Più potere e meno responsabilità, in nome del padre. Una controriforma in piena regola
Il Ddl Pillon dietro il bell’aspetto della bigenitorialità nasconde un’anima vendicativa contro diritti di donne e bambini. Averlo messo in primo piano, insieme all’affido condiviso, la «garanzia di bi genitorialità» è stato sicuramente una scelta da non sottovalutare, per il suo duplice e ambiguo significato.
Prevede il mantenimento diretto dei figli, cancella l’automatismo dell’assegno di mantenimento al coniuge, prevede che il coniuge che abbia l’assegnazione della casa coniugale corrisponda un canone d’affitto all’altro coniuge.
Impone obbligatoriamente la mediazione familiare (vietata dalla Convenzione di Istanbul nei casi di violenza) e tempi paritetici di frequentazione dei figli (minimo 12 giorni di pernottamento). Senza alcuna distinzione di età o condizioni di vita: bambini, adolescenti o neonati allattati ancora dalla madre diventerebbero pacchi postali, spostati dalla casa di un genitore a quella dell’altro.
Lede i diritti delle donne e dei minori. Non tiene in alcuna considerazione le disparità economiche e occupazionali tra uomini e donne che caratterizzano ancora la società italiana. Il precariato ha penalizzato le madri lavoratrici col rischio di perdere il lavoro, i tagli al welfare hanno reso inconciliabile lavoro e maternità.
Le politiche dei governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni hanno ostacolato l’evoluzione di ruoli e pari condizioni economiche di uomini e donne all’interno della famiglia. Si affievolisce la tutela per le donne e i minori vittime di violenza e maltrattamento. La violenza esclude l’affidamento dei figli (e anche la povertà equiparata alla violenza).
Non facciamoci ingannare perché l’affidamento ha solo una valenza giuridica e ben altra cosa è la frequentazione, che il Ddl cerca di garantire. Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva deve favorire e garantire “in ogni modo” la frequentazione dei figli minori salvo che ciò non sia stato espressamente vietato dal giudice “con provvedimento motivato” quindi non basterà nemmeno la sentenza passata in giudicato per violenze che già comporterebbe anni di attesa in balìa di violenze senza tutele.
La tutela dei minori deve prevenire violenze e quanto tempo e come bambini dovrebbero attendere per “un provvedimento motivato” che li salvi da padri (o madri) inetti? Non solo “il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse”. Salvo espressa condanna dell’uomo, le donne saranno inevitabilmente portate a mantenere rapporti con uomini violenti persino con l’affidamento esclusivo in caso di violenze ed esposte a controlli e vessazioni o rivalse. Starebbe infatti al giudice il compito di recuperare la “capacità genitoriale dei figli” rimuovendo le cause che hanno portato all’esclusione dell’affidamento. Introduce anche “la sindrome di alienazione parentale”: se un bambino dovesse rifiutare un genitore o un altro parente, sarà preso e rinchiuso in casa famiglia senza che si accenni a verifiche sui motivi del rifiuto e l’altro genitore perderebbe l’affidamento.
E’ un invito al silenzio per bambini e soprattutto genitori che vogliono tutelare i figli da partner violenti. Le grandi conquiste del femminismo degli anni settanta, la legge sulla violenza sessuale, le unioni civili, il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e della omogenitorialità, nel Ddl Pillon diventano una controriforma in piena regola. E’ un testo ostile alle donne e ai bambini che ha l’obiettivo di riportare il diritto di famiglia indietro di 50 anni: più potere e meno responsabilità, in nome del padre.
Marilena Pallareti
Docente. Collaboratrice di Lavoro e Salute
Pubblicato sull’ultimo numero del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
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