragionamento politico si sposterebbe sui costi. Salvaguardando il tesoretto da 31 miliardi – in aumento costante negli ultimi anni – del bilancio Inail che va a garanzia del debito pubblico perché conteggiato nel bilancio dello stato, il messaggio è quello di rassicurare Confindustria promettendo un’ulteriore riduzione dei premi – già bloccati in caso di Covid-19 nel decreto CuraItalia e lautamente ridotti dalla legge di bilancio del 2018 dall’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio.
In realtà invece ad essere a rischio e senza copertura assicurativa ai sensi del nuovo decreto Rilancio sono i cosiddetti «lavoratori fragili», persone con patologie cardiache, allergie e diabete che possono essere considerati inabili al lavoro per il rischio di contrarre il Covid e che – a differenza del decreto CuraItalia – ora non godrebbero ora di alcuna copertura assicurativa Inail.
Massimo Franchi
23/5/2020 https://ilmanifesto.it
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